Tagliapoltrone approvato in Senato: risparmieremo mezzo miliardo con 345 parlamentari in meno

GIANLUCA PERILLI SUL TAGLIA POLTRONE

Noi non pensiamo a riforme rivolte a noi stessi, a differenza di chi ci ha preceduto, ma a beneficio della collettività!In diretta dal Senato, la dichiarazione di voto sul #TagliaPoltrone del nostro Gianluca Perilli. Collegatevi!

Pubblicato da MoVimento 5 Stelle su Giovedì 7 febbraio 2019

Con il disegno di legge di revisione della Costituzione per la riduzione del numero dei parlamentari deputati e senatori diminuiranno di circa 1/3. Dagli attuali 945 a 600. Così facendo adeguiamo l’Italia alla media dei principali paesi europei e otteniamo allo stesso tempo un risparmio per le tasche dei cittadini stimabile in 100 milioni di euro l’anno. 500 milioni a legislatura. Per essere più chiari: 300 mila euro al giorno! Quello che secondo il senatore del Pd Mirabelli è “appena un po’ di risparmio”.

Inizia così il percorso parlamentare che persegue l’obiettivo storico tante volte mancato nelle legislature che ci hanno preceduto. È sicuramente e soprattutto una prova di maturità, di libertà e di indipendenza di questo Parlamento di cui tutti in questa Aula un giorno andremo fieri. È un segnale forte che si dà al nostro Paese oltre che un impegno specifico preso nel nostro programma. Si ridisegna così un Parlamento agile, moderno, aperto e capace di guardare al suo interno, di ragionare sulle proprie prerogative, di mettersi in discussione fin anche e a partire dalla sua composizione, senza condizionamenti e (si spera) libero da interessi di parte. Diversamente ci troveremmo dinanzi all’immagine avvilente e anacronistica di un Parlamento che ignora le nuove esigenze che si formano al di fuori di esso, ripiegato a mantenere intatti i propri interessi – che in questo caso coincidono con le poltrone – in una sorta di auto conservazione che sa di immobilismo, di fuga dalla realtà.

Si ridisegna dunque un Parlamento più snello e lo si fa senza stravolgere l’attuale impianto costituzionale, attraverso una riforma mirata e perfettamente attuabile come in un passato anche recente non è avvenuto. Non è una prova di coraggio o di forza ad ispirare la nostra riforma. Come d’altra parte spero non sia un sentimento di paura o di conservatorismo a guidare chi si oppone ad essa. Non può e non deve esserci una simile contrapposizione nelle riforme costituzionali, un simile braccio di ferro. A muoverci deve essere invece la determinazione e l’onestà intellettuale di chi, sapendo che da anni si chiede molto a coloro i quali sono fuori da quest’aula, mentre inizia a invertire la rotta nelle politiche economiche, vuole restituire ai cittadini un messaggio chiaro e allo stesso tempo semplice: sobrietà e efficienza. Se, impegnati come siamo nella costruzione di uno Paese migliore, chiediamo un esame di coscienza agli altri, dobbiamo essere in grado di farlo anche su noi stessi. Se siamo convinti che la composizione di un consiglio di amministrazione o l’organico di un ente pubblico sono eccessivi o dispendiosi e per questi motivi decidiamo di ridurli, dobbiamo essere capaci di utilizzare per noi lo stesso metro di giudizio, pur consapevoli dell’importanza e della peculiarità dell’attività legislativa. E in questo modo si colma la distanza che per molti anni si è creata tra la società e la politica parlamentare. Solo così diventeremo credibili e coerenti. È indispensabile agire qui dentro come fuori. Se una cosa è giusta qui lo è anche fuori di qui. Diversamente si verrebbe a costituire un sospetto da parte di coloro i quali si attendono da chi li governa scelte indipendenti e libere. Il sospetto che queste ultime vengano prese per proteggere una posizione che nel tempo ha assunto le forme di un vero e proprio privilegio. Questa maggioranza ha già dimostrato con i fatti di rifiutare un simile impostazione. Lo ha fatto tagliando i vitalizi mai messi in discussione nelle precedenti legislature dalle maggioranze di ogni parte politica, lo sta facendo adesso con la riduzione del numero dei parlamentari, non temendo di perdere come si dice “la poltrona”.
Non è sulla paura, Colleghi, che si costruiscono i cambiamenti. Ma aprendosi al nuovo corso delle cose, all’osservazione pacata e serena della realtà, all’analisi del nostro ruolo e di quel che siamo in grado di offrire in nome di una utilità comune.

