Se la politica usa internet contro la democrazia

Continua, come ogni mercoledì, il ciclo di approfondimenti e interviste della rubrica “Educazione Digitale” del Blog delle Stelle. Nelle scorse settimane avevamo pubblicato i punti di vista di due esperti, Guido Scorza e Innocenzo Genna, sullo scontro Trump-Twitter dopo che il famoso social network aveva bollato come “fake news” alcuni tweet del candidato alla presidenza. Un intervento sicuramente con un impatto senza precedenti da parte di un social network nell’ambito politico. Ma cosa accade nel mondo quando è invece la politica a censurare internet o i social network? Questa settimana abbiamo analizzato la situazione mondiale sotto questo punto di vista.


Un miliardo di persone nel mondo vivono in Paesi nei quali Internet può essere considerato solo parzialmente libero in ragione di come i Governi ne limitano l’uso da parte dei cittadini o di come utilizzano i servizi online per condizionarne la dieta mediatica.

Duecento milioni di persone, invece, vivono in Paesi nei quali, per le stesse ragioni, il web deve considerarsi niente affatto libero.

I numeri sono quelli del rapporto Freedom of the net 2019 di Freedom house che ha lavorato su un campione pari all’87% della popolazione globale attiva su Internet che vive in 65 Paesi diversi.

E la fotografia scattata dall’organizzazione non governativa racconta che sfortunatamente la parte del mondo nella quale Internet è solo parzialmente o niente affatto libera continua a espandersi.

Oggi si tratta del 76% del mondo [ndr sull’87% del mondo monitorato da Freedom of the net].

Internet, la protagonista di una delle svolte libertarie, sulla carta, più significative della storia dell’umanità non è, nella maggior parte del mondo, libera o non lo è abbastanza.

E come se non bastasse lo è sempre di meno.

Ce lo ha, d’altra parte, raccontato di recente la notizia rimbalzata dalla Russia dove il Governo, dopo aver bloccato per oltre due anni l’accesso a Telegram perché la società che lo gestisce si era rifiutata di garantirgli l’accesso alle chiavi crittografiche necessarie a accedere ai contenuti pubblicati dagli utenti, ha riaperto il servizio sulla base di non meglio precisati impegni assunti dalla stessa Telegram con specifico riferimento alla collaborazione nella lotta al terrorismo.

Sono dozzine le strategie e le tecniche attraverso le quali i Governi di oltre la metà del mondo limitano la libertà online.

Accanto alle censure palesi rispetto all’uso di taluni servizi come, appunto, accaduto in Russia, ci sono Governi che, in alcuni momenti di particolare tensione socio-politica spengono, letteralmente, Internet, impedendo ai cittadini di accedervi.

E ci sono Governi che usano la pervasività dei social network e la loro persuasività come strumenti di condizionamento di massa della popolazione – propria e altrui – per orientarne il pensiero politico, la cultura o la religione attraverso la diffusione di autentiche campagne di disinformazione.

La Cina, secondo Freedom House, resta il campione indiscusso della compressione delle libertà online.

Ma l’elenco degli Stati che seguono le sue orme conta decine di bandiere diverse.

Abbiamo già parlato di come la democrazia, nella sua dimensione digitale, sia messa a dura prova degli interventi, non infrequenti – ed anzi sempre più frequenti – dei giganti del web nelle cose della politica ma l’intervento dei governi nelle cose del web non è fenomeno meno preoccupante.

E, quando ciò accade, la Rete, da un certo punto di vista in maniera paradossale, si trasforma da strumento di libertà o, almeno, con ambizioni libertarie e democratiche, in strumento di condizionamento e coercizione di massa, in riserva di caccia dei Governi che la usano per garantirsi un controllo anti-democratico della popolazione.

Ma non si deve necessariamente pensare a una battaglia tra Governi e Internet company perché, al contrario, spesso si tratta di alleanze, compromessi, concessioni: i primi chiedono aiuto alle seconde brandendo da una parte la minaccia della censura e promettendo dall’altra l’accesso a un mercato redditizio in cambio di una mano nell’attuazione dei propri propositi anti-democratici.

E se si rappresenta, come nel caso della Cina con il suo miliardo e quattrocento milioni di cittadini o la Russia con i suoi 150 milioni di cittadini, un mercato così ghiotto per chi vive trasformando i dati degli utenti in denaro, la tentazione di quello che i giuristi chiamano – con espressione latina che, tuttavia, non ha bisogno di traduzione pactum sceleris – è difficilmente resistibile anche per i giganti del web.

