Dallo scalpellino al cobot. Quando umani e robot lavorano fianco a fianco

Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Federazione Internazionale della Robotica, i robot installati nelle fabbriche nel 2017 sono stati 387 mila, un dato in crescita di oltre il 30% sull’anno precedente, e le previsioni sono che nel 2020 i robot installati saranno oltre 3 milioni, cioè quasi decuplicati.

Abbiamo già approfondito nelle scorse settimane gli effetti che questa introduzione massiva di automazione nelle fabbriche avrà sul lavoro e in particolare abbiamo raccontato il caso di Tesla, dove l’introduzione dei robot Kuka hanno certamente migliorato la produzione abbassando i costi, ma hanno anche determinato una drastica riduzione del personale umano. Gli stessi robot Kuka, che, insieme agli altri big del settore Fanuc, Comau e Universal Robots, stanno trainando la crescita dell’automazione a livello mondiale, possono essere impiegati in molti altri settori, non soltanto in quello automobilistico, ma anche in quelli con una più lunga e consolidata tradizione di lavoro manuale, come quello della lavorazione della pietra. Se avete letto “I pilastri della Terra” di Ken Follett, avrete certamente ben presente il duro lavoro degli scalpellini e degli intagliatori, che ha avuto un ruolo centrale nella storia dell’architettura e del design per secoli e lo è ancora oggi.

Anche i lavori manuali e artistici possono però beneficiare dell’introduzione dell’automazione. E non sono immuni da trasformazioni. L’esperienza della Old World Stone, un’azienda che produce pietra da taglio da oltre 30 anni e oggi è uno dei principali fornitori negli Stati Uniti, ci è sembrata emblematica. In questo tipo di attività, infatti, l’impiego di scalpellini e intagliatori con un’alta esperienza professionale è ancora oggi fondamentale e determina il successo o l’insuccesso di mercato. Il loro è un tipo di lavoro che unisce abilità manuale e creatività e i professionisti qualificati non sono semplici da trovare. Si tratta però anche di un lavoro usurante e che può avere conseguenze negative per la salute, a causa della continua esposizione alla polvere di marmo e ad altri residui di lavorazione.

Circa due anni fa, la Old World Stone ha deciso di investire in innovazione, introducendo tecnologie all’avanguardia che utilizzano disegni computerizzati uniti a sistemi automatizzati per tagliare e intagliare. In una intervista, Laurie Wells, vicepresidente vendite e marketing dell’azienda, ha dichiarato che la scelta di introdurre sistemi automatizzati in un processo produttivo così tradizionale è stata necessaria per rimanere competitivi sul mercato, aumentando la velocità di produzione e abbattendone il costo.

L’azienda ha così introdotto i robot Kuka programmati per svolgere il lavoro preliminare di sgrossatura del blocco e della prima fase di intaglio. Come la stessa azienda racconta, inizialmente, i lavoratori si sono opposti all’introduzione dei robot, poiché credevano che avrebbero rimpiazzato gli abili scultori e intagliatori impiegati nella struttura, ma in breve tempo si sono ricreduti. Il risparmio di tempo, infatti, non è stato l’unico vantaggio che l’azienda ha ricavato dalla loro introduzione.

L’uso dei robot Kuka ha reso, infatti, il lavoro in azienda meno complicato e soprattutto meno pericoloso, consentendo a molti giovani di avvicinarsi a questo mestiere anche senza esperienza. Tra i lavoratori della pietra sono diffusi problemi alle articolazioni e alla circolazione sanguigna nelle mani, a causa delle continue vibrazioni a cui sono sottoposte con l’uso dei tradizionali strumenti di fresatura e intaglio. Con l’impiego dei robot che sono in grado di svolgere tutto il lavoro di sgrossatura e fresatura iniziale del blocco, agli intagliatori non resta che aggiungere il tocco creativo e di rifinitura, meno usurante e certamente più soddisfacente. In media, i pezzi impiegano una giornata e mezza di lavorazione per l’intero processo di produzione, contro i 4-5 giorni tradizionali. Il tema della sicurezza sul luogo di lavoro, d’altra parte, è emerso in vari studi e ricerche. Nel rapporto Aidp-Lablow 2018 elaborato da Doxa su “Robot, IA e lavoro in Italia” questa è stata identificata come la prima ragione di introduzione di robot nei sistemi produttivi per le aziende italiane (93%). Sebbene il rapporto registri un significativo ottimismo tra manager e imprenditori sulle potenzialità di questa evoluzione dal punto di vista della produttività, resta la preoccupazione proprio sui lavori e sulle mansioni meno specialistiche e più a basso costo (81%), che rischiano di restare escluse dal mercato del lavoro. Il 75% degli intervistati si è detto preoccupato per la perdita di posti di lavoro. Per il momento  non è stato il caso della Old World Stone, che, come ha dichiarato Laurie Wells nell’intervista, ha potuto prendere nuove commesse anche per progetti complessi che in precedenza non avrebbe potuto accettare per costi, tempi di produzione e manodopera necessaria.

L’esperienza di questa azienda ci porta però a una riflessione ulteriore sul rapporto tra lavoratori umani e macchine, che è quello della collaborazione. I cobot (o co-robot), d’altra parte, sono già una realtà in molte aziende. Si tratta dei robot collaborativi, cioè in grado di interagire e collaborare con i dipendenti in un unico spazio lavorativo e, sempre nel rapporto elaborato da Doxa, il 56% degli intervistati pensa che il modo corretto di introdurre i robot in azienda sia proprio farlo in chiave collaborativa e non sostitutiva con i lavoratori umani. I cobot sono stati inventati nel 1996 da J. Edward Colgate e Michael Peshkin, due professori della Northwestern University dell’Illinois, ma già qualche anno prima la General Motors aveva finanziato un progetto per la creazione di macchine intelligenti in grado di interagire in modo complesso con le persone. Negli ultimi 10 anni sono molti i produttori che hanno investito in ricerca e sviluppo in questa direzione, che viene considerata il futuro della robotica industriale e oggi è uno dei segmenti a più rapida crescita nel settore (+ 60% nel 2018). La prossima fase dell’innovazione tecnologica industriale sarà infatti la Human Robot Augmentation (HRA), che implica la programmazione dei cobots come estensione di un lavoratore umano in grado però di fornire una precisione e una sensibilità maggiori.