Più rappresentanza per i lavoratori e meno privilegi per i sindacati

di Luigi Di Maio

Più rappresentanza per i lavoratori e meno privilegi per i sindacati, maggiore tutela dei giovani precari e stop agli stipendi da capogiro dei sindacalisti che sfiorano i 300mila euro all’anno. Ieri per aver avanzato queste richieste si è alzato un polverone. Per aver proposto che le organizzazioni sindacali si adeguino ai rapidi cambiamenti del mercato del lavoro qualcuno ha gridato all’autoritarismo.

E fa pensare, non poco, che in soccorso di quel grido sia salito un ministro come Poletti, padre del Jobs Act e dell’abolizione dell’articolo 18, misure che la stessa Cgil ha più volte criticato e condannato. Un asse piuttosto controverso, ma non è questo il punto.

Guardiamo alla realtà dei fatti: negli anni i sindacati si sono mostrati più vicini alla politica che agli interessi dei lavoratori, tanto da ereditarne i peggiori vizi e privilegi. La nostra non vuole essere una generalizzazione, ma di stipendi d’oro ne abbiamo visti fin troppi. E’ ora di cambiare rotta, specie se si considerano le nuove forme di contratto, le partite Iva, i lavoratori precari e le difficoltà di milioni di giovani che non si sentono più rappresentati.
Cos’hanno fatto finora, oltre che difendersi, le principali sigle sindacali per queste nuove categorie che sono ormai diventate la maggioranza? E’ una domanda lecita. A parte le campagne o i grandi convegni, concretamente cosa è stato fatto? Perché oggi i lavoratori che vivono in condizioni di povertà continuano a crescere progressivamente. Del nuovo lavoro che arrivava, quello intermittente, precario e autonomo partorito da provvedimenti autolesionistici del Pd e sostenuti anche dal centrodestra, chi si n’è occupato? E in che modo?

L’ossatura del tessuto commerciale del Paese oggi è per il 95% composta da piccole e medie imprese; la maggioranza dei lavoratori ha un rapporto diretto con il titolare dell’impresa e molto meno col sindacato che rappresenta e difende le grandi categorie. Quel che ho detto ieri in occasione del festival del Lavoro di Torino è la pura e semplice verità: se il lavoro cambia, solo un sindacato chiuso in sé stesso, fisiognomicamente più vicino a una casta ideologizzata e ancorata al passato può non capire che deve cambiare.
La libertà sindacale è un principio sancito dalla nostra Costituzione e per questo va tutelato, d’altro canto prenderlo a pretesto per ritagliarsi posizioni di privilegio, od erogarsi stipendi da capogiro mentre un pensionato medio in Italia prende meno di 1.000 euro al mese (il 12% circa non arriva a 500 euro), è francamente deplorevole.

Il MoVimento 5 Stelle chiede più libertà sindacale e di rappresentanza per i lavoratori e meno privilegi per i sindacalisti. Chiede bilanci trasparenti, nessuna opacità, chiede che i lavoratori partecipino all’impresa e che siano forniti loro gli strumenti adatti per la propria salvaguardia. Sono i punti del nostro programma elettorale condiviso con la cittadinanza.

Nello specifico:

STOP ai sindacalisti carrieristi della politica e nei consigli di amministrazione e gestione delle aziende.
STOP ai bilanci opachi senza obblighi di trasparenza.
STOP ai finanziamenti pubblici e alle quote di servizio dei contratti e degli enti bilaterali.
STOP al rinnovo automatico delle tessere degli iscritti al sindacato.
STOP ai distacchi retribuiti se non sono legati alla effettiva rappresentanza nei luoghi di lavoro.
STOP all’esercizio di Caf e Patronati senza alcun reale controllo pubblico.
Vogliamo i rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione per discutere la strategia e le risorse aziendali.
Vogliamo che i lavoratori partecipino agli utili dell’azienda e che possano dire la loro su com’è organizzato il lavoro anche attraverso proposte e suggerimenti di cui il management deve tenere conto.
Vogliamo avere dei rappresentanti eletti direttamente da tutti i lavoratori per la gestione quotidiana dei problemi organizzativi con l’azienda.

Questo chiede il MoVimento 5 Stelle, perché questo è quello che chiedono i cittadini e i lavoratori. E Susanna Camusso non deve rispondere a noi, ma ai lavoratori. Del resto non c’è peggior sordo, purtroppo, di chi non vuole sentire…

Ps: grazie a Marione per la vignetta 😁