La verità sull’innalzamento del rapporto deficit/pil

di MoVimento 5 Stelle

Se l’Italia non fosse al 46esimo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, e se non assistessimo ogni giorno alla propaganda a reti unificate contro il Governo del Cambiamento, ci sarebbe da stupirsi. Invece no. Non ci stupisce purtroppo il modo in cui i media hanno raccontato la scelta del Governo di stabilire il deficit al 2,4% per l’anno prossimo, un livello necessario per attuare il Contratto e rispettare gli impegni presi con gli italiani prima del 4 marzo. D’altronde, è evidente come il livello di conoscenza e analisi dei fatti di certa stampa sia divenuto nel tempo talmente basso da rendere ancora più complicato un confronto sincero sui fatti: conformismo e volontà di mistificare la realtà rendono ai cittadini sempre più difficile capire la situazione. Oggi si narra che il prossimo anno l’Italia avrebbe dovuto portare il rapporto deficit/Pil allo 0,8%. Poi siamo arrivati noi, i “barbari“, ed abbiamo deciso di distruggere tutto e portare il deficit al 2,4%.

Ma cosa ci dicono i fatti?

Come ha spiegato alla Stampa Estera il Presidente Conte, la verità è che ereditiamo dal precedente governo a guida PD una realtà che è ben diversa da quella che viene raccontata. Il PD, conscio di essere prossimo alla dipartita dopo aver fatto macelleria sociale sul popolo a vantaggio di pochi grandi interessi privati, aveva infatti stabilito di far scattare le cosiddette “clausole di salvaguardia IVA” nel 2019. Si trattava di una vera e propria “bomba” da 12,4 miliardi di euro di aumento dell’IVA, che avrebbe portato a un crollo dei consumi, colpendo in particolare le fasce più deboli della popolazione, nonché le piccole imprese e i piccoli commercianti. Oltre che sociale, l’impatto sarebbe stato anche economico, perché avrebbe depresso ulteriormente un’economia ancora fragile e con un PIL lontano dai livelli pre-crisi. Un bel pacco bomba a orologeria consegnato nelle mani del Governo del Cambiamento! Disinnescare questo pacco da 12,4 miliardi ci è costato un altro 0,7% del Pil, una misura necessaria per evitare di assecondare una recessione che altrimenti avrebbe minacciato l’economia del nostro Paese.

A questo bisogna aggiungere un ulteriore 0,4% nel rapporto deficit/PIL, che è dovuto al rallentamento che l’economia mondiale ha sperimentato in questo anno e al quale abbiamo il dovere di reagire tramite misure che stimolino la crescita. Il PD infatti aveva stimato una crescita che non si è poi verificata ed è sulla base di quelle stime che il dato “tendenziale” del rapporto deficit/PIL era stato previsto allo 0,8%.

In totale, prima ancora di aver predisposto le misure del Contratto di Governo si arriverebbe quindi al 2% del rapporto deficit/PIL per il 2019: questo è il vero dato con cui confrontare il nostro obiettivo programmatico di deficit al 2,4% del PIL. Le condizioni esterne sono mutate, così come quelle interne, visto che gli italiani hanno votato bocciando quelle misure come le clausole IVA. In più, in Italia il rapporto deficit/PIL è sempre stato superiore al 2,3% dal 2008 al 2017, compreso il 2012 quando il governo tecnico della macelleria sociale di Monti portava il deficit al 2,9% del PIL. Sempre nel 2012 la Spagna portava il deficit/PIL al 10,5%, la Francia al 4,1% con Moscovici in qualità di Ministro dell’Economia e solo due anni prima il Portogallo lo portava all’11,2%. Di quale deriva dei conti pubblici parliamo allora?

Se abbiamo scelto di arrivare al 2,4% come obiettivo di deficit della Manovra del Popolo non è certo per fare spese pazze, come piacerebbe poter dire ai media e alle solite lobby. Metà di questo piccolo deficit aggiuntivo lo utilizziamo per rilanciare gli investimenti (0,2%), e solo l’altra metà è necessaria a coprire le nostre misure scritte nel Contratto.

Per realizzare il Reddito di Cittadinanza, riforma dei centri per l’impiego e superamento della legge Fornero con “quota 100”, abbiamo trovato i soldi tagliando gli sprechi come l’Air Force Renzi e le pensioni d’oro, e tagliando le detrazioni fiscali di favore che i precedenti governi avevano concesso alle banche. Abbiamo fatto un’attenta revisione della spesa, quella che invece i famosi commissari “competenti” dei governi tecnici e poi a guida PD non hanno mai portato a termine. Tutto questo si traduce esclusivamente in uno 0,2% in più nel rapporto deficit/PIL.

Ecco perché non è affatto vero che l’Italia abbia chiesto per il 2019 uno scostamento del deficit “senza precedenti” nella storia delle regole di bilancio europee. Abbiamo studiato una manovra seria, rispettosa delle promesse contenute nel Contratto di Governo e dei conti pubblici. Conti pubblici che intendiamo preservare cominciando ad abbattere il debito pubblico già dal prossimo anno, a differenza di ciò che è stato fatto in questi anni in cui il debito, dopo essere cresciuto di 16 punti dall’arrivo dei “tecnici”, è rimasto stabile sui massimi livelli. Lo faremo attraverso la crescita, unica via percorribile. Dietro a quella maggiore crescita ci sono posti di lavoro, vite umane, volti di uomini e donne di questo paese che sono stati per troppo tempo abbandonati e sacrificati in nome di regole fallimentari nei fatti. Alcuni commissari europei, come Moscovici, dovrebbero tornare a guardare quei volti, invece di usare un paese e un popolo intero per fare campagna elettorale. È giunto il momento che l’Unione europea torni a fare gli interessi dei cittadini europei.