Inchiesta a puntate sull’austerity: l’Europa dei cittadini tifa Italia #CambiamolaInsieme

Per l’Europa si avvicina il momento del cambiamento. Le prossime elezioni europee sono l’occasione storica per archiviare questa lunga stagione di austerity che ha portato solo disoccupazione e povertà. Il cambiamento partirà dal basso così come è successo in Italia. Il voto dello scorso 4 marzo è stato l’avvio del motore di questo epocale cambiamento. I partiti dell’establishment perdono ovunque in Europa: in Baviera, Assia, Andalusia, Belgio, Lussemburgo.

I cittadini sono stanchi di scelte calate dall’alto figlie di politiche imposte e mai condivise o votate. Avete mai sentito parlare di Six pack o Two pack? Dietro queste sigle si nascondono regolamenti e direttive che condizionano la vita di tutti i giorni dei cittadini: hanno portato tagli a ospedali e piccoli tribunali, tagli ai fondi per le scuole e per rimettere in sesto il territorio. Non bisogna dimenticare che la riforma Fornero è arrivata in ossequio ai dogmi dell’austerity. Le politiche di PPE e S&D, in Italia rappresentati da Forza Italia e Partito Democratico, sono fallimentari e i cittadini si stanno ribellando.

Suona la campanella del cambiamento. Ecco perché il Movimento 5 Stelle Europa pubblica uno speciale che vi racconterà nei prossimi mesi tutto quello che si deve sapere sull’austerity e le sue politiche scellerate. Iniziamo con la storia dell’austerity.

LA STORIA DELL’AUSTERITY: DALLA CRISI ALLA RISPOSTA (SBAGLIATA) DELL’EUROPA (1)

L’austerity nasce come risposta alla crisi economica nata dieci anni fa. La crisi inizia nella seconda metà del 2006, quando comincia a sgonfiarsi la bolla immobiliare statunitense. A causa del rialzo dei tassi di interesse i mutui subprime diventano insolventi. Nel 2008, un banca dalle dimensioni colossali, la Lehman Brothers, dichiara il proprio default. Questo fallimento trascina con sé, in breve, un bel pezzo del sistema finanziario americano e mondiale. Colossi come Merrill Lynch, Aig, Freddie Mac, Fannie Mae, Hbos, Royal Bank of Scotland, Bradford & Bingley, Fortis, Hypo e Alliance & Leicester vengono salvati con piani di emergenza.

VIDEO. Laura Agea spiega perché l’austerity ha fatto solo danni

La crisi finanziaria contagia l’economia reale. Le aziende improvvisamente chiudono il rubinetto degli investimenti, la disoccupazione aumenta, le entrate fiscali diminuiscono, i cittadini sfiduciati non consumano più.

LA RISPOSTA CONTROPRODUCENTE DELL’EUROPA

Di fronte alla crisi l’Europa deve scegliere se rispondere con una politica di stampo neo liberale, basata sul rigore di bilancio e sulla fiducia nella capacità dei mercati di autoregolarsi e “risolvere” il problema – la cosiddetta “austerità” – o con quella di matrice keynesiana, che punta invece sugli investimenti pubblici per sostenere la domanda e uscire dalla crisi, assieme a riforme strutturali finalizzate ad eliminare le cause della crisi.
Sotto l’influenza tedesca, Bruxelles sceglie la prima opzione e impone la stessa ricetta a tutti gli Stati membri: contenimento alle spese pubbliche, spending review, stretta sulle pensioni, innalzamento del gettito fiscale al fine ultimo di ridurre il deficit pubblico. Questa risposta accentua la crisi stessa. Mentre gli Stati Uniti velocemente si risollevano dalla crisi, l’Europa scopre la deflazione salariale e la stagnazione.

La cosiddetta troika (composta da Commissione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea) accetta di aiutare i paesi in difficoltà, come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda e Cipro, a condizione che essi approvino piani draconiani di austerità. Ma è un boomerang, queste politiche restrittive aggravano e prolungano la crisi. Il caso greco dimostra che gli indicatori macroeconomici, come la crescita, l’occupazione e il rapporto tra deficit/Pil, anziché migliorare si sono deteriorati nel tempo. Archiviare questa lunga stagione dell’austerity significa far crescere di nuovo l’Europa.