Ora un’alleanza internazionale per mettere a punto il vaccino

Intervista di Luigi Di Maio al Corriere della Sera a cura di Alessandro Trocino:


«Serve una grande alleanza internazionale contro il virus». Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è reduce dalla videoconferenza con i colleghi del G7, dedicata all’emergenza Covid-19.

Finora non c’è stata proprio una gara di solidarietà tra i Paesi, per affrontare l’epidemia

«Ai colleghi del G7 ho detto che bisogna mettere a sistema e condividere i dati, coordinare le iniziative e rafforzarle. La salute viene prima del profitto. Noi siamo disponibili a condividere la nostra conoscenza, ma devono farlo tutti: la corsa al vaccino non può essere individuale. Questa è una guerra dove tutti combattiamo contro lo stesso nemico. Si vince solo insieme».

Lei ha annunciato l’arrivo di qualche milione di mascherine. Ma ne servono ogni mese almeno 90 milioni

«Abbiamo sbloccato e fatto arrivare in Italia più di 10 milioni di mascherine. Nelle prossime ore è previsto l’arrivo del primo lotto delle 100 milioni di mascherine che stiamo facendo produrre da un’azienda cinese. Tutto il materiale non viene distribuito da noi ma dalla Protezione Civile e dal commissariato. Ovviamente bisogna puntare anche alla produzione nazionale. Ma se dall’estero non fossero arrivati questi aiuti, la crisi sarebbe stata ancora più acuta».

Molti italiani all’estero ora vogliono tornare

«Stiamo dando priorità a non residenti, studenti, Erasmus, a chi ha perso il lavoro, ai turisti e alle situazioni di fragilità. Abbiamo riportato in Italia migliaia di nostri connazionali, che devono mettersi in autoisolamento per 14 giorni».

Il premier Conte coltiva i rapporti con la Russia, lei con la Cina, che ringrazia in continuazione. L’impressione è che continui anche ora la guerra fredda delle alleanze trasversali

«Non ho tempo per le polemiche. Qui non ci sono nuovi scenari geopolitici da tracciare, c’è un Paese che ha bisogno di aiuti e altri Paesi che ci stanno aiutando. Gli Stati Uniti, Francia e Germania. E la Russia, da cui sono arrivati aiuti dopo la telefonata tra Conte e Putin. E questo vale anche per la Cina, che è la stata la prima a rispondere. Non è questione di guerra fredda, è la realtà. O realpolitik, la chiami come vuole».

Non crede che ci sia stato un ritardo clamoroso nel rendersi conto dell’emergenza? Il governo non l’ha sottovalutata?

«Da parte di molti ho sentito lamentele, nelle prime battute, perché bisognava lasciare tutto aperto e che era poco più di un’influenza. Gli stessi, giorni dopo, hanno cominciato a gridare di chiudere tutto».

Le Regioni?

«No, parlo di parlamentari. Mai come in questo momento le Regioni hanno invece bisogno di supporto. Il governo ha reagito con tempestività, preso decisioni difficili, drastiche, e lo ha fatto prima di molti altri Paesi. Nessuno ha la verità in tasca e bisogna collaborare insieme per uscirne».

La burocrazia rallenta tutto: i fondi pubblici per strutture ospedaliere ci sarebbero, ma con i privati si fa molto prima. Non è un paradosso grave e sconfortante?

«Lo trovo anch’io paradossale, per questo abbiamo dichiarato lo stato di emergenza e nominato ben due commissari, per garantire la massima efficienza».

Non ha funzionato granché

«Non bisogna perdere tempo, bisogna mettere sul tavolo subito tutte le misure necessarie. E’ inutile continuare a dire che dopo questa emergenza si aprirà una crisi anche economica: la crisi già c’è, dobbiamo fin da ora lavorare, tutti, per risollevare il Paese».

C’è chi teme che l’Italia resti paralizzata ancora un mese o più. E propone una riapertura graduale, attraverso l’utilizzo di sorveglianza attiva e tracciamento con app in stile Corea del Sud. È favorevole?

«Questa è una situazione surreale per molti versi, il governo ha dovuto attuare misure che hanno già inciso sulle nostre garanzie costituzionali. Stiamo cambiando abitudini e viviamo il dolore di non poter abbracciare i nostri cari. Ma la parola d’ordine deve essere: restare a casa. Se tutti rispetteranno le regole, usciremo prima da questa crisi».

Dal Fondo salva Stati Mes potrebbero arrivare 36 miliardi per l’Italia. Se si riuscisse ad abolire le condizionalità, l’Italia potrebbe chiederli?

«Il Mes non è una strada percorribile in quanto non farebbe altro che creare nuovo debito. Va cambiato il paradigma, permettendo di liberare risorse europee e rafforzando il ruolo della Bce nel sostenere finanziariamente gli Stati. Va trovata assieme ai nostri partner la strada, con strumenti nuovi».

È favorevole all’emissione degli eurobond?

«Più che “eurobond” è il caso di attivare dei “corona-bond”, ovvero uno strumento che permetterebbe di finanziare le spese straordinarie per l’emergenza. Siamo stati tra i primi a chiederli».

Si affaccia l’idea di un governo di unità nazionale, con Mario Draghi premier. C’è chi pensa che chiedere all’opposizione unità nazionale e lasciarli fuori alla lunga sia controproducente?

«La strada da seguire è quella dell’unità. Bisogna remare tutti nella stessa direzione. Proprio per questo, trovo fuori dal mondo che qualcuno si metta a parlare adesso di nuovi governi. Stiamo attraversando qualcosa che non ha precedenti nella storia, abbiamo preso misure che non hanno precedenti e si costruisce un film sul prossimo governo? Non scherziamo, qui bisogna rimboccarsi le maniche e pensare alle cose concrete. Come gli aiuti di cui hanno bisogno i nostri medici e i nostri infermieri».

Salvini e Meloni chiedono la «verità» sul video di Leonardo che parla dell’esperimento cinese del 2015

«Mentre lo Stato conta i morti e si fa in quattro per aiutare i medici, loro fanno la caccia all’untore, per qualche like in più. Chi ama l’Italia non diffonde il terrore».