Per combattere i pirati si devono chiudere i porti?

La pirateria è sicuramente un problema, ma la censura indiscriminata gestita dalla burocrazia è più pericolosa e non è la soluzione. 

In Italia si stima che oltre tra film e eventi live il 42% delle volte viene visto di frodo. 

Una cifra talmente alta da dover ripensare a mio avviso il meccanismo di business stesso del settore che vive ancora con logiche di modelli di business obsoleti anche per tutelare l’occupazione di circa 10 mila persone in Italia messe a rischio da questi meccanismi.

La soluzione dell’AGCOM è stata di attivare un sistema di censura dei siti. Da febbraio 2024 è attivo Piracy Shield per bloccare i siti fraudolenti. La procedura di tutela richiede che tutti vadano a verificare se il loro IP è stato bloccato ogni giorno ed eventualmente contestare la decisione.  

Non è sicuramente una buona idea dal punto di vista tecnico perché bloccando gli IP anche se fosse stato utilizzato per attività illegali è molto probabile che l’indirizzo non identifichi una casa, ma un quartiere intero. È il caso successo ad esempio del blocco di IP di CDN internazionali come Akamai e altre creando un danno economico a tutti coloro che erogano legittimamente il loro servizio online. 

Non è soprattutto una buona idea perché si chiude un servizio senza che ci sia stata alcuna autorità giudiziaria che abbia deciso che fosse un pericolo o anche solo un problema.

La dittatura del burocrate che decide per suo conto della libertà dei cittadini credo sia molto più pericolosa che il rischio che vengano commessi dei reati economici (che comunque possono essere perseguiti anche se non interrotti immediatamente).

Il meccanismo messo i piedi è come se per bloccare un conto corrente non si passasse dalla magistratura, ma bastasse un funzionario del governo e in aggiunta per bloccarlo si inibissero tutti i conti correnti della filiale, lasciando che chi si sente nel giusto possa lamentarsene e (forse) vedersi il conto di nuovo attivato. 

Fa bene Assoprovider a denunciare l’inefficacia e la pericolosità di un meccanismo del genere. 

E oggettivamente è un po’ bizzarro il tentativo di dire alle persone che dovrebbero scegliersi un provider che non ospita siti illegali, come se questi non cerchino ovviamente anche di nascondersi anche dietro servizi web completamente legittimi.  

Credo sia arrivato il momento per l’industria dell’intrattenimento di studiare nuovi modelli di business che possano reggere al cambio di tecnologia che c’è stato (soprattutto in termini di economicità della banda).