Stato e Cittadini

L’articolo 21 della dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo recita: “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti”. D’altronde l’articolo 29 aggiunge: ”Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità”. Diritti e doveri che insieme costituiscono l’ossatura del rapporto Stato-Cittadini. Se nella dichiarazione dell’ONU i diritti sono espressi in senso verticale, i doveri sono da attuarsi in senso orizzontale, verso la comunità. Un riferimento importante lo troviamo nell’articolo 118 della Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà“. La sussidiarietà orizzontale prevede che i cittadini agiscano, in modo condiviso con i livelli amministrativi statali, per il miglioramento della comunità. Un modello operativo che si basa su questo principio è il partenariato istituzionale ed economico-sociale oltre al vecchio modello cooperativo prima che fosse demolito dalle logiche finanziarie. Ovviamente i sistemi economici che nascono dal basso non devono essere impropriamente utilizzati per abbassare il costo del lavoro esternalizzando servizi propri della pubblica amministrazione ma come strumenti complementari in cui di fronte ad un’esigenza collettiva (soprattutto su base locale) si permetta ai cittadini di organizzarsi in qualità di utenti/gestori di un bene comune. Questi strumenti permettono di riavvicinare economia ed etica facendo uscire la logica economica da quella finanziaria dominante in cui sono i soldi che attirano i soldi. La sintesi dell’economia civile, intesa come forma economica di giustizia sociale, sta nell’attivismo creativo dei soggetti in termini di sussidiarietà. Risulta improcrastinabile la prospettiva sussidiaria dell’ordinamento giuridico per l’economia che muova dal basso verso l’alto (bottom up) in grado di raccogliere i bisogni e le istanze delle persone, destinatari del bene comune, ovvero l’interesse generale, ponendosi a garanzia dell’organizzazione pluralistica e solidaristica della convivenza sociale ed economica nell’ambito dello Stato costituzionale[1]. Insomma una democrazia più partecipativa e meno rappresentativa.

L’implementazione di strumenti di partecipazione popolare all’azione politica è fondamentale per garantire un più stretto rapporto tra Stato e cittadino. In tale senso si muovono l’ampliamento dell’istituto referendario, il maggior peso delle leggi di iniziativa popolare, il dibattito pubblico sulle opere infrastrutturali, la consultazione pubblica sugli strumenti pianificatori, il bilancio partecipativo a livello comunale e tutti gli altri strumenti che danno ai cittadini la possibilità di dire la loro e di incidere efficacemente nell’azione dello Stato.

L’azione concreta di cittadinanza riconduce a pensare alla vecchia contrapposizione tra il bisogno e il merito[2]. La liberazione dai bisogni, individuata da Marx come riscatto delle classi sociali oppresse mediante la presa del controllo dei mezzi di produzione capitalistica, si scontra con il criterio meritocratico di derivazione liberale in cui ognuno può godere i frutti del proprio impegno senza limiti egualitari. La concezione liberale della “uguaglianza di opportunità” rende però i due concetti strettamente connessi. Non si attua concretamente il riconoscimento del merito e del valore in assenza di soddisfacimento dei bisogni che ne costituisce anzi presupposto fondamentale. In tal senso l’articolo 34 della costituzione: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. I nemici comuni di merito e bisogno sono le disuguaglianze sociali derivanti da rendite di posizione ereditate in ambito familiare o consolidate all’interno del gruppo sociale di appartenenza. Familismo amorale[3], clientelismo, parassitismo, rendita, corruzione, evasione ed elusione, commistione controllore-controllato sono nemici tanto dell’uno che dell’altro e vanno contrastati.

Nell’analisi gerarchica dei bisogni di Maslow uno dei bisogni più basilari è quello che nasce dalla sovrapposizione di stabilità e sicurezza. Se non interpretato correttamente questo bisogno porta all’attuazione di politiche reazionarie e conservatrici da parte delle forze politiche. La disgregazione sociale attuale porta ad una singolare convergenza di interessi delle classi lavorative a reddito medio-basso ma stabile (statali, dipendenti privati, piccole imprese monocommittente) che sentono la necessità di difendere quel poco (ma sicuro) che hanno perché percepiscono incertezza nel futuro. A ben vedere la loro situazione tende continuamente a peggiorare se si prosegue in un andamento “as-usual”, ovvero conservatore. Questa incertezza deve trovare una risposta nell’azione di trasformazione che aumentando il livello di giustizia sociale possa portare ad una nuova e più forte condizione di stabilità. Questa trasformazione presuppone un nuovo patto sociale tra rappresentanti e rappresentati. I rappresentanti devono essere l’esempio di questa trasformazione. Sobrietà, umiltà, passione, abnegazione, competenza, concretezza, efficacia devono essere al centro del loro agire e del loro essere. I rappresentati, a partire dal blocco sociale maggioritario ovvero la classe dei lavoratori che spesso si trovano a combattere con la personale fatica quotidiana, quelli che si dividono tra il lavoro (fonte di reddito) e il supporto agli affetti (figli, genitori, legami di coppia), quelli che si dedicano allo studio, gli anziani che oggi si trovano a dover  aiutare figli e nipoti, insomma la gran moltitudine del popolo, si può impegnare a rileggere e riappropriarsi della Costituzione e trovare il modo, preferibilmente cooperando con altri, di attuare, implementare, potenziare il proprio contributo secondo il dettato del comma 2 articolo 4: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. 

L’azione di trasformazione può essere attuata anche tramite una maggiore incisività dell’amministrazione pubblica, un maggior peso dello Stato nell’economia strategica ed una maggiore presenza delle aggregazioni di cittadini nella organizzazione economica.

Per aumentare l’incisività dell’apparato statale si può pensare ad uno snellimento dei livelli intermedi magari ripensando al ruolo delle Regioni ed a quello delle Provincie. In questo quadro la fisionomia istituzionale ed economica dovrebbe assomigliare a quella di un albero, un pino mediterraneo, con lo Stato centrale in alto, un esteso apparato radicale in basso (i cittadini) ed un solido ma snello sistema intermedio.

La parte strategica dell’economia parte dai monopoli naturali per arrivare a quei segmenti che permettono minore dipendenza dalle importazioni estere. L’agire economico della collettività si concentra sulle società dei beni comuni e sul sistema cooperativo definanziarizzato.

Le politiche attive del lavoro collegate alla formazione ed allo spostamento di un lavoro all’altro tramite una formazione (che deve essere efficace), sono un altro strumento necessario per colmare il bisogno di stabilità ai cittadini nella società liquida[4].

 


[1] Bruno Di Giacomo Russo. Dis-Uguaglianza e Stato Costituzionale. Campobasso 2015

[2] Il principio del merito trova riferimento negli articoli 3 “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” e 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro” della Costituzione.

[3] Oggi Banfield forse userebbe l’espressione “amicismo amorale” basato sul primato della corte del potente di turno. Al di là del termine il significato era già allora esteso a coloro che perseguono obiettivi particolari a scapito di quelli generali.

[4] Zygmunt Bauman