Bomba o non bomba, arriveremo a Teheran

Bomba o non bomba, arriveremo a Teheran. Lo scienziato nucleare iraniano Mostafa Ahamadi-Roshan è stato ucciso con un ordigno collegato alla sua auto. Non è il primo. La caccia agli scienziati nucleari iraniani è aperta sin dal 2007, quando furono colpiti altri due scienziati, il primo morì e il secondo rimase gravemente ferito. Chi sarà stato? Un mullah o i servizi occidentali? O forse si bombardano da soli? Il silenzio dell’Occidente è più che imbarazzante, è una manifestazione di colpevolezza.
I venti di guerra che arrivano dal Golfo Persico sono sempre più forti. E’ in atto lo strangolamento economico dell’Iran attraverso l’embargo. Gli Stati Uniti hanno introdotto sanzioni per le istituzioni finanziarie che commercializzano petrolio iraniano. Una misura che dovrebbe ridurre di 250.000 barili al giorno l’export, in particolare di nazioni dell’Est asiatico. In gennaio a Bruxelles si approverà l’embargo da parte della UE con il taglio delle importazioni di mezzo milione di barili al giorno. Da febbraio l’Iran non potrà più esportare circa 750.000 barili di greggio. Rimangono gli altri. La Turchia che importa da Teheran il 51% del suo fabbisogno e all’embargo non ci pensa proprio e la Cina, la prima importatrice con il 22% del petrolio iraniano, pari a 540.000 barili al giorno.
La Cina può tranquillamente assorbire la quota invenduta e legare a filo doppio il suo sviluppo economico ai destini dell’Iran. Tutto fa pensare che lo farà. In quel caso l’embargo si rivelerà una pistola scarica. Si dovrà impedire il transito delle petroliere cinesi nel golfo di Hormuz. Strangolare la Cina dopo l’Iran. L’Italia non può seguire gli Stati Uniti e la Nato in questa folle corsa verso la guerra. L’economia italiana dipende dal petrolio iraniano. Dopo la Cina siamo il secondo importatore con il 13% e l’ENI ha crediti con l’Iran per due miliardi di dollari. Dovremmo iniziare a pensare a noi stessi e al nostro futuro. Washington è lontana, più lontana della luna, ma a Palazzo Chigi comanda Obama.