#ProgrammaFisco: Agenzia partecipata

di Federico Macaddino, Analista economico-finanziario, Corpo ufficio studi di economie e fiscalità Federazione Dirpubblica

Il quesito agenzia partecipata individua nella premessa, sostanzialmente, tre grandi tematiche che potremmo riassumere così: il rapporto di fiducia reciproca tra Istituzioni e collettività e il ruolo dell’Agenzia delle Entrate, il principio della giusta imposizione fiscale sancito dall’articolo 53 della Costituzione. Nella seconda tematica si affronta il tema della partecipazione del contribuente in ogni fase del procedimento fiscale. Nella terza tematica l’azione di contrasto all’evasione. Conseguentemente, vengono forniti quattro obbiettivi che si possono riassumere in: funzione del contraddittorio tra Fisco e contribuente, misure premiali, strumenti d’indagine presuntivi e banche dati.

La parte di programma che mi è stata sottoposta cerca di risolvere una delle problematiche più delicate nel rapporto tra Stato e cittadino, ossia il rapporto fra Fisco e cittadino, e parte dal rapporto di fiducia e stima che esiste fra le Istituzioni e la collettività. È inutile nascondere che, in questo tipo di rapporto, siamo a dei minimi storici. Lo stesso nome del principale ente dell’amministrazione finanziaria, cioè l’Agenzia delle Entrate, oggi suona come altamente impopolare e andrebbe, anche solo per fini di marketing, mutato. Se a questo aggiungiamo i risultati sensibilmente scarsi di recupero del sommerso, il trend di semplificazione che è stato decisamente invertito negli ultimi mesi con una serie di provvedimenti che accrescono gli adempimenti fiscali e una gestione del personale alquanto discutibile così come dei fenomeni di corruzione, viene da pensare che questa amministrazione e quest’istituzione vada profondamente mutata.

Ciò, certo non è facile e quasi impossibile, se consideriamo che il cittadino ancora oggi viene visto come un potenziale evasore a prescindere, se consideriamo che il Fisco viene percepito come un nemico e, in buona sostanza, come un qualche cosa che sta aggravando la crisi economica, se il Fisco non riesce ad avere una contezza della realtà economica del Paese e quindi un controllo e un presidio del territorio e se il Fisco non dà soprattutto l’idea di rispettare la legge dello Stato all’interno, ancor prima che all’esterno, quindi è necessario un cambiamento di rotta, che vuol dire un cambiamento di organizzazione e di sistemi adottati dall’amministrazione finanziaria quindi, meno aziendalistici, meno alla ricerca del ricavo, più preventivi e tutoriali, probabilmente anche più legati all’analitico e alla realtà. Ciò non è possibile con una struttura, come quella di oggi, che lavora per obbiettivi e standardizzazione.

È necessaria un’amministrazione pubblica che adotti come mission principale il rispetto del Diritto tributario e non i numeri e l’incasso. Più autonomia a un ente come quello esistente oggi, comporta notevoli rischi perché non dimentichiamo che è l’ente più poderoso nell’apparato pubblico, ha un potere di invasività su ogni cittadino, dalla nascita a fin dopo la morte quindi, autonomia sì, ma con stretto controllo ministeriale e possibilmente parlamentare. È per questo che il primo intervento, a mio modo di vedere, va fatto proprio sul Ministero di Economia e Finanze, facendo riassumere a questo Ministero, con una guida di autorità politica consapevole e attenta, quelle funzioni che piano piano sono state transitate all’Agenzia: mi riferisco, ad esempio, all’interpretazione delle norme oppure al controllo e al cosiddetto auditing.

Per quanto riguarda il principio dell’articolo 53 Costituzione, vale a dire la capacità contributiva, semplificato nel quesito come giusta imposizione fiscale, va detto che questo principio è stato disatteso dall’introduzione di strumenti presuntivi negli ultimi anni della storia del Fisco italiano. E quando ci si scollega dai dati reali si corre il rischio di innescare sistemi di contrattazione del tributo, di mercanteggiamento con eccessiva discrezionalità, nei quali si può annidare certamente il germe della corruzione, come stiamo vedendo in molti casi concreti di recente. È necessario quindi, a mio modo di vedere, uscire dagli uffici, avere un contatto diretto con la realtà imprenditoriale e aziendale, conoscere la realtà economica del territorio, e controllarlo.

Basta, in altri termini, accertamenti a tavolino. L’85% delle imprese italiane ha una dimensione ridotta tale che può e deve essere riconosciuta. È necessario quindi avere una strategia di controlli mirati su attività, di solito, meno controllate e poi, in generale, sui bilanci delle imprese. Attività come enti no-profit, società di gestione di appalti pubblici, dove spesso si annida, anche qua, la corruzione.

Con riferimento ai grandi gruppi e alle società multi- e transnazionali, lì sì è necessario, invece, operare con i moderni sistemi d’indagine e di incrocio informatico delle banche dati, quindi, costituendo centrali di intelligence interforze e di cooperazione internazionale. Prioritaria in questo settore, appare l’istituzione di un’efficace ed equa web tax e un controllo sistematico sui gruppi bancari.

Non ultimo, direi che bisogna far entrare l’amministrazione fiscale, anche civile, nella lotta alla malavita organizzata e al malaffare, attualmente, se non proprio trascurata, ben poco praticata. Sullo scambio di informazioni tra autorità amministrative, infine, sarebbe, a mio modo di vedere, sufficiente attuare una legge che fu pensata tra il ‘93 e il ‘94 e partorita nel ‘97, nella quale veniva prevista la rete unica della pubblica amministrazione. È un qualcosa che non solo consentirebbe alle amministrazioni di avere un interscambio di informazioni, ma sgraverebbe i cittadini da una serie di domande e di requisiti che vengono chiesti per qualsiasi pratica amministrativa. Bisogna comunque fare molta attenzione a dare al campo accessibilità alle banche dati, delle regole procedimentali stringenti e precise, al fine di evitare quella che potrebbe essere anche una deriva “poliziesca“, tra virgolette, ovviamente, delle pretese di accesso a banche dati private e aziendali oppure a usi impropri di questi strumenti.

Fatto questo quadro generale, ora avete la possibilità di scegliere quali siano gli obbiettivi prioritari da perseguire nella riforma del Fisco.