Per i mafiosi non c’è più spazio

46 arresti e uno in particolare, quello di Settimo Mineo, rappresentano uno dei più duri colpi inflitti dallo Stato alla mafia. Mineo era stato infatti eletto “erede” di Totò Riina dopo la sua morte. Per questa gentaglia in Italia non c’è più spazio. Grazie ai Carabinieri e al pool di magistrati che hanno portato a termine questa grande operazione!

da ilfattoquotidiano.it

Cosa Nostra era tornata all’antico per eleggere il nuovo capo dei capi. Dopo la morte di Totò Riina, i capi mandamento avevano rimesso in piedi la Commissione provinciale per stabilire chi sarebbe stato l’erede del padrino di Corleone, morto poco più di un anno fa. E avevano scelto Settimino Mineo, 80 anni, ufficialmente gioielliere, con un “curriculum” mafioso lungo decenni. Né Matteo Messina Denaro né nuove leve: la Cupola – mai convocata dall’arresto di Riina, l’unico che poteva riunire il gran summit del gotha mafioso siciliano, aveva deciso di ripartire da un ottuagenario che negli anni aveva mostrato fedeltà e discrezione.

È quanto ricostruito dall’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato al fermo di Mineo e di altre 45 persone. Dopo il decesso di Riina nel carcere di Parma il 17 novembre 2017, stando a quanto accertato dai magistrati guidati da Francesco Lo Voi, Mineo era stato designato al vertice della Commissione provinciale il 29 maggio scorso: segno che i clan avevano scelto di tornare alla struttura unitaria di un tempo.

Secondo quanto accertato nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano, la commissione era tornata a vedersi e aveva scelto Mineo come nuova guida, probabilmente con cerimonia dei pizzini. A conferma di quanto sostenuto da diversi inquirenti, quindi, l’erede di Riina non è Matteo Messina Denaro, la cui influenza resterebbe confinata al mandamento di Trapani”. Cosa Nostra aveva deciso di affidarsi piuttosto a un anziano padrino che – come è emerso dalle indagini dei carabinieri, guidati dal colonnello Antonio Di Stasio – aveva il terrore di essere intercettato. Per questo non usava telefoni e spesso si muoveva a piedi per le strade di Palermo.

Già condannato a 5 anni al maxi processo istruito da Giovanni Falcone, il gioielliere – di cui già il pentito Tommaso Buscetta fece il nome – fu riarrestato 12 anni fa per poi tornare in libertà dopo una condanna a 11 anni. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Francesca Mazzocco, Amelia Luise, Dario Scaletta, Gaspare Spedale e Bruno Brucoli e ricostruisce gli assetti dei clan palermitani di Porta Nuova, Poagliarelli, Bagheria, Villabate e Misilmeri.

La Commissione provinciale di Cosa nostra sarebbe stata riconvocata il 29 maggio scorso: un summit che riporta alla vecchia mafia. Come ispirata alla tradizione sembra essere l’organizzazione della nuova commissione provinciale guidata da Mineo. Gli investigatori sono riusciti, nel corso delle indagini, a “cogliere in presa diretta la fase di riorganizzazione in atto all’interno di Cosa nostra”. Le accuse per gli indagati sono di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, porto abusivo di armi, danneggiamento a mezzo incendio, concorso esterno in associazione mafiosa.