Gilet gialli: il Guardian ci racconta cosa sta succedendo in Francia

Il giornale britannico progressista The Guardian sembra simpatizzare, in questo articolo, coi manifestanti dei “gilet gialli” che durante tutta la settimana hanno bloccato caselli, strade e depositi di carburante in Francia, e si stanno accingendo a una nuova grande manifestazione a Parigi. L’articolo ascolta le ragioni di alcuni di loro, che si estendono ben oltre la rivolta contro una tassa e diventano protesta generale contro le politiche di disuguaglianza imposte dalla classe dirigente e legittimate dai media. Intanto, ben il 77% dei francesi solidarizza con le proteste. (Vocidallestero)

 

 

di Angelique Chrisafis, 23 novembre 2018

 

I dimostranti antigovernativi che questa settimana hanno alzato barricate per le strade e nei depositi di carburante di tutta la Francia si preparano per una nuova manifestazione a Parigi questo sabato, mentre Emmanuel Macron fatica a reprimere il sentimento nazionale di ribellione.

 

Il movimento popolare dei “gilet gialli” – che prende il nome dalle giubbe gialle ad alta visibilità indossate dai manifestanti – ha colto impreparato il presidente francese. Il movimento non ha leader, e le barricate erette ai caselli, alle rotonde e ai depositi di carburante sono state organizzate tramite i social media.

 

Il movimento, iniziato come protesta contro l’aumento delle tasse sui carburanti, è cresciuto fino a diventare un ampio sfogo contro la disuguaglianza, contro una classe politica percepita come disconnessa dalla realtà, e contro il governo Macron percepito in modo sempre più negativo come un “presidente dei ricchi”.

 

Un sondaggio di Le Figaro condotto questo venerdì (23 novembre, NdT) suggerisce che il 77% dei francesi riterrebbe legittime le proteste organizzate a Parigi e dintorni, e che dunque anche coloro che non hanno preso direttamente parte ai blocchi stradali, giorno e notte, nelle città di provincia, nei paesi e nelle aree suburbane, si identificherebbero comunque col sentimento di lontananza dalla classe dirigente.

 

Marie, 31 anni, babysitter nella regione di Var nel sud della Francia, ha protestato per tutta la settimana a una casello. “La gente è esasperata, c’è molta rabbia. Le tasse stanno crescendo ma i nostri salari no, e quando tu lavori duramente ti sembra ingiusto”, ha detto.

 

I miei genitori in pensione non arrivano alla fine del mese, e hanno dovuto trovarsi un nuovo lavoro distribuendo volantini pubblicitari. Il governo non ci sta ascoltando. Per me Macron è il presidente dei ricchi, che taglia le tasse ha chi ha i soldi e si dimentica del resto di noi. I politici sono completamente disconnessi dalla nostra vita”.

 

Quelli al potere sono un’unica grande oligarchia. Dei media non ci si può fidare. Ho pensato di votare Marine Le Pen, ma è l’intera classe politica a essere deludente. Mi sto chiedendo cosa voto a fare. Sono preoccupata che il futuro dei miei tre figli possa essere peggiore del mio”.

 

Due persone sono morte in altrettanti incidenti, e più di 530 ferite, di cui 17 in modo grave, durante una settimana di proteste e blocchi stradali. Un operaio di 30 anni, che ha manifestato ai posti di blocco nella Francia meridionale, l’ha definita: “Una società fallita dove ci troviamo a contare anche i centesimi per arrivare alla fine del mese, una società stanca dei politici, che non si preoccupano minimamente se rubano ai poveri per dare ai ricchi”.

 

Macron, che ha costruito la propria identità politica sul rifiuto di fare passi indietro di fronte alla pressione pubblica e alle proteste di piazza, questa settimana ha invocato un “dialogo” per spiegare meglio le sue politiche.

 

Il presidente centrista ha insistito che la sua “trasformazione” della Francia, che passa dall’indebolimento delle leggi sul lavoro e dalla revisione del funzionamento dello stato sociale, andrebbe a vantaggio della gente comune che per decenni ha sofferto una disoccupazione di massa.

 

Ma Macron ha anche promesso che le autorità sarebbero state “intransigenti” se le proteste fossero degenerate nel disordine. Questa settimana il governo ha ordinato alla polizia di rompere tutti i blocchi stradali rimasti, specialmente quelli attorno ai depositi di carburante e ai siti di importanza strategica.

 

L’isola francese di Réunion, al largo della costa sud-est del continente africano, ha 850.000 cittadini, e ha assistito alla più grave ondata di violenza da quasi 30 anni, dopo le sommosse sorte a fianco delle recenti proteste. L’isola ha un tasso di disoccupazione del 28%, il triplo rispetto a quello della Francia continentale, e quasi il 40% della popolazione vive sotto la soglia di povertà.

 

Parlando di ciò che è avvenuto sull’isola, dove in alcune aree è stato imposto il coprifuoco per disperdere le proteste, Macron ha detto: “Saremo intransigenti perché non possiamo accettare ciò a cui stiamo assistendo”.

 

Dominique, 50 anni, un tecnico disoccupato che ha manifestato a un blocco stradale nella città di Martigues, vicino a Marsiglia, ha detto: “C’è molto più che il semplice carburante. Il governo ci ha lasciati senza nulla”.

 

Macron, il cui tasso di popolarità ha raggiunto un nuovo minimo sotto il 30%, ha provato a presentarsi come “umile”. In una intervista televisiva della scorsa settimana ha ammesso di “non riuscire a riconciliare la Francia coi suoi leader politici”, e ha promesso di dare maggiori poteri alle province.

 

“Ci sono delle rimostranze legittime che devono essere ascoltate”, ha detto mercoledì al suo Consiglio dei Ministri.