Smart working: gestirlo al meglio per cambiare il Paese

Continua, come ogni mercoledì, il ciclo di approfondimenti e interviste della rubrica “Educazione Digitale” del Blog delle Stelle. Questa settimana proponiamo l’intervento di Chiara Appendino, Sindaca della città metropolitana di Torino.


Parliamo di smart working. E vi chiedo sin da ora di perdonarmi se questo testo sarà un po’ più lungo del solito ma si tratta di un tema che richiede la dovuta attenzione.

Lo smart working è uno di quei grandi cambiamenti del nostro tempo che, se governato, può portare notevoli benefici alla società, all’economia e all’ambiente.

Durante il lockdown ha fatto molto parlare di sé questa modalità di lavoro apparentemente innovativa. Dico apparentemente perché in realtà innovativa non è. Da anni si parla della trasformazione delle prestazioni di lavoro, che in molti casi sono ben lontane dal classico recarsi in ufficio, timbrare il cartellino a una certa ora, pausa pranzo, timbrare nuovamente, ritornare a casa.

Trasformazioni che sono più o meno felici, ma su questo torno più avanti.

• Smart working: cos’è

Dunque, chiariamo subito un punto molto semplice, ovvero, i termini del dibattito. Smart working (o lavoro Agile) ha un significato piuttosto preciso. Senza stare a citare l’ordinamento italiano, quando parliamo di smart working parliamo di accordo tra le parti, di strutture idonee e di infrastrutture informatiche, di piena digitalizzazione di processi e documenti. Solo per fare degli esempi.

Non mi dilungo su questo ma possiamo già intuire che quanto successo durante il lockdown, quando le persone si sono trovate da un giorno all’altro a dover lavorare da casa, nella stragrande maggioranza dei casi non era smart working. Per dirla con Giorgio Taverniti, uno che internet lo conosce molto bene, era “lavoro durante una pandemia”. Senza girarci troppo intorno.

Anche perché, quando si parla di smart working, non ci si riferisce solo al lavoratore o solo al datore di lavoro, ma a tutti noi. Stare fisicamente distanti dal posto di lavoro (non necessariamente a casa) è solo l’ultimo passaggio di un ecosistema molto più complesso che coinvolge, innanzitutto, i processi.

La gestione digitale di un processo è un vantaggio per ogni singolo cittadino (su questo tornerò anche dopo). Vuol dire, ad esempio, la possibilità di utilizzare – e riconoscere come avente valore legale – la firma digitale per certificare un documento, senza doversi recare fisicamente in un posto, fa risparmiare a tutti tempo e risorse. Vuol dire avere una burocrazia più snella. Vuol dire accelerare verso la dematerializzazione.

E voi avete idea di quanti documenti siano stipati in archivi della Città la cui ricerca richiede, tutt’oggi, a volte ore e ore di impegno? Tutto questo, piano piano, può andare a scomparire. Con evidenti benefici collettivi, risparmio di tempo e costi.

Altra premessa. Fondamentale. Lo smart working è lavoro a tutti gli effetti. Punto. E come tale va considerato.

• Perché stabilizzare lo smart working può portare benefici a tutta la collettività

Veniamo ora, però, al tema vero e proprio. Quanto, se e come percorrere la strada dello smart working come modalità di lavoro stabile da qui in futuro. Prevedendo un’alternanza tra smart working e lavoro in ufficio.

Personalmente vorrei affrancarmi tanto da chi osanna lo smart working come il Santo Graal del lavoratore (e del datore di lavoro) quanto da chi chiede a gran voce che tutto torni come prima. Che poi la domanda legittima in questo caso sarebbe “prima quando?” dal momento che la trasformazione del lavoro è in atto da almeno 15 anni.

Come sempre, ci sono aspetti positivi e altri negativi, di cui bisogna essere ben consapevoli.

Anche qui, non sto a dilungarmi più di tanto, ma voglio fare degli esempi molto semplici per l’una e per l’altra parte.

• Smart working: pro e contro

La possibilità di non recarsi necessariamente in ufficio permette di risparmiare tempo. Permette di gestire i propri spazi come meglio si crede. Permette di organizzarsi meglio la giornata. Riduce l’inquinamento e, in alcuni casi, i costi per il lavoratore. Permette di evitare concentrazioni di persone, tutte nello stesso posto, dando nuovo slancio a quelli che vengono considerati quartieri “dormitorio”. A Torino, ad esempio, come ben descritto in questo articolo, si è visto come è cambiata la geografia dei consumi tra centro e periferia.