Non è tuttavia mia intenzione convincervi della bontà della proposta basandomi sulla paura di chi vi si oppone come argomento di discussione. Lo abbiamo sempre detto e ripetuto. Le riforme costituzionali necessitano di ascolto e larga condivisione, sia per essere approvate sia per poter poi trovare in seguito la giusta e concreta applicazione.
Alle nostre spalle, lo ricordavo all’inizio del mio intervento, c’è un lungo elenco di tentativi legislativi fatti da altre forze politiche e andati a vuoto. Noi ci stiamo mettendo il massimo dell’impegno e pensiamo che questa sia un’occasione unica anche per le altre forze politiche per condividere con noi un passaggio tanto significativo e che, è indiscutibile, desta un forte interesse tra i nostri concittadini.

Fermando la nostra ricerca storica alla XIII legislatura, quella iniziata nel 1996, notiamo come da allora ad oggi, nelle due Camere, siano stati presentati quasi 90 disegni di legge in materia. In due casi la proposta di revisione costituzionale è approdata fino al suo ultimo passaggio, il referendum popolare confermativo. Nel 2006 e nel 2016. E in entrambi i casi i cittadini dissero No. Dissero forse no alla riduzione del numero dei parlamentari? Mi sento di escluderlo. Dissero no ad un complesso di modifiche costituzionali a mio avviso sbagliate, facendo un bilancio complessivo, e che stravolgevano la nostra Carta fondamentale. Ma soprattutto espressero il loro dissenso verso un metodo che si è rivelato fallimentare oltre che limitante rispetto al diritto dei cittadini di poter realmente incidere sul processo legislativo. Mi riferisco ai progetti di riforma costituzionale in cui in un unico disegno di legge sono contenute modifiche che riguardano ambiti molto diversi dell’ordinamento, un insieme eterogeneo di temi. Per due volte gli italiani si sono trovati costretti a dover dire sì o no a tutto il pacchetto, senza poter distinguere tra i vari argomenti.

Quello che mi sorprende è che i colleghi del Pd, imperterriti, propongono di far rientrare dalla finestra la mega riforma travolta dal 60% dei No al referendum! Con i loro emendamenti vogliono di nuovo mettere in discussione le funzioni delle due Camere. Quindi con uno strumento che dovrebbe servire a perfezionare un disegno di legge, e cioè l’emendamento, vorrebbero invece trasformare questa proposta semplice in un nuovo calderone indefinito che ribalta una parte della Costituzione. E con questa scusa non danno il loro assenso al taglio del numero dei parlamentari. La verità, cari colleghi del Pd, è che voi non avete mai elaborato la sconfitta del 4 dicembre e continuate a voler imporre all’Italia un pastrocchio costituzionale che per fortuna è finito in soffitta. Quando sento il collega Rampi citare il mito di Icaro mi viene da sorridere: è esattamente la parabola di Matteo Renzi, che per volare troppo in alto si è avvicinato al Sole ed è precipitato sotto i colpi dei suoi stessi errori. Doveva fermarsi, cara collega Valente. Dovevate fermarvi voi! Noi stiamo procedendo con calma e con una manutenzione virtuosa della Costituzione. Sorrido anche pensando al senatore Faraone che si è addirittura avventurato in una previsione elettorale: secondo lui se il Movimento 5 Stelle avesse sostenuto la riforma Renzi-Boschi in questa legislatura avrebbe potuto governare da solo, senza un accordo di governo con la Lega. A parte il fatto che, al contrario, sono persuaso del fatto che la nostra battaglia a difesa della democrazia e della Costituzione abbia convinto tanti elettori, ma siamo di fronte alla dimostrazione del fatto che noi non agiamo per tornaconto di parte ma in base a ciò che riteniamo giusto per l’interesse collettivo.
Infine, lo dico al senatore Zanda, ci vuole veramente del coraggio a dire che noi stiamo stravolgendo la Costituzione! Nella scorsa legislatura lei, in questo Senato, da capogruppo del Pd ha guidato con un rigore quasi militare l’iter della pessima riforma costituzionale del generale Renzi. Due lunghi anni, andando avanti come uno schiacciasassi! E viene a parlarci di stravolgimento per la nostra proposta di poche righe che riduce solo i posti a sedere di queste aule? Quanto alla regia delle nostre riforme, al senatore Zanda basterà leggere il contratto di governo, è tutto scritto chiaramente.

