Il Plantoide, il robot-pianta che può rivoluzionare l’agricoltura e la medicina

Le piante hanno una forma sociale molto sviluppata: comunicano sia con la parte aerea che con le radici. Vi sono piante “haters” e piante amiche con le quali instaurare collaborazioni, come con funghi e batteri. Si crea un ecosistema molto complesso, dal quale dipende la qualità dei nostri habitat. Le radici non sfruttano tutte le risorse, ma fanno in modo che tutte le altre piante ne abbiano a sufficienza.
Il team della Ricercatrice Barbara Mazzolai ha dato vita al primo robot bio-ispirato alla capacità sensoriale delle piante, il Plantoide.
Le piante crescono e si muovono per tutta la vita e lo fanno spesso in modo lento nel terreno, con forme di movimento non percepibili ai nostri occhi.
Si adattano all’ambiente circostante ed hanno delle capacità straordinarie. Le sottovalutiamo, forse perché sono diverse da noi.  Non hanno un cervello ma un’intelligenza distribuita.
Hanno dei sensori all’apice delle radici e man mano che crescono percepiscono l’ambiente. Formano network integrati che esplorano il terreno in modo capillare.
Anche il Plantoide cambia la propria morfologia sulla base degli stimoli ambientali percepiti. Si muove in modo autonomo nel suolo, alla ricerca di sostanze di interesse come acqua o nutrienti, sfruttando la stessa strategia si accrescimento delle radici naturali (divisione cellulare a livello del solo apice).
Per far si che il Plantoide riesca nella stessa funzionalità della pianta, viene utilizzata una stampante 3D miniaturizzata all’interno dell’apice robotico.
Ricordate quando Beppe Grillo stampava modelli 3D utilizzando file condivisi su Thingiverse?
Nel caso del Plantoide le “istruzioni” per costruire la struttura tridimensionale delle radici artificiali, provengono dall’elaborazione delle informazioni raccolte dai sensori tattili.  L’intelligenza è data dalla possibilità di misurare svariati parametri nel suolo come umidità, sostanze chimiche (azoto, fosforo e potassio), temperatura, gravità, tropismo.
La flessibilità del materiale plastico utilizzato, che diventa “morbido” per pochi secondi, permette l’adattamento morfologico con il suolo, strato dopo strato.
Il Plantoide fornisce dati preziosi per il monitoraggio ambientale ed è un buon alleato per un’ agricoltura sostenibile. (Analisi qualitative con formule di intelligenza artificiale per poter estrapolare dati sugli inquinanti).
Ma il Plantoide potrebbe essere anche uno strumento endoscopico in ambito medico poiché l’accrescimento apicale non crea attrito e non danneggia i tessuti. Mediante i sensori è possibile rilasciare molecole farmacologiche in modo mirato all’interno del corpo. La ricerca sul Plantoide è stata finanziata anche dall’ESA poiché potrebbe essere impiegato per l’esplorazione dei suoli su altri pianeti.