Tuttavia non mancano le ombre, che dovranno essere necessariamente gestite.

Molti lavoratori rischiano di annullare il confine tra vita privata e lavoro, dedicando a quest’ultimo più tempo del dovuto. Spazi non idonei possono essere una grande fonte di stress. Abbiamo visto tutti videochiamate dove a un certo punto compariva il pargolo di turno che giustamente, vedendo la mamma o il papà a casa, reclamava attenzioni. In tutto ciò, il rischio più grande è che ad essere intaccate siano le relazioni.

Possono poi esserci limiti tecnici, ad esempio per ciò che riguarda la connessione dati. Un conto è reggere una chiamata, un altro è dover inviare file pesanti (e qui torna l’annoso problema del digital divide).

C’è il rischio di isolamento e di difficoltà nello scambio di informazioni. Che io sappia ancora non è stata inventata una comunicazione più efficace, immediata e naturale di una chiacchierata a quattr’occhi, magari durante la pausa caffè.

Segue poi – non per importanza – il tema dei costi. Stando a casa possono aumentare i costi, ad esempio per il riscaldamento, per la corrente elettrica e per la connessione.

Dal punto di vista più strettamente “sociale”, è chiaro che se i negozi nei pressi delle abitazioni possono beneficiarne, a farne le spese saranno gli esercizi il cui modello sta in piedi anche grazie ai lavoratori nei luoghi classici di lavoro.

Anche se, va detto, relativamente all’ultimo periodo, hanno contribuito, purtroppo, cassa integrazione e in generale un minor numero di lavoratori attivi.

Insomma, come ben sapete il tema è complesso.

• Smart working: cosa fare?

Sarò diretta. Sin dal primo giorno della nostra Amministrazione abbiamo detto che siamo di fronte a un’epoca di inevitabili cambiamenti. Sta a noi scegliere se governarli o se subirli. Noi abbiamo scelto la prima strada, anche con decisioni che ritengo coraggiose.

Ora, la diffusione dello smart working è esattamente uno di questi cambiamenti. Cambiano le modalità di lavoro, come cambiano le modalità di spostarsi, di comprare, di interagire, e così via.

Il nostro compito è massimizzare i benefici e limitare al minimo gli effetti collaterali.

Questi ultimi sono stati rilevanti nelle scorse settimane poiché l’emergenza covid ha imposto uno shock ad un processo che invece dovrebbe essere graduale. Graduale… ma non troppo.

A questo punto – mi perdonerete la formula abusata – trasformiamo questo shock in un’opportunità.

Acceleriamo sulla diffusione di un’infrastruttura informatica.

Aiutiamo le aziende ad essere più resilienti e ad adattarsi ai nuovi modelli.

Creiamo dei modelli – tanto nel pubblico quanto nel privato – che tengano in considerazione come lo smart working incida più o meno direttamente sui costi a carico dei lavoratori.

Portiamo avanti un’idea di Città che annulli finalmente la distinzione tra centro e periferia, permettendo a ogni cittadino di trovare i servizi sotto casa senza essere obbligato a spostamenti superflui; andando sempre più verso la città policentrica.

Spingiamo sulla digitalizzazione del Paese, così che magari gran parte di quei servizi possano essere usufruiti direttamente sullo smartphone o sul PC e le operazioni possano concludersi in una manciata di secondi.

Però, attenzione: che il tempo risparmiato non sia una scusa per vincolare ad altro lavoro, ma possa essere tempo dedicato a se stessi e alla propria famiglia.

• “Bene Sindaca, ma voi cosa state facendo?”

La Città di Torino da anni sta portando avanti modelli di telelavoro e lavoro Agile. Già prima del covid avevamo 669 postazioni in smart working e 59 in telelavoro. Questo ci ha consentito di rispondere in modo estremamente veloce alle esigenze del lockdown riducendo al minimo il disagio nei servizi.

Ma i vantaggi si vedevano già prima. Fatto salvo un cambiamento culturale in tal senso che è in divenire, tutti i dipendenti coinvolti (dunque ben più delle postazioni di cui sopra), da anni hanno iniziato ad acquisire competenze sui nuovi processi che si traducono da un lato in una maggiore efficienza dell’Amministrazione, dall’altro in una migliore qualità della vita dei lavoratori.