Noi stiamo procedendo in modo esattamente opposto al Pd: le aule della Camera e del Senato in queste settimane sono chiamate ad esaminare diversi disegni di legge di revisione costituzionale, ognuno centrato su un solo tema. Per ognuno di essi chiediamo che si esprimano i parlamentari e i cittadini. La Camera sta esaminando la proposta per l’introduzione del referendum propositivo. Trovo appropriato che il testo sia stato modificato in aula anche grazie al contributo delle opposizioni: quello sul nuovo quorum approvativo è un ottimo punto di arrivo. Lo stesso quorum varrà anche per il referendum abrogativo: stiamo ridando significato e valore alla partecipazione dei cittadini. La democrazia diretta è un’innovazione indispensabile, non rendersene conto significa coprirsi gli occhi di fronte a una grande evidenza: non è tempo di deleghe in bianco, in tutta Europa monta da anni un sentimento di rabbia perché tante persone si sono sentite escluse dal circuito decisionale, si sono visti passare sopra la testa scelte che hanno inciso profondamente sulla loro vita, spesso purtroppo cambiandola in peggio. Il Movimento 5 Stelle questo lo ha capito ormai molto tempo fa. Adesso che siamo al governo stiamo dando una risposta vera a questa voglia di partecipazione.

Con il disegno di legge all’esame oggi in quest’aula stabiliamo un numero più ragionevole di componenti della Camera e del Senato. Nel dibattito su questo argomento si passa troppo spesso da due estremi ugualmente sbagliati: da una parte c’è chi sostiene che vanno benissimo gli attuali 945 parlamentari; dall’altra alcuni andrebbero ben oltre il dimezzamento del numero, veicolando di fatto un messaggio di scarsa utilità del Parlamento. Noi che crediamo nell’integrazione tra la democrazia diretta e quella rappresentativa, proponiamo di passare da 945 a 600. Voglio ricordare a tutti un aspetto che forse è poco noto: originariamente la Costituzione, così come scritta dai padri costituenti, non prevedeva un numero esatto di membri della Camera e del Senato. Nella formulazione originaria il numero dei parlamentari era determinato in misura fissa in rapporto con la popolazione. Fu la successiva legge costituzionale del 9 febbraio del 1963 n. 2 a stabilire la formula 630 + 315. A dimostrazione del fatto che non esiste un numero perfetto ma che si deve individuare una soluzione coerente con le esigenze istituzionali dell’epoca, con i principali modelli europei e anche con il sentimento diffuso tra gli italiani. Sì, anche questo è importante: i cittadini ci chiedono sobrietà e efficienza. Questo provvedimento contribuisce a determinare un risparmio tutt’altro che indifferente di circa 100 milioni di euro l’anno. 500 milioni a legislatura, poco più di quanto abbiamo appena stanziato per le piccole opere pubbliche nei Comuni. E tutti noi che oggi siamo senatori sappiamo che con meno parlamentari l’attività legislativa procederebbe in modo più fluido.

Un numero più ragionevole di componenti delle Camere è anche una garanzia rispetto al pericolo, paventato dalle opposizioni, di colpire così la rappresentatività. Non è vero, nessuno più del Movimento 5 Stelle è attento alle istanze dei cittadini. Con questa modifica costituzionale ci allineiamo agli standard dei principali paesi europei nel rapporto tra eletti ed elettori. A proposito di rappresentatività: dobbiamo tenere in grande considerazione come dal 1963 a oggi sia cambiato il mondo della comunicazione e con esso il modo di fare politica. Negli anni 60 il rapporto tra gli eletti e i loro elettori si basava esclusivamente sul rapporto ravvicinato, occhi negli occhi potremmo dire. Si doveva percorrere ogni metro del territorio per ascoltare veramente le persone. Oggi questo contatto non deve sparire, proprio il Movimento 5 Stelle gli ha ridato vigore, ma sicuramente si deve integrare con l’uso della rete nelle sue varie forme. Un parlamentare che abbia serietà e organizzazione è in grado di rappresentare una fetta più vasta di territorio e di cittadini.
Un collega di una forza di opposizione nei giorni scorsi mi ha detto: “ma veramente voi del M5S volete fare questo taglio? Sareste quelli che ci perderebbero di più”. Caro collega, rispondo in pubblico alla tua domanda fatta in privato: Ebbene sì, possiamo affermare che stiamo veramente dando priorità all’interesse collettivo rispetto a quello personale. Tagliamo le poltrone su cui siamo seduti. Decidere sul proprio status è una grande dimostrazione di indipendenza e autonomia per il Parlamento e anche per ogni singolo.
Invito tutti i colleghi a farlo, i cittadini ce ne saranno grati. Noi lo facciamo sicuramente e per questo annuncio il voto favorevole del Movimento 5 Stelle.