La frontiera del Green New Deal: l’energia libera

La notizia è che il fotovoltaico nel 2019 si è attestato come la principale tecnologia di approvvigionamento energetico nel Mondo. Dall’Australia, all’India, passando per molti paesi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, i pannelli che catturano i raggi del sole hanno superato ogni possibile aspettativa.

I risultati arrivano dal recente rapporto “Power Transition Trends 2020” ed attestano un fatto ormai noto, ovvero che la diffusione e la promozione del risparmio energetico, insieme alla riduzione dei consumi e all’approvvigionamento da fonti rinnovabili, sono la frontiera del “Green New Deal”.

Del “Nuovo Patto Verde” ne ha parlato a lungo la Commissione europea e, se è vero che il nuovo ambizioso progetto non si limita esclusivamente al settore dell’energia ma si estende a tutte le ramificazioni economiche che a vario titolo hanno a che fare con il concetto di “economia circolare”, è altrettanto vero che la produzione di elettricità resta l’obiettivo numero uno.

“Liberare l’energia”, volendo usare un termine caro al MoVimento 5 Stelle, è per la Commissione europea la chiave di volta per la transizione economica e deve ottenersi percorrendo tre assi direttici:

1) l’introduzione di forme di trasporto pubblico e privato più pulite, più economiche e più sane,

2) la decarbonizzazione del settore energetico,

3) una maggiore efficienza energetica degli edifici.

La creazione di una filiera basata su tali direttrici rappresenta la sola via per limitare, e nel lungo periodo azzerare, la dipendenza dalle fonti fossili, principali responsabili delle emissioni climalteranti. E non solo, anche per ridurre la dipendenza dall’estero da cui (soprattutto) l’Italia continua ad importare enormi quantità di materia prima.

D’altra parte, restando in Italia, limitare le emissioni in atmosfera è necessario anche per uscire dalle procedure d’infrazione europee che vedono coinvolto il nostro Paese per la sovrapproduzione di polveri sottili.

Il trend di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, insieme alle tecnologie di accumulo e alle nuove frontiere sul risparmio energetico, come ad esempio gli edifici ad elevato standard di coibentazione, sono ormai un tratto distintivo delle politiche energetiche dei Paesi che hanno scelto di seguire la strada della transizione economica.

La crescita del settore è sì legato alla maggiore coscienza ambientale che ormai da più di un decennio è perseguita dai Governi nazionali e sovranazionali, ma anche – e soprattutto – dalla maggiore accessibilità in termini di costi dei prodotti.

Oggi, infatti, è possibile affermare che la cosiddetta “grid parity” – ossia il livello in cui l’energia elettrica prodotta per mezzo di impianti alimentati a fonti energetiche rinnovabili ha lo stesso prezzo di quella prodotta tramite fonti energetiche convenzionali – si è in concreto raggiunta. Basti leggere i dati mondiali sulla produzione di celle solari: nel 2019 sono state prodotte 133 GW di celle solari, quasi tutte ad altissima efficienza, cioè in silicio monocristallino.

Nessuna altra tecnologia ha conosciuto un simile trend tecnologico. É possibile affermare senza timore di smentita che lo sviluppo di questo settore è tale da non avere precedenti nel mondo dell’approvvigionamento energetico. Una crescita talmente veloce da avere scalzato tutti i precedenti modelli in pochi anni.

Questo incremento, come si faceva riferimento sopra, è dovuto soprattutto alla accessibilità dei prodotti: il prezzo dell’energia solare fotovoltaica è passato dai 76 $ per Watt del 1977 agli 0,25 $ del 2017. Una riduzione pari a 300 volte!

Stesso discorso vale per i sistemi connessi alle fonti rinnovabili, primi fra tutti quelli che permettono di accumulare l’energia prodotta ed utilizzarla quando occorre. Il prezzo delle batterie al litio, ad esempio, è passato da circa 1.200 $/Kwh del 2010 ai 156 $/Kwh del 2019. Una riduzione dell’87% in appena 10 anni!

Chiaramente alla crescita della tecnologia rinnovabile, segue il calo di quella tradizionale. Dal 2018 al 2019, l’energia prodotta dal carbone è diminuita del 3% poiché gli impianti hanno funzionato meno frequentemente. Ciò ha segnato il primo calo della produzione di carbone dal 2014.

Concludendo, questi risultati fanno ben sperare e riescono a trasmetterci una immagine quantomeno più nitida del traguardo che si vuole raggiungere con il “Green New Deal”. Occorre però non abbassare la guardia. Gli Stati, in questa delicata fase, hanno due grandi responsabilità: continuare ad incentivare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, senza però drogarne il mercato con meccanismi non in linea con la “grid parity” e informare i cittadini delle enormi possibilità che si aprono con le rinnovabili e il risparmio energetico.