Idee ribelli: Referendum Digitali

Le idee ribelli sono le idee che possono rendere straordinario il nostro Paese e che si ribellano alla quieta disperazione del non cambiare nulla. Le idee ribelli si compongono di due parole dove ribelle è l’aggettivo come: Identità Digitale, Acqua Pubblica o Reddito Energetico.

Proponi la tua idea ribelle! Compito di chi si proporrà come custode di un’idea ribelle sarà quello di promuoverla, ma anche e soprattutto di creare la consapevolezza che il tempo per quella idea è oggi.

Oggi Angelo Sturni, portavoce del MoVimento 5 Stelle al Comune di Roma Capitale, propone la sua idea ribelle “Referendum Digitali” raccontandola con il supporto di Marco Scialdone, avvocato, docente di diritto e gestione dei contenuti e dei servizi digitali presso l’Università Europea di Roma.


Angelo Sturni: Referendum digitali è il tema che oggi affronteremo all’interno della rubrica idee ribelli. Si tratta di un tema importante che riguarda gli strumenti di democrazia diretta, in particolare gli strumenti di democrazia digitale che oggi vengono utilizzati a livello nazionale e locale, che vanno ad affermare, a dare la possibilità alla comunità cittadina o comunque agli Stati di poter prendere delle decisioni e coinvolgere direttamente la cittadinanza. Abbiamo, come dire, una prospettiva su questo: la possibilità che il referendum possano essere utilizzati anche attraverso degli strumenti tecnologici, quindi attraverso le firme digitali, il voto elettronico. Insomma l’innovazione sta facendo dei passi in avanti e quindi iniziamo a pensare come questi referendum digitali possano vivere all’interno del nostro ordinamento.

Ne parliamo oggi con Marco Scialdone, avvocato, docente di diritto e gestione dei contenuti e dei servizi digitali presso l’Università Europea di Roma e con il quale tra l’altro abbiamo condiviso insieme la riforma dello statuto di Roma Capitale per introdurre nuovi strumenti di democrazia digitale. Partiamo da un po’ di analisi. Marco, qual è oggi lo stato di attuazione, diciamo normativo, degli strumenti di democrazia diretta nel nostro Paese?

Marco Scialdone: Allora, diciamo che nella nostra costituzione, come forse gli ascoltatori sanno, sono previsti alcuni studi di democrazia diretta che sono le petizioni, nell’articolo 50 della costituzione, le leggi di iniziativa popolare, nell’articolo 71, e il referendum che probabilmente è quello più noto, abrogativo o costituzionale. Ora il quadro dell’uso di questi strumenti di democrazia diretta nel nostro ordinamento devo dire che è abbastanza desolante. Dal 1946 ad oggi l’istituto maggiore, cioè il referendum, si è svolto per 74 volte di cui 67 sono i referendum abrogativi. In questo numero va considerato che il quorum per la validità del referendum è stato raggiunto soltanto 39 volte. Se andiamo a guardare i dati degli ultimi anni la situazione è in qualche modo ancora più desolante perché soltanto dieci anni fa, nel 2011, si è raggiunto per l’ultima volta il quorum, per il referendum cosiddetto sull’acqua pubblica. Quello del 2016 sulle trivelle non ha raggiunto il quorum. Se andiamo ancora indietro, per trovare prima del 2011 un referendum che ha raggiunto il quorum dobbiamo andare addirittura al 1995, al referendum sulla, tra gli altri, privatizzazione della Rai. Quindi è evidente che c’è un disagio sia nella proposizione del referendum, sia poi nell’attuazione pratica che deriva sostanzialmente dalla complicazione – e poi credo che la vedremo anche insieme con te – nella procedura di raccolta delle sottoscrizioni – e qui anticipo che il digitale può rappresentare una vera e propria svolta – sia nelle modalità di svolgimento del referendum. E anche qui l’esempio che tu citavi prima del nuovo statuto di Roma Capitale può dare degli input molto interessanti anche a livello nazionale.

Angelo Sturni: Ecco quindi il digitale oggi può rivitalizzare lo strumento referendario tradizionale cartaceo, con una disciplina che oggi sembra dare la possibilità a chiunque, ovviamente, di poter partecipare e presentare un referendum ma poi nella sostanza diventa inefficace. Ecco quindi parliamo solo delle firme del voto oppure come possiamo iniziare ad immaginare questo nuovo referendum digitale attraverso gli strumenti appunto del web, della rete?