Tutto perfetto? Ovviamente no, c’è ancora molto da fare e da migliorare ma siamo convinti che la direzione intrapresa sia quella corretta.

Ora, in questa emergenza, vogliamo essere da esempio. Nei prossimi mesi, in modo graduale, prevediamo di completare quelle esistenti arrivando a un totale di 1600 postazioni di lavoro dell’Ente trasferite stabilmente in smart working. Raggiungendo così l’obiettivo che ci eravamo dati a inizio mandato.

Parliamo, naturalmente, di tutte le mansioni che non prevedano un lavoro di ufficio e che non siano operativi con il pubblico, nella sicurezza, e così via.

Attenzione, non lavoratori, ma postazioni. In vista di questo miglioramento il Comune darà la massima disponibilità e collaborazione, facendo in modo di fornire tutti gli strumenti necessari al fine di migliorare concretamente la qualità della vita dei dipendenti.

Si procederà spediti con le procedure di formazione, informatizzazione e digitalizzazione, a partire dai già citati processi.

• Quali saranno le novità concrete?

Ad esempio lo sportello virtuale. Oltre alla mail e ai canali digitali già esistenti, sarà possibile entrare avviare una videochiamata direttamente con l’operatore della Città, senza doversi spostare o trovarsi entrambi nello stesso luogo.

O, ancora, andiamo verso la dematerializzazione anche del cambio di residenza, eliminando la necessità di spostarsi fisicamente.

Sono solo alcune delle novità che vedremo in un prossimo futuro e su cui tornerò ad aggiornarvi.

• Smart working: una sfida collettiva

L’obiettivo sarà quello di garantire la massima efficienza ai cittadini, migliorare la qualità della vita dei dipendenti, accelerare sul processo di ammodernamento della Pubblica Amministrazione torinese, rendere più semplice e veloce la vita di tutte e tutti per impiegare più tempo nelle cose che ci piacciono e con le persone che amiamo.

In conclusione. Anche nel caso dello smart working, governiamo il cambiamento al meglio per portare benefici a tutta la collettività.

Come sempre, sta a noi – Politica in primis e tutti gli altri a seguire – fare in modo che ciò si realizzi.


Leggi i precedenti articoli della rubrica “Educazione Digitale”

• L’EDUCAZIONE DIGITALE E IL MONDO DELLA SCUOLA • 

• EDUCAZIONE DIGITALE: PARTE LA RUBRICA PER NAVIGARE SUL WEB IN MODO SICURO E CONSAPEVOLE – di Barbara Floridia
• NELLE SCUOLE DEL 2020 NON SI IGNORI L’ALFABETO DIGITALE – Intervista al Ministro Lucia Azzolina
• LA ROBOTICA EDUCATIVA E LE NUOVE FRONTIERE DELL’ISTRUZIONE – Intervista a Francesco Paolicelli
• SCUOLA 4.0: INTERNET RISORSA O PERICOLO PER I NOSTRI RAGAZZI? – Intervista a Daniele Grassucci di Skuola.net
• SCRIVIAMO INSIEME IL PIANO DIGITALE EUROPEO PER LA SCUOLA DEL FUTURO – l’intervento di Isabella Adinolfi

 

• SICUREZZA SUL WEB •

• I QUARTIERI BUI DEL WEB: QUALI RISCHI PER I MINORI? – Intervista al Prof. Uberto Zuccardi Merli
• COME IMPOSTARE UN COMPUTER PER NAVIGARE IN SICUREZZA – Intervista a Riccardo Meggiato

 

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• COME REALIZZARE UN CONSIGLIO COMUNALE ONLINE – di Ignazio Corrao
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• DALL’EMERGENZA ALL’ECCELLENZA: LA NUOVA SFIDA PER I COMUNI – di Domenico Surdi

 

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• GOOGLE, INFORMAZIONI E STRUMENTI UTILI PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS 
• MICROSOFT, INFORMAZIONI E STRUMENTI UTILI PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS
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• I SOCIAL AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – Intervista all’esperto di Facebook Italia

 

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• IL PAESE DIGITALE – Intervista all’ambasciatrice dell’Estonia
• SCONTRO TRUMP – TWITTER: IN GIOCO C’È IL FUTURO DEL WEB – L’intervento di Guido Scorza
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• APPROFONDIMENTI •

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FIGLI DEL LIBRO NELL’EPOCA DEI NATIVI DIGITALI: EDUCAZIONE DIGITALE DEGLI ADULTIIntervista a Paolo Ferri
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