di Tiziana Beghin, EFDD – MoVimento 5 Stelle Europa
L’Italia esporta ogni anno 450 miliardi di euro di prodotti di qualità in tutto il mondo: cibo, moda, tecnologia e molto altro. Se il Made in Italy fosse un marchio sarebbe il terzo al mondo, secondo solo a Visa e Coca Cola. Per questo il MoVimento 5 Stelle sostiene il commercio di qualità che crea opportunità per le nostre imprese all’estero, mentre cerca di fermare quello che porta delocalizzazioni, desertificazione industriale e prodotti scadenti. Infatti in passato ci siamo opposti al TTIP, al CETA, al TiSA e a trattati simili e continueremo a farlo.
L’accordo di partenariato economico con il Giappone era già stato siglato dalla Commissione Europea nel 2017, e ha ricevuto il voto positivo del Consiglio dell’Unione venerdì 6 luglio. L’attuale governo italiano non ha dunque potuto influenzare i negoziati poiché essi erano già conclusi prima del suo insediamento, ma nonostante alcune criticità, ha ritenuto in larga misura accettabile l’accordo alla luce dei benefici che esso apporterà alle esportazioni italiane e perché si tratta di un accordo conveniente per le PMI e i cittadini italiani.
Il Giappone è uno dei Paesi più ricchi del mondo, con una popolazione di 120 milioni di persone, un reddito medio per abitante elevato, ma soprattutto una grande volontà di acquistare “Made in Italy”. Nel 2017 abbiamo esportato in Giappone beni per 6,5 miliardi di euro e ne abbiamo importati per poco più di 4. Esportiamo in Giappone molto più di quanto importiamo e abbiamo, quindi, oltre 2 miliardi di euro di surplus commerciale.
Ecco perché un accordo col Giappone conviene ai cittadini italiani e alle imprese. Analizziamolo nel dettaglio:
PRODOTTI ALIMENTARI: l’accordo rimuoverà i dazi doganali giapponesi su vino, pasta, formaggio e altri prodotti. Attualmente, nonostante i dazi molto elevati, l’export alimentare italiano verso il Giappone si aggira intorno al miliardo di euro, mentre il Giappone esporta in Italia solo 15 milioni di euro, quasi settanta volte di meno. Non c’è nessuna competizione diretta tra agricoltori italiani e giapponesi e l’unico prodotto che avrebbe potuto causare problemi, il riso, è escluso dall’accordo. Accordo che, inoltre, garantirà la tutela di 46 indicazioni protette italiane.
MODA E PRODOTTI TESSILI: non solo vestiti, ma anche scarpe e borse: la moda italiana è conosciuta e molto apprezzata in Giappone, e già oggi (con i dazi in vigore) oltre 1,5 miliardi di euro di articoli italiani d’alta moda prendono la via del Giappone. L’accordo eliminerà quote e dazi in vigore nel corso dei prossimi anni, facendo così aumentare ancora di più l’esportazione del Made in Italy nel Paese del Sol Levante.
ALTRI PRODOTTI: macchinari industriali, prodotti farmaceutici e chimici: questi sono beni che costituiscono l’altra metà dell’export italiano in Giappone, e anche questi beneficeranno dell’accordo, mentre i cittadini italiani ed europei avranno accesso ai prodotti tecnologici giapponesi a un costo ancora inferiore.
L’accordo non contiene la clausola ISDS o il tribunale degli investimenti, quel marchingegno diabolico che era presente nel TTIP e che permette alle corporation di fare causa agli Stati. Inoltre non porterà OGM sulle nostre tavole, perché anche se in Giappone sono legali gli OGM, questi sono esclusi dal trattato. Inoltre il Giappone esporta pochissimi prodotti agricoli in Italia (al contrario del Canada o degli USA) e nessun punto dell’accordo richiede alle parti di modificare le proprie leggi su OGM o uso di ormoni.
L’accordo di partenariato economico con il Giappone non è perfetto: se fosse stato negoziato sotto gli occhi vigili del governo MoVimento 5 Stelle sarebbe senz’altro migliore, ma le opportunità che offre alle nostre imprese e ai nostri cittadini sono immense e superano gli aspetti negativi.