Il lavoro che cambia. A colloquio con il robot

C’è una funzione aziendale che è strettamente connessa al tema del futuro del lavoro, che stiamo approfondendo ormai da alcune settimane in questa rubrica del lunedì. Si tratta delle funzione Risorse Umane. Quanti di noi hanno avuto a che fare con i colleghi dell’HR? A cominciare dal primo colloquio per un nuovo lavoro, per finire che tutti quei delicati passaggi che hanno segnato il nostro avanzamento di carriera, oppure una ricollocazione o riqualificazione. Un team dalle funzioni complesse che vorremmo avere nostro alleato nella vita aziendale, ma che non sempre riesce a esaudire i nostri desideri. O almeno così è stato fino a ora. Perché adesso, anche l’ambito della gestione del personale sta cambiando grazie all’introduzione dell’intelligenza artificiale. Sono sempre di più, infatti,  le aziende che stanno sperimentando soluzioni in grado di automatizzare alcune attività e suggerire posti di lavoro ai potenziali candidati. IBM, per esempio, impiega 350mila dipendenti in tutto il mondo e riceve in media 8000 cv al giorno. Grazie all’uso dell’AI Watson, riesce a prevedere quali dipendenti stanno pensando di cambiare lavoro con una precisione del 95%. In questo modo IBM può intervenire preventivamente con azioni mirate che hanno l’obiettivo di far cambiare idea la dipendente prima che annunci la sua intenzione di lasciare l’azienda. L’amministratore delegato di IBM Ginni Rometty ha dichiarato che con l’implementazione di questa tecnologia, IBM ha ridotto del 30% il reparto HR a livello globale, nel contempo le posizioni sopravvissute alla “dieta” hanno retribuzioni e mansioni più elevate. L’AI supporta l’ufficio risorse umane proprio nel compito più difficile: capire quali abilità ha il lavoratore e come e dove può essere utile all’azienda, concentrandosi sui suoi punti di forza. Non solo: attraverso l’assistente virtuale MyCA (My Career Advisor) aiuta i dipendenti a identificare i punti deboli sui quali devono aumentare le loro competenze.

Nel 2017 Ernst & Young ha lanciato il chatbot con intelligenza artificiale “Goldie” che da allora ha risposto a oltre 2,2 milioni di domande da parte dei dipendenti in 138 paesi: dalla previdenza, alle agevolazioni familiari, dalla maternità ai corsi di formazione. L’azienda, che assume circa 65.000 persone all’anno, sta ora valutando i modi per utilizzare l’intelligenza artificiale per aiutare lo staff delle risorse umane a selezionare candidati qualificati, ma anche per offrire raccomandazioni personalizzate per programmi di formazione che potrebbero essere utili per lo sviluppo della carriera. La selezione e lo sviluppo dei talenti, d’altra parte, è un tema cruciale per le aziende. Secondo il report 2018 della società di selezione del personale Korn Ferry, entro il 2030 ci sarà una carenza di talento globale stimata di oltre 85,2 milioni di persone, il che potrebbe tradursi in 8,45 miliardi di dollari di mancate entrate per le aziende.

Nonostante queste esperienze positive, secondo un recente report prodotto da Oracle, solo il 6% dei team HR sta implementando attivamente soluzioni automatiche e in media, le aziende perdono il 17% dei nuovi assunti entro i primi tre mesi e molti di questi dichiarano che un processo di ingresso nella nuova realtà aziendale più strutturato avrebbe fatto la differenza. Anche in questo caso, l’introduzione dell’intelligenza artificiale può migliorare  l’incontro tra lavoratore e mansioni che meglio rispondono ai suoi interessi e ai suoi punti di forza. Automatizzando inoltre i primi processi, come per esempio quello del primo colloquio, l’AI può liberare risorse per lo sviluppo di progetti e percorsi che incentivino il talento e lo attraggano. Nell’economia del talento, d’altra parte, il futuro delle aziende dipenderà anche dalla loro capacità di attrarre e di trattenere dipendenti eccezionali.