Marco Scialdone: Noi abbiamo un sistema normativo che in questo momento è quello ancorato alla legge 352 del 1970, che evidentemente per ragioni anagrafiche diremmo non poteva che essere una legge analogica, e quindi tutte le modalità di raccolta delle firme molto dettagliate che sono presenti all’interno degli articoli 7 e 8 della legge sono tutte improntate da un lato al massimo rigore dal punto di vista formale nella procedura di raccolta delle firme, dall’altro a una complicazione che serve anche a responsabilizzare il soggetto che firma. La complicazione massima da questo punto di vista è rappresentata dall’autentica della sottoscrizione del proponente del referendum e questo implica ovviamente che i comitati promotori debbano dotarsi di strutture di pubblici ufficiali che possano svolgere questa attività. È chiaro che nel momento in cui noi introduciamo il digitale in questo processo la questione cambia profondamente, perché il digitale consente a monte di superare una serie di criticità che evidentemente il procedimento analogico impone, perché consente a monte una certificazione, ad esempio, dell’identità del soggetto che firma virtualmente una determinata proposta referendaria e quindi di semplificare e snellire il processo. Semplificando e snellendo il processo evidentemente si può rendere quello strumento molto più fruibile e molto più azionabile. E da questo punto di vista c’è un’importantissima novità normativa che è intervenuta con l’ultima legge di bilancio, perché nell’ultima legge di bilancio finalmente si è inserito il principio, che entrerà in vigore il primo gennaio del 2022, per cui le firme raccolte per i quesiti referendari potranno essere raccolte anche attraverso una apposita piattaforma che dovrà essere predisposta dalla Presidenza del Consiglio e che consentirà finalmente di superare l’annoso problema della autentica delle firme quando queste firme sono rese in digitale. Quindi noi abbiamo una straordinaria opportunità normativa introdotta dalla legge di bilancio, che in qualche modo è l’evoluzione è la prosecuzione di un percorso che già esiste in Europa con l’iniziativa civica per le proposte di legge da far avanzare alla Commissione, e che in qualche modo va in quella direzione, cioè verso l’idea di svecchiare lo strumento di democrazia diretta con un’iniezione digitale che servirebbe a rivitalizzarlo.

Angelo Sturni: Secondo te nel momento in cui andremo ad introdurre all’interno del procedimento referendario nella prima parte diciamo appunto le firme digitali e poi nella fase finale il voto, il procedimento, dal tuo punto di vista, così come è sviluppato tradizionalmente, resterà così oppure l’avvento delle nuove tecnologie renderà anche necessario ripensare di fatto il procedimento stesso, che è un processo decisionale col quale poi la comunità cittadina di fatto si autodetermina decidendo e approvando le leggi al posto dei parlamenti o degli organi direttivi? Ecco come potremmo iniziare a ripensarlo questo procedimento?

Marco Scialdone: Sicuramente il digitale consente di rendere questo momento di partecipazione attiva, questo momento di democrazia diretta, come giustamente dicevi tu un processo, cioè non è soltanto il momento finale di espressione del voto o iniziale di attivazione dello strumento, ma è un processo di consapevolezza rispetto al quesito che viene posto o della materia che viene portata avanti. Da questo punto di vista proprio le modalità di comunicazione del digitale possono consentire un dialogo costante e una formazione costante rispetto al quesito su cui poi si andrà a esprimere la preferenza. Detto in altri termini con una battuta dobbiamo evitare che il referendum digitale si trasformi in un click day, cioè che tutto si trasformi nel momento finale, nel premere il bottone sì o no, ma deve essere l’occasione per una formazione continua di partecipazione alla vita pubblica. È un po’ la digitalizzazione di quel libretto referendario che una democrazia referendaria storica, come quella svizzera, ha nella sua tradizione. In Svizzera, dove il referendum è all’ordine del giorno su qualsiasi cosa, il cittadino riceve a casa un libretto con tutti i referendum su cui si andrà a votare con le informazioni per decidere in maniera consapevole. Il digitale consente evidentemente di amplificare enormemente la possibilità informativa e quindi di arrivare ad un voto in maniera più consapevole. Da questo punto di vista la piattaforma, ad esempio, che è già attiva in Europa, quella sulla iniziativa europea dei cittadini, è una piattaforma estremamente interessante, perché consente in maniera facile di apprendere qual è il quesito e le caratteristiche su cui viene chiesta l’adesione da parte del cittadino europeo e allo stesso tempo di utilizzare quelli che sono gli strumenti nazionali di identità digitale, ad esempio nel nostro caso Spid, per poter sostenere quella proposta. Quindi è un meccanismo estremamente semplificato. Invito chi ci ascolta a visitare la piattaforma e eventualmente ad aderire ad alcune delle iniziative che sono online per rendersi conto come avendo semplicemente l’identità digitale è possibile partecipare a un procedimento di formazione di una proposta comunitaria.

Angelo Sturni: Benissimo quindi, passando alle conclusioni, il referendum digitale non è qualcosa di così distante rispetto alle possibilità che oggi già il legislatore italiano può mettere in campo, in parte si è già iniziato con lo strumento delle firme digitali e, da quanto anche Marco ci ha raccontato, il ripensamento dello sviluppo e del procedimento stesso, magari prendendo a modello piattaforme già esistenti europee o addirittura gli istituti di democrazia diretta come il libretto svizzero e magari digitalizzarlo e immaginare delle situazioni come tutti quegli organi civici estratti a sorte magari dalla cittadinanza per poter dare un parere e poi soltanto quindi alla fine il voto, che deve essere solo una fase conclusiva del procedimento referendario e non ovviamente il centro dell’attività. Voglio ringraziare Marco per il contributo e salutare tutti voi. Grazie


Se vuoi sapere di più su Angelo Sturni guarda il suo profilo su Rousseau