“La prescrizione bloccata ora, per le altre riforme c’è tutto il tempo”

Intervista al procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, apparsa su “Il Fatto Quotidiano”. A cura di Antonella Mascali.


Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, una vita spesa nella lotta alla ‘ndrangheta, è noto per dire senza giri di parole quello che pensa. Gli facciamo una domanda secca: riforma della prescrizione a gennaio o la si deve mettere nel congelatore?

Nulla deve essere messo nel congelatore. La riforma deve andare avanti e deve decorrere dal primo gennaio 2020. La prescrizione dopo la condanna di primo grado è giusta per tutte le parti del processo, soprattutto per le persone offese che non possono subire una simile mortificazione e non avere alcuna risposta dalla giustizia, spesso dopo anni di attesa e spesso anche per condotte molto gravi che in certi casi hanno portato pure alla morte di un congiunto. Quindi, a scanso di equivoci per quello che sto per dire, ribadisco che è bene che questa riforma parta perché c’è tutto il tempo poi per fare modifiche fondamentali per velocizzare le fasi delle indagini preliminari e quella del dibattimento. Ma nessuno si domanda perché fascicoli rimangono fermi negli armadi dei pm e dei giudici per 4,5 anni e anche più. Questa è la mamma di tutte le domande.

A quali modifiche pensa?

Le modifiche che si possono apportare sono molte, alcune delle quali anche a costo zero. La prima, ad esempio, potrebbe essere quella di chiedere alla persona sottoposta ad indagini di eleggere domicilio e ricevere le comunicazioni a mezzo posta elettronica, o a mezzo pec. In una prima fase, in forma facoltativa, poi in un futuro si può pensare ad una modifica ancora più incisiva. Un’altra modifica riguarda la rinnovazione del dibattimento. I processi, infatti, durano moltissimo perché quando un giudice viene trasferito, il processo con il nuovo componente ricomincia da capo perché le difese non acconsentono praticamente mai al rinnovo degli atti, chiedono di ripartire da zero. Questa regola deve essere capovolta, cioè si rinnova l’istruttoria solo in casi limite. Nella commissione presieduta da me nel 2014, avevo proposto anche la videoregistrazione dei testimoni, per esempio, in modo che, quando in un processo subentra un nuovo magistrato, avrà la possibilità anche di rivedere le registrazioni e richiamare i testi solo se necessario. Questa è un’ipocrisia del sistema, non una garanzia del sistema. Unica e sola vera garanzia, per tutti, è quella di avere una risposta dalla giustizia in tempi brevi. Oggi, invece, in determinati casi i processi ricominciano da zero anche due o tre volte e la percentuale di processi che si chiudono con la prescrizione è altissima.

Torniamo alla riforma della prescrizione: Pd, Italia Viva, FI, avvocati, alcuni magistrati, parlano in sostanza di disastro se entrerà in vigore a gennaio…

In base a cosa ci sarebbe un disastro? Gli effetti del blocco della prescrizione si avranno solo tra quattro anni. La verità è che si continuerà a fare i processi come adesso. Il magistrato sarà costretto a lavorare tantissimo, come sempre. La sua produzione è sottoposta a valutazione ogni quattro anni e per i ritardi nel deposito di sentenze finisce sotto procedimento disciplinare. Ma c’è un aspetto positivo nella protesta degli avvocati, costringerà il legislatore a intervenire sullo snellimento dei processi. Facciamola partire questa riforma della prescrizione, altrimenti le altre non si faranno mai perché è da decenni che parliamo di riforme della giustizia senza che vengano approvate quelle che servono.

L’ho raggiunta al telefono alla fine di un incontro, in Calabria, sul suo libro, scritto con il professor Antonio Nicaso “La rete degli invisibili” su chi, nella ‘ndrangheta, sta incrinando il muro atavico dell’omertà…

Ci siamo accorti che nell’ultimo anno e mezzo c’è stato un processo di accelerazione. Hanno chiesto di parlare quattro figli di capi della ‘ndrangheta. Solo tre anni fa se qualcuno mi avesse chiesto di scommettere su questo, avrei perso la scommessa perché avrei detto che era impossibile. Quindi, abbiamo cercato di capire perché si è aperta una crepa. L’approccio è di tipo psicologico e anche pschiatrico. Gli ‘ndranghetisti parlano ora perché non reggono lo stress, perché la ‘ndragheta gli chiede sempre il massimo della prestazione. C’è anche un capitolo su quattro storie di donne che parlano per amore. Perché si sono innamorate fuori dal matrimonio combinato dalle loro famiglie come suggello di un’alleanza criminale; perché non vogliono che anche i loro figli facciano la fine dei padri, dei mariti. In carcere o uccisi. E un cambiamento fondamentale.