Stop alle trivelle: una questione di sovranità nazionale e sviluppo

Lo stop alle trivelle è una battaglia per la sovranità nazionale. Io alla mia terra ci tengo. All’Italia ci tengo. Al mio mare ci tengo. E non ho alcuna intenzione di svendere nulla ai petrolieri del resto del mondo. Collegatevi!

Pubblicato da Luigi Di Maio su Venerdì 25 gennaio 2019

Il 2019 è appena iniziato e iniziano a vedersi i primi risultati di quello che stiamo facendo al governo. Stiamo ricostituendo una cosa che in Italia mancava da anni: lo Stato Sociale. Abbiamo approvato il Reddito di Cittadinanza, la pensione di cittadinanza per mezzo milione di persone, quota 100. Ma non abbiamo intenzione di limitarci a questo. Questa era la cosa più importante perché, soprattutto in periodi di crisi, nessuno deve rimanere indietro, soprattutto gli ultimi. Ma il nostro Paese ha bisogno anche di crescere, di rafforzarsi, di svilupparsi. Uno sviluppo che non è quello a cui siamo stati abituati, ancorato al passato. Ma uno sviluppo sostenibile, proiettato al futuro. Quindi più posti di lavoro, più opere,  ma meno danni all’ambiente, alle persone, al paese.

Non ci avete votato il 4 marzo per lasciare tutto così com’era. Ci avete votato per il cambiamento. Ed è a quella richiesta di cambiamento che stiamo rispondendo. Ci stiamo lavorando e continueremo a farlo. Un passo importante per questo cambiamento nel modello di sviluppo è lo stop alle Trivelle. Ieri in commissione al Senato è stato approvato l’emendamento che blocca 150 trivellazioni. Lo stop alle Trivelle non vuol dire meno sviluppo, ma uno sviluppo diverso che crea più occupazione. Il PD vi diceva “trivelliamo il nostro mare”, facciamo guadagnare qualche petroliere che poi magari ci finanzia la campagna elettorale. Il turismo? Amen. L’inquinamento? Amen. Tenete presente che dove esistono le trivellazioni, vedi Basilicata e Sicilia, non hanno portato ricchezza nè benessere: nessuna ricchezza in Basilicata. Nessuna in Sicilia. Eh ma – direte – i posti di lavoro…

Secondo i dati del Cresme, un miliardo di euro investito in fonti fossili crea 500 posti di lavoro. Quello stesso miliardo investito in energie rinnovabili ed efficientamento energetico crea fino a 13 mila posti di lavoro. È chiaro dove investire. Io non ho dubbi, si investe dove si creano più posti di lavoro. Secondo l’Irena – che è l’agenzia internazionale per le Energie Rinnovabili – ah, a proposito adesso c’è un italiano a capo, il dott. Francesco La Camera – dicevo, secondo l’Irena il numero degli occupati nelle rinnovabili in tutto il mondo è in aumento: il 30% in 5 anni. Numeri da capogiro. L’Italia con tutto il sole e il vento farebbe cifre record. Certo, bisogna avere il coraggio di dire la verità e di cambiare. E come vi dicevo, il nostro paradigma di sviluppo è sostenibile e proiettato al futuro. E poi, e mi rivolgo a voi italiani: non possiamo rischiare che il nostro mare, che è un mare chiuso, specialmente l’Adriatico, venga ricoperto di petrolio come è accaduto in tanti posti del mondo. Puntiamo sul sole e sulle rinnovabili.

Il sistema e la maggioranza dei media stanno cercando di convincervi che:

1. Il petrolio estratto serve a coprire il fabbisogno italiano: FALSO. Il petrolio estratto viene per lo più venduto all’estero da multinazionali estere. Solo il 7% resta in Italia, mentre il 93% se ne va all’estero. E ci guadagnano le solite lobby. È una battaglia di sovranità nazionale.
2. Le trivellazioni creano tanti posti di lavoro. FALSO: investire nelle fonti rinnovabili crea 10 volte più posti di lavoro.
3. Guadagniamo molto dalle tasse pagate dalle compagnie petrolifere. FALSO: l’Italia è uno dei Paesi che fa pagare meno tasse alle compagnie petrolifere. Quindi a noi resterebbero spiagge e mari distrutti, inquinamento, turismo fermo e non avremmo nemmeno i vantaggi. Intanto ora le abbiamo aumentate di 25 volte per pagare le eventuali penali a quelli a cui sospendiamo le licenze.

Le trivellazioni sono un attacco agli italiani e al nostro mare. Il danno causato da un solo incidente al nostro turismo e all’immagine del nostro Paese sarebbe un danno incommensurabile, da cui ci vorrebbero decenni per riprendersi. Pensate a Venezia, alla sua bellezza e ai rischi inaccettabili che corre.
Io alla mia terra ci tengo. All’Italia ci tengo. Al mio mare ci tengo. E non ho alcuna intenzione di svendere nulla ai petrolieri del resto del mondo. Sviluppiamo questo Paese, in maniera sostenibile e proiettati al futuro per creare più lavoro, e più felicità.