Ci serve del tempo, puntiamo ancora a un’Italia diversa

Di seguito la lettera di Beppe Grillo al Fatto Quotidiano

Caro direttore, nonostante la storia di questi ultimi mesi sia stata raccontata come una brutta favola, non una cronaca, possiamo comunque affermare che sia sotto gli occhi di tutti. Si è trattato quasi unicamente di propaganda mainstream contro il movimento, una narrazione che ha determinato la sistematica distorsione della volontà popolare, talk show dopo talk show, falsità dopo falsità. Siamo abituati a trovarci costantemente dalla parte “sbagliata” di questa nazione, resistendo a ogni genere di attacco con fierezza. Quella parte che vorrebbe il Paese fuori dalle sabbie mobili culturali ed economiche che lo imprigionano da troppo tempo.

SIAMO CRESCIUTI con una velocità incredibile, lanciati contro nidi di mitragliatrici mediatiche e continui capovolgimenti di scena, da parte di vecchi parrucconi e starlette. Il mondo occidentale sta subendo un processo di degenerazione nel quale non è prevista alcuna forma di Europa diversa da una banca. È il “pensiero unico”, che presenta alla gente sempre e soltanto un parametro vitale alla volta di questo Paese ammalato. È incredibile che le regole del gioco siano stabilite solo e sempre da chi dà le carte, ma è così. E chi dà le carte non cambia mai: sempre il più forte, se sono utilizzati i parametri giusti per rappresentarlo come tale. Ed ecco quei dotti ragionamenti, pieni di buon senso con il ghigno, talmente sensati da rendere presentabile il paradosso che, se ci mettessimo a costruire delle piramidi, come il Tav, daremmo lavoro alle persone. Per costruire un buco lunghissimo che non serve adesso (e non è previsto che servirà mai), si muovono in tanti. E un altro Mose, ma ancora più assurdo e costoso, rifletteteci: è questo il percorso che deve fare un Paese indebitato? Un Paese che ha la ricchezza privata più alta? La seconda industria manifatturiera d’Europa… Costruire piramidi? Persino il ponte sullo Stretto di Messina sarebbe una cosa più utile. Non siamo riusciti a determinare un’alternativa? Non è bastato il primo tentativo in Italia di analizzarne i costi e i benefici? Mettere in campo la prima legge anticorruzione davvero severa in questo Paese, pensare agli ultimi, appoggiare la Lega su quota 100? Sugli “alleati di governo” non c’è nulla da dire, hanno semplicemente riempito lo spazio dei timori seminato da decenni di follie. Si comportano come un fiume che riempie un lago, un fenomeno naturale, sempre lo stesso, quando la gente si fa convincere di avere paura. Non importa se il lago tracimerà, nulla importa se tanta gente dà loro fiducia nonostante un rapporto matematico fatti/parole che vuole più zeri dietro alla virgola del peso di una particella subatomica.

MA LA DOMANDA RESTA: e adesso? Qual è il futuro del movimento? Siamo a una svolta storica di qualche tipo, oppure sarebbe stato sufficiente reperire uno Zingaretti qualsiasi e piazzarlo lì all’ultimo momento prima delle Europee? Offerto come uno straccio per cancellare la memoria degli ultimi anni (basta così poco??) insieme alla ragione che aveva portato molti italiani a scegliere noi. Sceglierci per cominciare a cambiare insieme, invece di inseguire le demenziali conseguenze del triste periodo di alternanza Pd-FI. Non siamo nati per mettere delle toppe arricchendo appaltatori e sospetti topi notturni. Il nostro futuro è il lavoro che servirà a riparare quello strappo con la nostra storia, l’essere saliti su di un ring dimenticando di mantenere, e rinforzare, il rapporto con chi ci ha proiettato su quel ring. Soltanto un’Italia diversa, che ricostruisce i suoi fondamentali investendo in infrastrutture e pulizia dei suoi mari, che decide quanta industria e quanto del suo splendore la ricostruiranno, uscirà dal degrado forchettone nel quale si è cacciata. Per fare questo dobbiamo ricominciare dall’inizio, non siamo una di quelle aziende che vi ristruttura il cesso in quattro ore. Chi si è abituato al retrogusto di armadio vecchio delle poltrone ci resti pure, ma in silenzio. Chi vive e parla deve riprendere da capo la nostra storia. Se non manterremo noi, per primi, la promessa di essere biodegradabili non avremo fatto nessuna differenz(iat)a.