Giornata mondiale degli oceani, la tutela delle nostre risorse non è più rinviabile

L’8 giugno è la Giornata Mondiale degli Oceani. Una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare tutti sugli effetti drammatici dell’azione dell’uomo sugli ecosistemi marini e affinché si creino strumenti idonei per una gestione sostenibile dei mari.

Tra i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, il piano d’azione sottoscritto dai Paesi membri ONU che mette al centro proprio la salute degli ecosistemi naturali come mezzo per il benessere dell’essere umano, il numero 14 è dedicato a “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

Gli oceani e i mari regolano tutta la nostra vita sulla Terra: ne coprono i tre quarti della superficie, contengono il 97% di acqua presente sul pianeta e ospitano l’80% delle specie viventi. Costituiscono anche i grandi regolatori climatici che consentono di lenire, seppur parzialmente, gli effetti dell’impatto umano. Assorbono infatti il 30% dell’anidride carbonica che produciamo e il 90% del calore generato dalle emissioni di gas serra. Eppure, nonostante l’importanza che hanno per la nostra vita, alcuni studiosi stimano che il 60% degli ecosistemi marini hanno subito danni pesanti dall’azione umana: le acque si riscaldano sempre più, aumenta la loro acidità, perdono ossigeno. Cosa significa? Significa che le funzioni fondamentali degli oceani si perdono sempre più, che la vita diventa sempre più difficile, la biodiversità è a rischio e conseguentemente anche la pesca che per ben 3 miliardi di persone costituisce l’unica fonte di proteine della propria alimentazione.

Dobbiamo dunque puntare a nuovi modelli che mettano insieme sviluppo economico e salvaguardia ambientale, in tutti i settori e ovviamente anche in quello marino, iniziando a trasformare le attività in chiave sostenibile, dalla pesca al turismo passando per il consumo di plastica, e riducendo a livello globale le nostre emissioni di gas serra.

Il Governo e il MoVimento 5 Stelle sta lavorando su diversi fronti per incrementare e perfezionare il sistema verso l’economia blu che consente di coniugare tutela degli ecosistemi marini e sviluppo e sostenibilità di tutte le attività che vengono effettuate a mare.

L’aumento delle aree marine protette è certamente un primo passo per regolamentare le attività umane in alcune zone delimitate salvaguardando gli ecosistemi. A fine 2019 il Consiglio dei Ministri ha stanziato fondi per quattro nuove aree marine protette: Capri in Campania, Capo Spartivento e Isola San Pietro in Sardegna, Costa di Maratea in Basilicata.

Altro importante aspetto da considerare è quello del consumo di suolo. Il MoVimento 5 Stelle ha presentato due disegni di legge a riguardo, di cui uno a mia firma. Per suolo intendiamo lo strato superficiale che copre la crosta terrestre ed è un bene fondamentale per la vita, non meno dell’aria e dell’acqua, e una volta “consumato”, come ad esempio attraverso le cementificazioni, è molto difficilmente recuperabile.

Un aspetto non da poco e troppo spesso trascurato che può tutelare i nostri mari da infrastrutture impattanti, anche quelle relative alle attività estrattive che già l’azione efficace del ministro Costa ha limitato. Anche l’aumento dei fondi per la ricerca, previsto nel decreto Rilancio, è stato in passato troppo spesso sottovalutato: i nostri ricercatori stanno lavorando non solo nel Mediterraneo ma anche in zone cruciali come l’Antartide per contrastare i cambiamenti climatici e la depauperazione delle risorse marine.

Tra i dispositivi a tutela del mare non possiamo non citare un disegno di legge voluto dal Ministro dell’Ambiente e su cui il MoVimento 5 Stelle sta spingendo fortemente per l’approvazione in tempi brevi: la legge Salvamare.

Questa importantissima norma consentirà ai pescatori di conferire nei porti i rifiuti accidentalmente raccolti nelle reti, cosa attualmente non possibile, e che punta a importanti progetti di sensibilizzazione per la popolazione.

Importante, inoltre, quando si parla di tutela del mare il ruolo fondamentale che gioca la posidonia oceanica spiaggiata. Questa pianta prolifera solo lungo i fondali costieri del Mediterraneo ed è fondamentale per l’ecosistema marino.

Le sue foreste poste sui fondali contribuiscono in maniera consistente alla produzione di ossigeno (tra i 14 e i 20 litri al giorno per ogni metro quadrato) garantendo il mantenimento della biodiversità in quanto rifugio e fonte di cibo per la fauna marina. Inoltre, la posidonia riduce il moto ondoso, che unito alle sue banquette – quegli agglomerati di foglie secche che troviamo in alcuni tratti di costa – prevengono l’erosione costiera.

Perché ce la ritroviamo sulle spiagge? La posidonia, come tutte le piante, in autunno perde le foglie che poi le correnti portano lungo le coste. Purtroppo va registrato che queste foglioline vengono spesso etichettate come rifiuto e trattate da Comuni e operatori balneari come scarto indifferenziato.

Per questo ho proposto un disegno di legge che introduce sistemi sostenibili che consentiranno a tutti, e in maniera anche più economica, di portare la posidonia a mare affinché concluda il suo ciclo vitale oppure che sia utilizzata per interventi ecosostenibili come il rafforzamento delle dune costiere. Ma ciò che credo sia importante è far conoscere a tutti ciò che si ha di fronte, perché non c’è alcun motivo di evitare la posidonia spiaggiata. La sua presenza dovrebbe anzi essere un valore in più perché assicura che il mare sia pulito, può essere utilizzata come comodo materasso per prendere il sole, ha proprietà benefiche che i frammenti delle sue foglioline disperdono nell’acqua.

Iniziamo a guardare le cose in maniera differente, perché noi non siamo qualcosa di diverso e indipendente rispetto all’ecosistema in cui ci troviamo.