A quel punto il web diventa una specie di riserva di caccia nella quale le persone giocano il ruolo delle prede, sono attirate a entrarci con il miraggio di infiniti vantaggi e, una volta entrati, restano esposti alla mercé quando dei Governi e quando dei gestori degli enormi giardini privati che, sfortunatamente, coprono ogni giorno una “superficie” più vasta di quello che era nato – e che dobbiamo continuare a pensare possa essere – come uno spazio di libertà.

Certo non è, per fortuna, una condizione universale.

Ci sono, secondo lo stesso rapporto di Freedom House, 394 milioni di persone che vivono in Paesi nei quali il web può considerarsi libero.

Il problema è che questa fetta della torta, nei grafici che rappresentano la situazione globale della libertà del web, diventa ogni anno più sottile.

Stiamo andando nella direzione opposta rispetto a quanto sarebbe auspicabile accadesse. Bisogna invertire la tendenza.

In caso contrario, senza troppi giri di parole, il web è destinato a trasformarsi in una grande TV attraverso la quale, ora pochi soggetti privati  e ora soggetti pubblici, decidono la dieta mediatica di miliardi di persone proprio come accaduto negli ultimi decenni con il sistema mediatico tradizionale.


Leggi i precedenti articoli della rubrica “Educazione Digitale”

• L’EDUCAZIONE DIGITALE E IL MONDO DELLA SCUOLA • 

• EDUCAZIONE DIGITALE: PARTE LA RUBRICA PER NAVIGARE SUL WEB IN MODO SICURO E CONSAPEVOLE – di Barbara Floridia
• NELLE SCUOLE DEL 2020 NON SI IGNORI L’ALFABETO DIGITALE – Intervista al Ministro Lucia Azzolina
• LA ROBOTICA EDUCATIVA E LE NUOVE FRONTIERE DELL’ISTRUZIONE – Intervista a Francesco Paolicelli
• SCUOLA 4.0: INTERNET RISORSA O PERICOLO PER I NOSTRI RAGAZZI? – Intervista a Daniele Grassucci di Skuola.net

 

• SICUREZZA SUL WEB •

• I QUARTIERI BUI DEL WEB: QUALI RISCHI PER I MINORI? – Intervista al Prof. Uberto Zuccardi Merli
• COME IMPOSTARE UN COMPUTER PER NAVIGARE IN SICUREZZA – Intervista a Riccardo Meggiato

 

• IL CORONAVIRUS E LA DEMOCRAZIA 2.0 • 

• PERCHÈ IL CORONAVIRUS CAMBIERÀ PER SEMPRE LA SCUOLA CHE CONOSCIAMO – di Enrica Sabatini
• COME REALIZZARE UN CONSIGLIO COMUNALE ONLINE – di Ignazio Corrao
• UN’EMERGENZA ANCHE PSICOLOGICA. L’INIZIATIVA DI #PSICOLOGIONLINE – Intervista a David Lazzari
• DALL’EMERGENZA ALL’ECCELLENZA: LA NUOVA SFIDA PER I COMUNI – di Domenico Surdi

 

• EDUCAZIONE DIGITALE: LE INIZIATIVE DEI PRINCIPALI PLAYER DEL WEB •

• GOOGLE, INFORMAZIONI E STRUMENTI UTILI PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS 
• MICROSOFT, INFORMAZIONI E STRUMENTI UTILI PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS
• L’OPEN SOURCE AL SERVIZIO DELL’EMERGENZA – Intervista agli ideatori di iorestoacasa.work  
• I SOCIAL AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – Intervista all’esperto di Facebook Italia

• LA LIBERTÀ NELLA RETE, LA LIBERTÀ DELLA RETE •

• IL PAESE DIGITALE – Intervista all’ambasciatrice dell’Estonia
• SCONTRO TRUMP – TWITTER: IN GIOCO C’È IL FUTURO DEL WEB – L’intervento di Guido Scorza
• TRUMP, TWITTER E I SOCIAL: PERCHÉ BISOGNA MODERNIZZARE LE REGOLE DELL’INTERNET – L’intervento di Innocenzo Genna


• APPROFONDIMENTI •

• L’EDUCAZIONE DIGITALE FA RIMA CON EDUCAZIONE AMBIENTALE – Intervista a Massimo Di Felice
FIGLI DEL LIBRO NELL’EPOCA DEI NATIVI DIGITALI: EDUCAZIONE DIGITALE DEGLI ADULTIIntervista a Paolo Ferri
• É POSSIBILE GARANTIRE IL PLURALISMO DELL’INFORMAZIONE SU INTERNET? – Intervista ad Antonio Vecce