Lo scenario libico: il ruolo dell’Italia e le prospettive di una pace condivisa

Si sente molto parlare della crisi libica e del ruolo dell’Italia e dell’Europa in questo scenario. Ma cosa sta accadendo in Libia e quale ruolo sta giocando il nostro Paese? Proviamo, con questo post, a fare un po’ di chiarezza.

Cosa succede in Libia?

Dopo il 2011, con la morte di Gheddafi, il Paese ha vissuto una violenta fase di conflitto, ancora in corso, per la successione al defunto presidente. La Libia, come la maggior parte dei Paesi arabi, presenta infatti un contesto politico e culturale molto complicato, in cui varie fazioni si contendono il potere con la lotta armata. Per decenni la presenza di un uomo forte come Gheddafi aveva garantito la stabilità nelle varie regioni del Paese. Mancando l’accordo su un successore si è scatenata una guerra civile che ancora oggi non trova soluzione.

Lo scenario attuale vede contrapposte due fazioni: da un lato, il Governo di Unità Nazionale, unico riconosciuto dalla maggior parte dei Paesi Europei (inclusa l’Italia) e dalle Nazioni Unite, con a capo Fayez Al-Sarraj, che mantiene il controllo su alcune zone della Tripolitania (la regione di Tripoli) con il sostegno militare della Turchia. Dall’altro lato, troviamo il generale Khalifa Haftar, capo del cosiddetto Esercito Nazionale Libico, che controlla la Cirenaica, la regione di Tobruk e buona parte del Fezzan, estesa regione desertica ricca di risorse naturali, e, sostenuto da Egitto ed Emirati Arabi Uniti, dall’aprile 2019 ha avviato un attacco contro la capitale Tripoli, ora quasi assediata dalle sue forze. 

Cosa sta facendo l’Italia?

Il Ministro Luigi Di Maio si è personalmente impegnato nell’ultimo mese in un’incessante azione diplomatica a tutto campo che lo ha portato ad avere incontri bilaterali con tutti i principali attori della crisi. L’azione è culminata da ultimo con la partecipazione domenica 19 gennaio alla Conferenza di Berlino per stabilire una tregua nel contesto della crisi libica. Sotto l’egida dell’ONU, i Paesi partecipanti, inclusi Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Russia, Turchia ed Egitto hanno firmato un documento finale contenente 55 punti iniziali da osservare per stabilire una tregua rispetto agli scontri armati in corso.

Rappresentata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro degli Esteri Luigi di Maio, l’Italia ha autorevolmente avanzato diverse proposte da inserire nel documento. Nonostante il cessate-il-fuoco sia oggettivamente per ora lontano (il presidente libico Al-Sarraj e il generale Haftar attualmente non si parlano), la stesura di questo documento è un importante passo in avanti verso la de-escalation del conflitto.

Fermare la guerra significa arginare il numero di sfollati che si avventura per mare e si getta nelle mani di spietati scafisti; significa evitare che il Paese, con il progressivo blocco delle forniture energetiche, arrivi ad una drammatica chiusura delle entrate nelle casse dello Stato, che avrebbe conseguenze catastrofiche sulla tenuta della stabilità sociale, oltre a minare concretamente gli interessi dell’ENI e quindi dell’Italia; significa infine prevenire l’attrazione o la formazione di cellule terroristiche a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste. 

Berlino ha sancito il ritorno dell’Italia, dopo mesi di assenza, al principale tavolo negoziale internazionale sulla Libia. La presenza del nostro Paese è diventata imprescindibile, non già in virtù della storia del recente passato, che ci ha visto sempre il punto di riferimento principale per il regime libico, ma perché siamo riusciti a rientrare, a giusto titolo, tra i protagonisti principali di questo teatro di crisi internazionale con una diplomazia attentamente calibrata tra Palazzo Chigi e Farnesina, ripristinando il nostro ruolo, nonché un avamposto europeo nella crisi migratoria che affligge il continente.

Il Ministro degli Esteri Luigi di Maio ha espresso la sua soddisfazione per l’accettazione nel memorandum della conferenza di tutti i punti proposti dall’Italia, primo tra tutti il blocco della vendita di armi e l’approvazione di sanzioni in capo a chi viola l’embargo, così come ha confermato il pieno appoggio all’eventuale decisione da parte delle Nazioni Unite di inviare dei contingenti di pace internazionali che possano prontamente garantire la cessazione degli scontri armati.

È importante, per la Libia, che la soluzione della crisi passi attraverso il cessate-il-fuoco, l’embargo delle armi, la riforma del comparto della sicurezza libico mediante la costituzione di forze armate professionali e sostegno alle necessarie riforme nel settore bancario, economico ed energetico. È necessario continuare a compiere sforzi diplomatici per riportare gradualmente il Paese ad una condizione di tregua e di normalità. 


Leggi anche: