Bagnoli: la bonifica e le infinite promesse

di Paola Nugnes, portavoce al Senato del MoVimento 5 Stelle e componente della Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti

“Vendo Bagnoli chi la vuol comprare”. Era il 1989 e Edoardo Bennato aveva già capito tutto. Bagnoli, anno 2018: su tutta la zona, sulla sua post industrializzazione, la bonifica mai effettuata, il tessuto sociale ed economico sfibrato, quasi derelitto, e sulla sua rinascita, dal basso e con fatica, si sta per abbattere un’altra campagna elettorale, un ennesimo gioco elettorale. Le promesse? Sempre le stesse! Le vediamo scritte su articoli di giornale, declamate in regione, al comune, in interventi televisivi.

Adesso lo ha detto anche il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda:
“Il 2018 sarà l’anno delle bonifiche”.
Guarda caso, è anche l’anno della campagna elettorale.

Ma facciamo ordine e distinguiamo le (troppe) promesse dalla realtà. Messi in fila, i numeri di Bagnoli, dimostrano la disfatta:

610 milioni spesi e nessuna bonifica fatta; anzi, un disastro ambientale realizzato ad opera della bonifica mal fatta. Oggi servono di nuovo soldi, 340 milioni solo per bonificare, 450 milioni per le infrastrutture.
La bonifica di Bagnoli è dunque tutta da rifare.
Lo sapevamo.
Dopo 24 anni di nulla, di sprechi, di disastri, di processi e di promesse sulla pelle di un territorio che avrebbe meritato una riconversione certa, veloce, un risarcimento sociale, un riscatto.
I fondi? Non ci sono, o quanto meno non sono certi, non si conoscono e non sono quantificati.
A fine 2017 siamo ancora alle vidimazioni delle caratterizzazioni.

Solo una volta acquisiti questi dati fondamentali si potrà partire con la valutazione del rischio, il progetto e quindi le reali quantificazione dei tempi e dei costi.
Inutile sventolare date.
Oppure sventolare impegni finanziari non stanziati a nome di un governo uscente, a fine legislatura, cosa non è se non promessa elettorale questa?
Eppure il governo è durato, con capi diversi, cinque anni.
Cosa hanno in mano?
Un progetto di “rigenerazione urbana” che varrà quale “variante urbanistica” che è il vero cavallo di Troia per entrare a piene mani nell’affare, un progetto che Renzi ha scippato ai territori con un decreto legge, perché rappresenta possibilità di realizzare cemento, speculazione, affari, là dove le bonifiche del SIN rappresentano costi, impegni.
E difatti il progetto fu presentato in pompa magna prima al privato e poi al pubblico, in Prefettura; prima a Caltagirone, il vero Rais del territorio, e non solo di questo territorio, il grande innominato del progetto; si parla solo dell’area ex Italsider, della sua dismissione, della bonifica da fare, e mai o quasi mai della Cementir di Caltagirone, della dismissione di quegli impianti, della bonifica di quei suoli, della destinazione di quell’area, ma si parla del “Miglio Azzurro” guarda caso proprio in quell’area.
Eppure Renzi quando venne a Napoli si fermò prima nella storica sede de Il Mattino di Napoli, di Caltagirone, prima di incontrare le istituzioni che lo aspettavano in Prefettura, e fu lì che presentò le sliders del progetto.
Un progetto che non spetterebbe al governo centrale, ma che fa evidentemente troppo gola a tutti.

Ma poi strategicamente il progetto fu ridimensionato, la partecipazione dei privati stralciata dall’evidenza del decreto: perché dirlo, perché dirlo ora?
Aspettiamo, si saranno detti, che l’evidenza di quello che tutti sanno venga alla luce, che i costi delle bonifiche completamente da rifare siano noti a tutti e dichiarati, allora tireremo i privati fuori dal cassetto.
Con il loro aiuto, ci sarà detto, e solo con il loro aiuto, potremmo fare le bonifiche, che costano, dato che i soldi non ci sono.
Sarà necessario a quel punto e chiaro a tutti che le opere del cemento ricompenseranno gli investimenti dei privati, che altro se no.

Intanto la firma dell’accordo proposto dal Comune allarga il campo della possibile speculazione. Infatti mentre Invitalia sembra accogliere la richiesta di riduzione delle volumetrie e presenta progetti ridimensionati, il sindaco di Napoli non solo permette di allargare la pertinenza del progetto oltre i confini del SIN, comprendendo anche le aree attigue, di pertinenza del Comune, i bocconcini prelibati di Nisida e del costone di Coroglio sotto Posillipo. Reinserendo le abitazioni stralciate dal progetto di Invitalia, e sì, l’housing sociale!
Intanto l’amministrazione presenta un progetto con sottovolumetrie, non conteggiate nel computo generale, che rischiano di realizzare il temuto: sommergere Bagnoli di cemento!
Sentite cosa dice l’assessore all’urbanistica del Comune di Napoli durante la seduta consiliare del 16 marzo 2015, a proposito del cemento su Bagnoli! (link: https://www.youtube.com/watch?feature=youtu.be&v dal minuto 2:30 in poi).

Un progetto che passa senza la votazione del Consiglio Comunale, ed informando la cittadinanza con delle slides solo a cose fatte.

Bagnoli è un continuo campo di battaglia elettorale, un incessante, bla bla vuoto di contenuti, il foglio deve restare bianco e vuoto per scriverci ogni volta le dovute promesse e non realizzare mai nulla.
Il governo con il dl Fisco ha investito solo 27 milioni.
Nel 2016 si era annunciato un progetto da 276 milioni e 36 mesi per finirlo.

Senza soldi a disposizione la bonifica sarà solo sulla carta.
Ma forse è proprio questo che si vuole fare, una nuova campagna elettorale di promesse su Bagnoli.
Ricordiamo le parole del viceministro allo Sviluppo economico che ha paragonato Taranto a Bagnoli, cercando nel disastro economico di questa parte di Napoli la giustificazione per continuare a inquinare la Città Pugliese: a Bagnoli, ricordiamo al Viceministro, ha inquinato lo Stato con Fintecna, e il Consiglio di Stato ha riconosciuto che Fintecna deve bonificare.
Ossia lo Stato. Non vogliamo le mani dei privati su Bagnoli.