#ProgrammaImmigrazione: la cooperazione internazionale

La cooperazione internazionale allo sviluppo è una forma di collaborazione che avviene tra Stati con l’obiettivo di sostenere le aree più deboli del pianeta. In questi ultimi anni, la cooperazione italiana si è spesso concentrata sul finanziamento di mega infrastrutture, accessibili solo a grandi società. Queste operazioni hanno causato ricollocamenti forzati di intere comunità locali (basti pensare alle mega dighe costruite in paesi poveri che hanno provocato allagamenti di territori fertili, deviazioni di fiumi e prosciugamenti di laghi che sostenevano intere popolazioni). L’Italia è ancora lontana dagli impegni presi in sede internazionale come quota di aiuto ufficiale allo sviluppo (0,7% del PIL) ed è considerata un Paese con un bassissimo livello di trasparenza sull’uso dei fondi per lo sviluppo. Il MoVimento 5 Stelle chiede di dare una priorità al finanziamento trasparente dei fondi alla cooperazione internazionale.

di Nancy Porsia, giornalista freelance e producer esperta di Medio Oriente e Nord Africa.

In Europa si continuano a lanciare proclami di paura rispetto a una potenziale invasione del vecchio continente da parte dei migranti ma, troppo poco spesso, ci si chiede quali siano le condizioni dei migranti nei loro Paesi di provenienza. Per quali motivi i migranti scelgano di partire?
La scelta di lasciare la propria terra madre non è mai semplice. I motivi possono essere la mancanza di lavoro, la fuga dalle bombe, le condizioni economiche e la struttura socio-politica del Paese che portano sempre uomini e donne a optare per l’extrema ratio di prendere la via del mare, la pericolosissima via del mare, attraverso il Mediterraneo. Le condizioni socio-politiche dei Paesi di provenienza sono in realtà basate sul sistema economico degli stessi Paesi. Questo sistema economico è direttamente riconducibile alle politiche di cooperazione dei Paesi europei, quindi degli attori internazionali. Fino a quando l’Unione europea o gli Stati membri continueranno a portare avanti progetti di cooperazione per la realizzazione di grandi opere non si farà altro che rafforzare i regimi di oligopolio che poi, appunto, solidificano i regimi autoritari e despoti che sono la causa principale della fuga in massa da alcuni Paesi, che siano subsahariani piuttosto che dell’Africa del nord, del Medio Oriente, dell’Asia o dell’Estremo Oriente.
La cooperazione internazionale, tendenzialmente, si può sviluppare su tre tracce. Ci sono microprogetti di sviluppo rurale, culturale, quelli per la lotta alla corruzione e alla mafia, o la realizzazione delle grandi opere. In base alla mia premessa, va da sé che l’opzione primaria, l’opzione da tenere in prima battuta in considerazione sia proprio la lotta alla corruzione. Soltanto con un regime di trasparenza della distribuzione dei fondi della cooperazione da parte dell’Europa, di redistribuzione dei fondi stessi nei Paesi con cui si chiudono accordi di cooperazione per lo sviluppo, si può, di fatto, debellare il sistema di oligopolio e quindi il sistema che si basa sui signori della guerra che fomentano la destabilizzazione dei Paesi stessi.

UN CASO PER TUTTI: LA LIBIA
Come sappiamo, lo scorso anno, l’Unione Europea ha deciso di stringere un accordo con il Paese nordafricano firmando il Memorandum of Understanding. Per quanto la Libia in questo momento abbia bisogno di un apparato di sicurezza, come delle forze marittime o un esercito, in realtà oggi non è in grado di essere un interlocutore affidabile che sia fuori dai giochi delle milizie. Quindi, se sul breve termine, gli Stati membri che hanno caldeggiato questo Memorandum solo per ridurre il numero dei migranti otterranno il loro obiettivo, d’altro canto andranno a destabilizzare ulteriormente un Paese che per decenni ha svolto la funzione di ammortizzatore sociale della stessa ondata migratoria. Per vent’anni la Libia è stato il Paese di destinazione per i migranti che, nel loro Paese, non avevano possibilità occupazionali. Quindi questo Memorandum rischia di rafforzare il sistema delle milizie, rischia di giocare a sfavore dei migranti che non avranno più la possibilità di fermarsi per un periodo in Libia, il tempo di racimolare dei soldi e poi tornare a casa come succedeva fino alla fine del regime, e per i libici stessi che verranno sempre più schiacciati dal sistema dei signori della guerra. Nel medio-lungo termine, la Libia non solo sarà un punto di transito, ma diventerà addirittura un Paese di emigrazione.
Quando si parla di cooperazione, è fondamentale mettere sempre in cima alle priorità l’attenzione per la lotta alla corruzione. La cooperazione in Europa sconta anche la grande problematica della mafia nostrana. Sebbene i regimi autoritari siano un interlocutore conveniente per le istituzioni internazionali perché vanno ad accorciare la filiera, la burocrazia della cooperazione stessa, d’altro canto, sul lungo termine, provocano dei dissesti sociali che poi portano ai grandi flussi migratori. La cooperazione dovrebbe puntare, da quella che è la mia esperienza sul campo, a microprogetti di sviluppo culturale per la democratizzazione di questi territori e, in seconda battuta, microprogetti per lo sviluppo delle risorse territoriali, come progetti rurali. Sicuramente la realizzazione delle grandi opere non è un’opzione per lo sviluppo di questi Paesi, se non un problema. Tant’è che spesso, quando si opera in ambienti non democratici, la realizzazione di una grande opera diventa fonte stessa di una guerra di potere, quindi di spartizione dei grandi investimenti preannunciati”.