Così abbiamo salvato l’acqua del Sud dal progetto (Monti-Gentiloni) di svenderla ai privati

Con un emendamento a mia prima firma all’art. 24 del decreto crescita abbiamo sventato un attacco alla diligenza delle risorse idriche del Sud che poteva trasformarsi in una delle più grandi operazioni di privatizzazione mai viste in Italia. A beneficio dei tanti che ci hanno chiesto spiegazioni, dopo gli allarmi lanciati da alcuni soggetti su una presunta privatizzazione, ricostruisco brevemente la situazione pregressa di Eipli, l’ente che nel decreto viene sostituito con una nuova società, e le ragioni del nostro intervento.

Che cos’è Eipli? L’Ente per lo Sviluppo e la Trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia è stato fondato nel 1947 e già dal 1979 ha vissuto una lunga fase di commissariamento dopo che sono state redistribuite le competenze per materia tra Stato centrale e Regioni.

Le infrastrutture gestite dall’Ente assicurano la fornitura di acqua all’ingrosso ad uso agricolo, civile e industriale per circa 500 milioni di metri cubi annui nei confronti di Consorzi di bonifica (siti in Calabria, Basilicata e Puglia), gestori del servizio idrico integrato (Acquedotto Lucano e Acquedotto Pugliese), Consorzi Aree Industriali, Ilva ed altri utenti di minori dimensioni.

Un Ente dunque che da sempre si occupa di distribuire l’acqua in quasi tutto il Distretto idrografico dell’Appennino Meridionale e per questo motivo, già nella legge di Bilancio del 2017 venne data l’opportunità anche alle altre regioni del Distretto, ovvero Molise e Calabria, di entrare nella compagine societaria per beneficiare degli investimenti necessari in tutto il Sud.

Tornando al passato, con il trascorrere del tempo, l’Ente ha accumulato debiti, anche a causa del fatto che molti soggetti, in vari settori, non hanno pagato per l’acqua utilizzata. Questo ha avuto ripercussioni sulla mancata realizzazione delle infrastrutture idriche e delle opere di manutenzione. Nel 2011 il governo Monti ha dato avvio al processo di liquidazione, proseguito anche attraverso l’avvicendamento di diversi commissari liquidatori. Arriviamo al 2017, quando la legge di Bilancio del governo Gentiloni prevede la sostituzione dell’Eipli con una Società per azioni “in house” (il cui capitale è in genere detenuto in toto o in parte, direttamente o indirettamente, dal pubblico) che avrebbe dovuto vedere la luce entro giugno 2018. L’articolo 24 del decreto Crescita è intervenuto per introdurre alcuni accorgimenti utili al completamento di questo iter.

Quali sono gli effetti del nostro emendamento? L’emendamento del MoVimento 5 Stelle all’articolo 24 ha l’obiettivo di assicurare che non vi possano essere soggetti privati nel pacchetto azionario della neonata società per azioni, nemmeno fondazioni e partecipate delle Regioni. In altre parole, l’emendamento blinda la nuova Spa nelle mani del Ministero Economia e Finanze e delle Regioni.

Su questo punto, c’è chi replica che si tratta di una blindatura che vale solo fino al prossimo governo, finché cioè qualcun altro non deciderà di legiferare per eliminare i paletti che noi abbiamo introdotto. Queste però, ci pare anche assurdo doverlo specificare, vale per tutte le norme e sono le regole della democrazia a garanzia di tutti noi. Chi detiene la maggioranza in Parlamento può modificare le norme per definizione. Se una legge cambia o meno dipende dalle maggioranze parlamentari votate dai cittadini. Sta a noi dunque, cittadini e rappresentanti eletti, continuare a vigilare e ad operare affinché ciò non avvenga.

La formula della Società per azioni non è quella che noi riteniamo ideale, ma al netto del fatot che lo abbiamo ereditato va fatta anche una considerazione legata ai vincoli del patto di stabilità interno che ci sono stati imposti dal Fiscal Compact, che noi contestiamo ma che ancora non è stato superato. In questo momento storico, dunque, si rende necessario non gravare sul deficit pubblico, cosa che invece sarebbe accaduta nel caso di creazione di un soggetto di diritto pubblico. Il nuovo soggetto non dovrà sottostare ai vincoli previsti invece per enti pubblici, il cui bilancio rientra in quello statale, e non dovrà far fronte al peso dei debiti pregressi: la sola esposizione finanziaria di Eipli legata ai contenziosi ancora aperti ammonta a 80 milioni.

Separare le sorti dell’Ente in liquidazione da quelle del soggetto in procinto di essere costituito agevola la sostenibilità economica, finanziaria e patrimoniale. Accelerano così le procedure per la chiusura della fase liquidatoria, senza che da questa possa derivare alcun profilo di danno per la società (considerando che i crediti di cui è titolare l’Ente sono molto inferiori rispetto ai debiti relativi ai contenziosi in essere).

A questo di aggiunga che la forma della Spa consente di garantire il passaggio degli attuali 150 lavoratori di Eipli al nuovo soggetto senza la necessità di un nuovo concorso, conservando così anche le competenze tecniche e il patrimonio di esperienza professionale maturato negli anni.

A chi ci accusa di percorrere e perpetrare la “via neoliberista dei passati governi” rispondiamo che al contrario abbiamo messo un freno all’assetto prefigurato dai precedenti governi Monti e Gentiloni e che abbiamo bloccato ogni tentativo che andasse nella direzione dell’ingresso di privati e speculatori nella gestione delle infrastrutture e delle risorse idriche. Siamo riusciti anzi a potenziare la presenza dello Stato in un settore complesso e con gravi carenze come quello delle grandi infrastrutture idriche di adduzione, captazione e distribuzione del distretto dell’Appennino Meridionale.