Con le norme sui fanghi in agricoltura rendiamo più sicuro il nostro cibo

Storicamente in agricoltura si è utilizzato il concime derivante dalle deiezioni umane ed animali. Anche oggi come fertilizzante si usano i fanghi che derivano dalla depurazione degli scarichi fognari delle nostre case e dell’industria agroalimentari. Niente di chimico o di fortemente impattante dunque. Fino a qualche mese fa nessuno si preoccupava del contenuto potenzialmente inquinante di questi fanghi: non esisteva un limite normativo alla concentrazione di idrocarburi.

Il Governo del cambiamento, intervenendo a seguito di una sentenza del Tar Lombardia che bocciava i limiti troppo poco stringenti posti dalla giunta regionale, è intervenuto per superare l’emergenza che tale pronuncia aveva creato. Nel decreto Emergenze in discussione alla Camera è stato previsto un limite alla concentrazione agli idrocarburi e a molte altre sostanze inquinanti tenendo conto dei pareri espressi dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). D’ora in poi, dunque, l’uso di questi fanghi sarà sicuro e sottoposto a controlli rigorosi.

di Sergio Costa, ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare

In questi giorni c’è un gran parlare di fanghi. Leggo informazioni confuse e alcune non corrispondenti al vero. È necessario, quindi, fare chiarezza. Non parliamo di fanghi industriali! Parliamo solo ed esclusivamente di fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue derivanti da scarichi civili e da insediamenti produttivi dell’agroalimentare.
È necessario normare questi fanghi, in quanto fino ad oggi non sono mai stati adeguatamente controllati, e nelle maglie larghe di questa normativa non completamente aggiornata con le attuali conoscenze scientifiche, nei campi potevano finire anche sostanze inquinanti.

Data la loro composizione, gli idrocarburi presenti nei fanghi non sono necessariamente pericolosi, basti pensare, ma solo ad esempio, che quelli naturali sono contenuti nel burro, nel grasso delle carni o nell’olio d’oliva, tutti prodotti di uso alimentare quotidiano.
A essere pericolosi sono solo determinati idrocarburi di origine minerale, come ad esempio gli IPA, abbreviazione di idrocarburi policiclici aromatici. Questi sì che vanno individuati e misurati proprio per evitare che criminali senza scrupoli possano spandere qualunque cosa nei campi, come potenzialmente poteva avvenire prima, senza che nessuno avesse mai gridato allo scandalo.

Nell’articolo 41 del decreto “Genova e altre emergenze” sono stati attribuiti dei parametri agli idrocarburi e nel successivo lavoro parlamentare di questi giorni il testo è stato migliorato inserendo altre sostanze specifiche come diossine, furani, selenio, berillio, cromo, arsenico e altri microinquinanti pericolosi come toluene e Pcb.
Tutte queste sostanze servono a “marcare” la qualità del fango, e a capire se la sua provenienza è dubbia. Infatti questi parametri servono come riferimento perché, qualora fossero individuati dai controlli delle agenzie ambientali regionali, le Arpa, dall’Ispra o dalle forze di polizia, permetteranno di scoprire l’esistenza di un inquinamento e ad individuarne il colpevole.

Ecco che la norma serve a proteggere il cittadino e non, come troppe volte si è scritto, ad avvelenarlo.

Non è l’autorizzazione ad inquinare, ma l’esatto contrario. L’articolo 41 e le successive integrazioni parlamentari servono a bloccare chi fino ad oggi ha sparso veleni nei campi.
Il valore individuato per gli idrocarburi (naturali o minerali) è pari a 1000 mg/kg. Basti pensare che quello proposto dalla regione Lombardia in un decreto, poi bloccato dal Tar, era 10.000. Quindi anche in questo caso parliamo di un miglioramento.
C’è chi critica la norma nuova paragonando il valore fissato ai 50 mg/kg indicati per i terreni dalla Corte di Cassazione. Ma è come mischiare le pere con le mele. Stiamo parlando di due cose diverse!
Da una parte c’è il fango, dall’altra il campo. E il fango non va sparso così com’è nel terreno quindi quel valore riscontrato nel rifiuti trasformato in fertilizzante non si ritroverà mai una volta sparso, nei campi.

Anche perché ci sono dei paletti allo spandimento stabiliti per legge: secondo il decreto legislativo 99/92 l’agricoltore può cospargere fanghi per un massimo di 15 tonnellate per ettaro in tre anni, cosa accettata da 26 anni da tutti, perché ragionevole, e gli stessi agricoltori non se ne sono mai lamentati. Altri divieti riguardano terreni soggetti a esondazioni, con falda affiorante, destinati al pascolo o a colture foraggere nelle 5 settimane antecedenti il pascolo o la raccolta. Tutti questi limiti servono solo a proteggere e a tutelare. Altro che avvelenare, altro che esperimenti chimici su tutti noi!
Questi fanghi sono ricchi di sostanze organiche e vengono usati come ammendanti: è lo stesso concetto del compost che anche a casa possiamo realizzare. Chi mischia i valori dei fanghi con quelli del suolo o ignora completamente ciò di cui parla o è in cattiva fede.
Al centro della nostra azione di governo c’è il benessere dell’ambiente e del cittadino: è il nostro – e il mio – faro e mai potremmo perderlo di vista.