Le balle di Renzi e del Pd sul Reddito di Cittadinanza

fonte: LaVoce.info

A meno di due settimane dal voto, i leader dei partiti dedicano una parte consistente della campagna elettorale a commentare le proposte degli avversari politici. È quello che ha fatto Matteo Renzi nella puntata del 15 febbraio di Quinta Colonna, quando, interrogato da Paolo Del Debbio sulle priorità degli italiani, ha risposto:

Matteo Renzi: “Il lavoro è l’argomento fondamentale italiano e invece purtroppo si continua a discutere del Reddito di Cittadinanza, che vuol dire dare i soldi alla gente perché non lavori”.

Paolo Del Debbio: “Però a qualcuno che involontariamente non ha lavoro e non riesce a trovarlo, […] a questi qui che gli si dice?”.

Renzi: “Gli si dice che non gli si dà un reddito a tutti per stare a casa. Gli si dà il reddito d’inclusione, che è una misura che abbiamo finanziato […] e che è quello strumento che serve a chi in un determinato momento è senza lavoro, per dire io ti do una mano, ma te ti metti a seguire tutti i corsi di formazione, ti metti in gioco, per poi poter ripartire. Cioè, dare uno stipendio per stare a casa e non far nulla è il reddito di cittadinanza”.

Secondo il segretario del Pd, quindi, il reddito di cittadinanza garantirebbe un assegno senza richiedere nulla in cambio ai beneficiari in termini di frequenza di corsi di formazione o di disponibilità al lavoro. Al contrario, il reddito d’inclusione (Rei) avrebbe obblighi stringenti e non darebbe “uno stipendio per stare a casa e non far nulla”.

In realtà, il disegno di legge del M5s impone diversi vincoli, e quindi la dichiarazione di Renzi necessita di qualche precisazione.

Tutti gli obblighi del reddito di cittadinanza

Come spiegato in altri articoli, il disegno di legge M5s (n. 1148/2013) prevede un trasferimento dello Stato a tutte le famiglie che vivono in povertà relativa: una somma, di un reddito equivalente alla differenza tra la soglia di povertà e il reddito famigliare percepito. La platea di famiglie interessate sarebbe circa il 19 per cento del totale per una cifra mensile media di 480 euro.

Tuttavia, al contrario di quanto sostenuto da Renzi, per poter godere dell’assegno mensile il beneficiario deve rispettare diversi obblighi. Ad esempio, l’articolo 9 del disegno di legge prevede che, oltre a fornire immediata disponibilità al lavoro presso i centri per l’impiego, intraprenda un “percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo”, sia tramite gli stessi centri sia tramite le agenzie di lavoro, già previste dal decreto legislativo numero 276 del 2003. Questo significa anche che il beneficiario è obbligato a partecipare a corsi di formazione e a colloqui individuali, oltre che ad altre iniziative finalizzate al miglioramento delle sue competenze lavorative.

Come specificato dal comma 4, il beneficiario ha poi l’obbligo di offrire la propria disponibilità a lavorare per progetti comunali utili alla collettività. In questa categoria sono incluse iniziative che hanno a che fare con la tutela dei beni comuni, la cura dell’ambiente e la promozione di attività culturali. Durante l’intero periodo di fruizione del reddito, quindi, chi lo riceve deve mettere a disposizione otto ore settimanali per lavorare, in coerenza con il proprio profilo professionale, a progetti di pubblica utilità.

Il numero degli obblighi previsti è completato dall’articolo 11, che elenca tutte le attività che il beneficiario deve intraprendere per ottenere una proposta di lavoro. Includono sia i progetti di riqualificazione professionale e reinserimento, sia un’attività di ricerca individuale. Quest’ultima deve avvenire sia dal vivo (presso i centri per l’impiego, le agenzie di lavoro e i centri di formazione) sia attraverso le piattaforme online.
Nel caso in cui anche solo uno di questi obblighi non fosse rispettato, il beneficiario perderebbe il diritto al reddito. L’articolo 12 specifica infatti tutte le cause di decadenza. Oltre ai più noti motivi, come il rifiuto di più di tre proposte di lavoro ritenute congrue, l’assegno decade anche in caso di mancata partecipazione ai progetti comunali, ai corsi di formazione o ai percorsi individuali di reinserimento.

Qual è la differenza con il Rei?

La differenza tra il reddito di cittadinanza e il Rei, quindi, non sembra riguardare gli obblighi previsti per il beneficiario, quanto i criteri per usufruire dei trasferimenti e le modalità di gestione del reinserimento. Come è stato sottolineato da Massimo Baldini e Francesco Daveri, ciò che più distingue la proposta M5s dal Rei è il numero di potenziali beneficiari: mentre il programma del governo dovrebbe raggiungere nel 2018 circa 700 mila famiglie, si stima che il reddito di cittadinanza ne coinvolgerebbe circa 5 milioni. Infatti, se il Rei si pone l’obiettivo di aiutare una buona parte dei poveri assoluti, il reddito di cittadinanza ha come platea tutte le famiglie che vivono nella povertà relativa, un numero ovviamente maggiore.

La notevole differenza porta a due considerazioni. La prima riguarda le coperture: mentre il Rei necessita nel 2018 di circa 2 miliardi di euro, il reddito di cittadinanza costerebbe molto di più. La seconda riguarda invece la capacità dei centri per l’impiego di offrire, nel caso il reddito di cittadinanza diventasse legge, un numero così elevato di progetti di reinserimento. Il Rei delega infatti ai servizi sociali comunali l’elaborazione di percorsi di uscita dalla povertà, mentre il reddito di cittadinanza fa affidamento solamente ai centri per l’impiego, con il probabile rischio di creare un ingolfamento interno. Anche per questo motivo, secondo il programma M5s, il reddito di cittadinanza sarebbe accompagnato da una riforma dei centri per l’impiego, la cui efficacia in termini di numero di offerte lavorative proposte è però difficile da stimare.

Il verdetto

Renzi commette un solo ma importante errore nel confrontare le due misure di sostegno al reddito. Infatti, il reddito di cittadinanza, proprio come il Rei, prevede diversi obblighi e adempimenti da rispettare per poter ricevere l’assegno. Le differenze riguardano invece i costi, il numero di beneficiari e la gestione del reinserimento. Nel complesso, la sua dichiarazione è in evidente contrasto con il contenuto del disegno di legge M5s. Per questo motivo, è chiaramente FALSA.