La storia di Ovidio Marras, il pastore che non ha paura dei poteri forti

di Mario Puddu, candidato presidente Regione Sardegna del MoVimento 5 Stelle

C’è chi non ha paura di sfidare i poteri forti, quelli a cui i partiti che hanno sempre governato lo Stato si sono sempre piegati, socializzando le perdite (cioè facendole pagare a tutti noi) e regalando altissimi profitti ai privati. Non è un eroe, è un cittadino comune, come noi. Un cittadino coraggioso, che pur di far valere i propri diritti non ha avuto paura di sfidare colossi come Benetton e Caltagirone: si chiama Ovidio Marras, è un pastore di 88 anni che vive e lavora nella costa di Teulada. Mi piacerebbe poterlo incontrare per ringraziarlo personalmente.

«Sulla strada non potevano costruire, io gliel’ho detto. Ma se ne sono fregati», racconta Ovidio. Chi se ne è fregato è la Sitas, ovvero la Società iniziative agricole sarde un acronimo dietro il quale si celavano i padroni del cemento e della finanza italiani: Benetton (sì proprio loro, quelli del ponte Morandi di Genova) che con Caltagirone, Toti, e il supporto del Monte dei Paschi di Siena avevano messo occhi e cemento (tanto cemento, 150 mila metri cubi per alberghi, ville, centri benessere e parcheggi), su terreni a 312 metri dal mare che furono degli avi di Ovidio. Terreni che si affacciano su una delle coste più belle del Mediterraneo, e quindi, del mondo: Capo Malfatano, comune di Teulada, costa sud occidentale della Sardegna. Un tratto di costa che si manifesta dopo le curve della statale 195, all’improvviso, violento, con il suo azzurro intenso del mare, il celeste totale del cielo e l’odore del cisto e del mirto che inebria le narici.

Usare l’imperfetto per raccontare questa storia è un grande piacere. Sì, perché la Sitas, che di agricolo e sardo non aveva nulla, il 18 agosto è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Cagliari. Niente più cemento, niente più ecomostri. E questo grazie alla tenacia di Ovidio e del suo caparbio senso di giustizia.

Grazie all’occhio chiuso della Regione, che aveva autorizzato quello scempio, basandosi su uno spacchettamento fittizio delle cubature, Benetton, Caltagirone e compagni avevano comprato dagli altri proprietari e iniziato la loro colata di calcestruzzo. Ma non avevano tenuto conto di Ovidio. Il nostro Ovidio che, a differenza dei suoi vicini non ha ceduto alle lusinghe del denaro, tanto denaro: 12 milioni di euro. «A mei dinai no mi ndi serbit – a me soldi non ne servono, racconta in sardo – mancai mi ndi donghit 700 de milionis deu no bendu – anche se me ne dessero 700 di milioni, io non vendo». Il perché è presto detto.

Nella sua semplicità Ovidio esprime e tutela altissimi altissimi valori: «La terra resta. Su dinai, mancai no portat alas bolat – i soldi anche se non hanno le ali, volano». E così nel 2010 inizia la sua battaglia legale contro coloro che avevano deviato il suo stradello.

Dopo otto anni la battaglia è vinta, almeno parzialmente. Resta da abbattere l’ecomostro – e noi vigileremo perché chi abbia fatto lo scempio rimedi – e una sciagurata legge urbanistica che il Pd e la sua Giunta Pigliaru che permette ai Benetton, Caltagirone, e agli altri poteri forti legati a finanza e cemento di poter fare, di nuovo, della Sardegna il loro parco giochi, a discapito di tutti i sardi.