Zonin e i servizi segreti: ecco il vero attacco alla libertà di stampa, di Francesco Bonazzi

di Francesco Bonazzi, giornalista de La Verità

Ciao a tutti, siamo qui per darvi una notizia decisamente inaspettata anche per un giornalista d’inchiesta che si occupa da anni delle banche: i conti di Zonin e della Popolare di Vicenza sono segreto di Stato. Sembra una boutade, e invece purtroppo, o per fortuna a seconda dei punti di vista, è proprio così. Che cosa è successo? La Verità, quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro, dal primo giorno si è occupato nel disastro delle banche in liquidazione, a cominciare dalle banche venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E’ una faccenduola che riguarda “soltanto” 210.000 persone, soci che hanno visto azzerato interamente il proprio risparmio, e le loro famiglie, e tante aziende. Sono stati bruciati oltre 11 miliardi di euro. C’è un’inchiesta che attende ancora il rinvio a giudizio a Vicenza, che riguarda la Popolare di Vicenza; ci sono otto richieste di rinvio a giudizio, tra queste le due posizioni più importanti sono quelle di Gianni Zonin -ex presidente per 19 anni- e Samuele Sorato ex direttore generale della banca.

Bene, mercoledì scorso abbiamo raccontato forse l’ultimo tassello del sistema di protezioni che ha consentito a una serie di banchieri -che già da anni erano un po’ chiacchierati per la qualità del credito e per come fissavano il prezzo delle azioni della Popolare di Vicenza che non erano quotate in Borsa-, siano riusciti a fare surf tra decine di ispezioni della Banca d’Italia, della Consob, e siano caduti sostanzialmente soltanto nel 2015, quando per la prima volta sono arrivati da Francoforte gli ispettori della BCE.

Ci sono state tante inchieste in questi mesi, da Vittorio Malaguti dell’Espresso a Gianluca Paolucci della Stampa, che hanno raccontato l’enorme quantità di finanzieri, carabinieri, poliziotti, magistrati, con i parenti assunti nel gruppo Banca Popolare di Vicenza, oppure assunti direttamente loro quando lasciavano la divisa. Nelle scorse settimane, quando il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha avuto l’impudenza di dire che c’erano stati soltanto tre casi di porte girevoli in Popolare di Vicenza, La Verità ha raccontato che ce ne erano stati ben 7. L’ultimo tassello, dicevo, è stato scoprire che la banca nuova, banca fondata da Zonin all’inizio del 2000 e controllata interamente della Popolare di Vicenza, era la banca ufficiale dei servizi segreti italiani. (con tanti conti dell’Aise, dell’Aisi, del Dis), e poi anche la banca della Presidenza del Consiglio. Aveva cioè preso il posto della BNL, che è sempre stata la banca di riferimento dei servizi, che essendo diventata francese non poteva più essere la banca scelta dal governo.

Ebbene, dopo la pubblicazione di questa semplicissima e non smentibile notizia, venerdì sera la redazione de La Verità è stata oggetto di un decreto di perquisizione della Procura di Roma, e anche io stesso a casa mia. La procura sostiene che sarebbe stato compiuto un reato nientemeno che di violazione del Segreto di Stato, un reato molto grave che prevede anche fino a 10 anni di carcere, e non una semplice diffamazione come noi giornalisti di solito siamo abituati a commettere o possiamo commettere. Un provvedimento assai criticabile, perché è un modo per aggirare in modo surrettizio la legge che prevede che le fonti dei giornalisti siano segrete. La legge viene rispettata formalmente, però costringendo i giornalisti a dare il materiale in loro possesso, sostanzialmente le fonti possono essere messe a rischio.

Credo che il punto fondamentale sia proprio questo: si parla tanto di fake news e non si capisce mai quali siano veramente, ci sono interventi di tutti i partiti, diciamo quelli più “moderati” tra virgolette, partiti cari all’ Europa, i partiti più istituzionali, tutte le altre cariche dello stato combattono la guerra sulle fake news ovunque; poi quando escono le “good news” (perché nessuno ha potuto smentire questa inchiesta), ci si volta dall’altra parte. E può anche succedere che vengano sequestrate pennette, memorie esterne, telefonini e tutto il resto. Io credo che quando si alzano i polveroni vuol dire che i giornali hanno colto nel segno: scrivere che il gruppo Popolare di Vicenza era la banca di riferimento dei Servizi, senza peraltro violare alcun segreto che potesse mettere a repentaglio la sicurezza dell’Italia (e neppure i sacri stipendi dei Servizi), io credo che scrivere questo sia una cosa molto semplice, che chiunque è in grado di capire, che ha una valenza per quelli che vogliono e aspettano giustizia sui crac bancari, e credo che tutto il resto -perquisizioni comprese- sia solo un modo per spostare il problema e provare a intimidire i giornalisti. Almeno, quelli che si fanno intimidire.