L’arte uccide la mafia

di Domenico Surdi, sindaco MoVimento 5 Stelle Alcamo

Un paio di anni fa parlavo con Alessandro Cacciato ed altri amici del sogno di trasformare Alcamo in un’oasi per giovani artisti e creativi. Mi colpiva molto e continua a farlo, infatti, la vivacità di alcune città italiane ed europee che hanno saputo trasformare e costruire le proprie identità partendo proprio dalla innovazione e dalla rigenerazione dei contesti urbani, azioni queste condotte principalmente grazie al mix di due ingredienti determinanti: idee visionarie (come quelle di Andrea Bartoli di Farm Cultural Park) ed energie positive dei giovani talenti. Così abbiamo cominciato a ragionare su come il Comune potesse incentivare questo processo nonostante le ristrettezze economiche. La risposta, in verità, era davvero a portata di mano: se non abbiamo i soldi, possiamo mettere a disposizione gratuitamente qualche immobile per creare un sistema di residenze temporanee per artisti che vogliono venire a lavorare sui luoghi, magari lasciandoci in cambio la loro esperienza e le loro opere.

L’idea, dobbiamo ammetterlo, non è del tutto originale: fu, per esempio, Ludovico Corrao, nella vicina Gibellina, a creare qualcosa del genere nei primi anni ottanta. Da quella visione di un sindaco illuminato, legata ad un preciso concetto di ricostruzione della città del Belìce dilaniata dal terremoto del sessantotto, vennero fuori opere memorabili, come ad esempio il Cretto, oggi considerato l’opera di land art più importante d’Europa, concepito da Alberto Burri proprio nel periodo della sua residenza. La svolta è stata quando la Prefettura di Palermo mi chiamò per assegnarci alcuni beni confiscati alla mafia sul territorio di Alcamo, tra cui un appartamento di circa quattrocento metri quadrati a due passi dal centro e soprattutto dal MACA, il Museo di Arte Contemporanea.

Da quel momento abbiamo iniziato a lavorare e da qualche giorno il sogno è diventato realtà: i primi artisti hanno già soggiornato nella residenza per preparare una mostra collettiva nel mese di luglio prossimo. In questa maniera i cittadini avranno la possibilità di interagire con loro, di creare connessioni con le imprese e le maestranze artigiane, con i ragazzi dell’Istituto Tecnico Economico e Tecnologico che si occupano di domotica e realtà virtuale, potremo aprire la città ad esperienze nuove e magari agganciarci anche a Manifesta, la biennale di arte contemporanea che tra poco inonderà Palermo. Siamo solo all’inizio è chiaro. Ma spenderemo le migliori energie per portare avanti questo progetto, questa idea di città che si candida a diventare un grande contenitore di intelligenza collettiva. Che tutto questo possa avvenire attraverso il riutilizzo di un bene confiscato ai mafiosi, in una terra così complessa come la nostra, ci ricarica di entusiasmo e ci fa sentire partecipi, anche se fosse solo in maniera simbolica, della rinascita di un intero popolo di siciliani onesti. D’altronde a volte basta anche un gesto simbolico a cambiare le cose o più semplicemente il modo di vedere le cose. Un po’ come quella scritta incisa da alcuni giovani artisti qualche anno fa su un muro del Palazzo di Giustizia di Trapani: “l’arte uccide la mafia”.