La storia di Boyan Slat, il ragazzo che sogna di ripulire i mari

Sono passati oltre 6 anni da quando il mondo ha conosciuto il nome di Boyan Slat, il giovane olandese che nel 2013 si lanciò in un visionario progetto che avrebbe dovuto affrontare un problema vasto come il mare: l’inquinamento da plastica nel Pacifico.

Boyan aveva solo 18 anni quando mise in piedi la sua startup, Ocean CleanUp, che è poi diventata un’organizzazione no profit con un team di oltre 80 persone tra ingegneri, ricercatori, scienziati che ogni giorno si cimentano con la grande sfida di liberare l’oceano dall’inquinamento causato da rifiuti di diversa origine. Un fenomeno che provoca danni a oltre 600 specie marine e che fa perdere circa 13 miliardi di dollari all’anno, oltre a rappresentare un pericolo serio per la salute.

È a partire da queste preoccupanti considerazioni che Slat ha cominciato a lavorare con i suoi collaboratori. Ha efficacemente riassunto la sua missione nella sua bio di Twitter parlando di sé in terza persona: «Ha studiato ingegneria aerospaziale, diventa un ripulitore». Ha infatti coniugato le sue competenze con il suo amore per la natura: «Andare sott’acqua è la cosa che più si avvicina ad essere un astronauta. Non vedo l’ora di immergermi e di non incontrare plastica. Questo è il sogno».

Per realizzare il suo sogno Slat ha elaborato un sistema di ripulitura dell’acqua che consiste in un cordone galleggiante a forma di U che si muove con le correnti degli oceani e raccoglie le particelle plastiche in mare: di fatto il naturale movimento dell’acqua è tra i principali motivi della dispersione del materiale plastico e soprattutto della sua trasformazione in una poltiglia che può assomigliare a cibo per gli animali marini. L’obiettivo è moltiplicare l’utilizzo di questo sistema, così da arrivare a rimuovere in soli 5 anni il 50% della cosiddetta Great Pacific Garbage Patch, l’isola di plastica, fatta in larga misura da attrezzi da pesca, situata in corrispondenza del vortice oceanico subtropicale del Pacifico del Nord. Il progetto non si limita però a ripulire: tutta la plastica recuperata dovrà essere riciclata così da darle nuova utilità. E come nei migliori esempi di economia circolare, i proventi della vendita dei nuovi prodotti finanzieranno altri progetti di tutela dell’ecosistema in altri mari.

I primi prototipi realizzati da Ocean CleanUp sono arrivati in mare nel 2016 e l’8 settembre del 2018 il System 001 (detto anche Wilson, come il pallone amico di Tom Hanks nel film Cast Away) ha raggiunto l’Isola di plastica del Pacifico rimanendo lì circa 4 mesi. In realtà questo tentativo non è stato esattamente un successo: il braccio che raccoglieva la plastica non era in grado di trattenerla perché si muoveva troppo lentamente rispetto alle correnti oceaniche e i risultati di ripulitura erano scarsi. Slat e il suo team non si sono fatti scoraggiare, consapevoli dalla dimensione della sfida che avevano di fronte. Si stima che il vortice contenga 1,8 miliardi di minuscoli pezzi di plastica. All’indomani del primo sostanziale insuccesso, che ha inevitabilmente attirato molte critiche sull’organizzazione, Slat ha precisato a Business Insider: «Ci saranno sempre persone che diranno che le cose non si possono fare. La storia dimostra che, volta dopo volta, cose che “non potevano essere fatte” sono state fatte.» Ocean Cleanup ha lavorato a delle migliorie come un cordone di sughero più alto per trattenere la plastica e il sistema è tornato in acqua nel giugno del 2019. Slat, però, continua a guardare molto più in là dei piccoli risultati che ottiene e vuole arrivare a una flotta di sistemi cleanup che riescano a setacciare sempre più mari.

Il progetto del giovane olandese in questi anni ha convinto diversi investitori, tra i quali figurano nomi di rilievo come Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) e Marc Benioff (ceo di Salesforce). Nel 2014 Boyan Slat ha ricevuto a soli 20 anni il premio delle Nazioni Unite Champion of the Earth proprio per il suo impegno ambientalista. Gli piace ripetere ciò di cui è convinto: «Credo fermamente che l’azione ispiri altra azione, quindi creare esempi di come risolviamo un problema usando il meglio che l’umanità ha da offrire – la nostra ingenuità, la nostra abilità di creare cose dal nulla e la nostra abilità di collaborare e lavorare insieme in maniera efficace – è ciò di cui il mondo ha bisogno».

 


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