Renzi, Berlusconi e i loro partiti sono in vendita?

di Luigi Di Maio

La vergogna dei finanziamenti milionari ai partiti non è mai finita, ha solo cambiato veste. Nel 2013 il M5S è stata l’unica forza politica a criticare il decreto legge con cui il governo Letta lasciava mano libera alle lobbies private, che hanno potuto erogare ai partiti donazioni fino a 100 mila euro nell’anonimato più totale grazie al paravento della privacy. Attraverso i bilanci opachi delle fondazioni politiche e i contributi diretti ai candidati, i partiti hanno drenato denaro da centinaia di lobby interessate naturalmente a ricevere qualcosa in cambio. Il Pd ha ricevuto 9 milioni di euro dal 2013 al 2016, Forza Italia ha incassato invece 1,5 milioni. Soldi opachi, di fatto anonimi, che potrebbero venire dall’Italia o addirittura dall’estero. Come al solito, nella Seconda Repubblica tutto cambia perché nulla cambi.

L’inchiesta di Luigi Franco e Thomas Mackinson, pubblicata sul settimanale del Fatto Quotidiano “Millenium”, ha il grande merito di far luce su come funziona il nuovo sistema di finanziamento dei partiti, sempre al limite tra lecito e illecito. Dal resoconto dei due giornalisti, travestiti da lobbisti delle sigarette elettroniche, si capisce come parlamentari e tesorieri dei partiti siano abili a muoversi nelle pieghe del decreto del 2013 per mascherare da erogazione liberale quelle che in realtà sono vere e proprie mazzette: soldi in cambio di futuri provvedimenti legislativi. Emerge anche che il Partito Democratico si nega alla lobby delle sigarette elettroniche perché si è già venduto alla lobby molto più influente del tabacco: 150 mila euro dalla British American Tobacco direttamente alla fondazione Open di Matteo Renzi e 37 mila euro dalla Federazione italiana tabaccai all’ex tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, firmatario poco dopo di un emendamento per tassare le sigarette elettroniche. Non è più politica, è compravendita di interessi o di interi partiti, come dimostrano le dichiarazioni rubate al tesoriere di Forza Italia Alfredo Messina, che istruisce i due finti lobbisti su come aggirare impunemente il limite di 100 mila euro previsto dalla legge.

E tutto questo mentre l’Italia continua a non approvare una legge per regolamentare l’attività di lobbying e persino il semplice registro dei lobbisti in Parlamento, oggi, non è obbligatorio ma volontario.

Il M5S ha indicato da tempo una terza via tra il finanziamento pubblico e lo strapotere delle lobby private: una politica senza soldi, nella quale gli eventi sul territorio e le campagne elettorali vengono finanziate da microdonazioni completamente volontarie dei cittadini. È un sistema meritocratico, dentro il quale possono crescere solo forze politiche vitali e radicate nella società reale. Ecco perché i partiti della Seconda Repubblica non ne vogliono sapere, e sfruttano l’abolizione del finanziamento pubblico per gettarsi in pasto a multinazionali estere e lobby di ogni genere.

Con il M5S al governo l’attività di lobbying verrà rigidamente regolamentata e un registro trasparente dei lobbisti sarà obbligatorio per tutti gli enti pubblici.