La blockchain e il futuro del lavoro

Quello sul futuro del lavoro è un dibattito fondamentale per il nostro Paese. In che modo una tecnologia come la blockchain può fare da volano all’occupazione? Lo abbiamo chiesto a Marco Scialdone, docente di diritto e mercati dei contenuti e servizi online presso l’Università Europea di Roma e componente del Gruppo di Lavoro sull’Intelligenza Artificiale istituito al MiSE.

 

 

In un mondo del lavoro che cambia, che ruolo può avere la blockchain per migliorare le cosiddette politiche attive e aumentare il numero di occupati?

Se si prendono in considerazione le caratteristiche salienti della blockchain (utilizzando tale espressione in senso ampio e, dunque, comprensiva sia delle blockchain permissionless che quelle permissioned) è facilmente intuibile perché essa possa assumere un ruolo importante anche nel settore delle politiche attive del lavoro. Siamo in presenza, infatti, di una struttura dati decentralizzata, condivisa e immutabile che consente di registrare in modo sicuro, attendibile, temporalmente definito frammenti di informazioni e che può essere gestita in sicurezza da una pluralità di soggetti in ambienti caratterizzati da bassa fiducia o interessi non necessariamente convergenti.

 

Facciamo un esempio concreto, anche in relazione a un altro importante tema: quello della cittadinanza digitale.  

Così definita, la Blockchain può rappresentare un valido ausilio per costruire e alimentare il fascicolo elettronico del lavoratore, facendovi confluire i dati in possesso dei diversi nodi della rete (gli attori pubblici e privati del mercato del lavoro) e tracciando pertanto, in modo sicuro e affidabile, la formazione fruita dal lavoratore, i sussidi percepiti, i periodi lavorativi ecc. Una sorta di “macchina della verità” (per citare il titolo del bel libro di Micheal J. Casey e Paul Vigna, dall’efficace sottotitolo “la Blockchain e il futuro di ogni cosa”) che nessuna singola persona o istituzione può manomettere e che viene alimentata da una pluralità di fonti le quali concorrono alla costruzione della catena, inserendo ciascuno, per la parte di propria competenza, i dati e le registrazioni riguardanti il singolo lavoratore nel singolo blocco.

 

Che impatto può avere tutto ciò sulla realizzazione del reddito di cittadinanza?

Si può comprendere come un simile traguardo sia fondamentale per il successo di una misura come quella del reddito di cittadinanza, recentemente varata dal Governo, perché la completezza delle informazioni sul destinatario della misura e la possibilità di accedervi in modo unitario da tutti i soggetti coinvolti nel processo di erogazione del sussidio/ricollocazione lavorativa sono la precondizione per garantire la sostenibilità economica nel lungo periodo dell’operazione. L’utilizzo di una blockchain c.d. permissioned (cioè, autorizzata) potrebbe, in sintesi, consentire di superare quelle resistenze che finora hanno rallentato la messa in atto del fascicolo elettronico del lavoratore e offrire adeguate garanzie sotto il profilo della tutela della riservatezza dei dati trattati.

La discussione sulla tecnologia e sul futuro del lavoro è troppo spesso dominata dall’idea dell’automazione e distruzione del lavoro…

Sia ben chiaro è un fenomeno che esiste e che porterà a radicali cambiamenti, tanto da imporre sin da oggi, a mio avviso, l’obbligo di ragionare su misure come il reddito universale di base. Tuttavia, ci possono essere angoli di visuale differenti: la blockchain, nell’immediato, se correttamente inserita nel panorama delle politiche attive è in grado di responsabilizzare i lavoratori e rendere tali politiche più trasparenti, più eque e più efficaci.