#ProgrammaSalute: Politiche del farmaco

Diverse concause rendono difficile, ovvero impossibile in alcuni casi, l’accesso ai farmaci obbligando le regioni ad introdurre i ticket per i farmaci che si sommano a quelli previsti per le altre prestazioni sanitarie. Discutiamo come garantire l’accesso ai farmaci necessari alle cure e una riduzione del loro costo attraverso le misure proposte.

di Gavino Maciocco, Docente di sanità pubblica, Università di Firenze

Una citazione tratta dal British Medical Journal: “I trionfi delle innovazioni farmaceutiche sono vittorie vuote se azzoppano i sistemi sanitari e generano enormi iniquità”.

Negli ultimi tempi, è quello che sta avvenendo per molti farmaci, farmaci oncologici, ma soprattutto farmaci contro l’epatite C. Mi riferisco soprattutto a quest’ultimo caso, perché in Italia sono 900 mila le persone affette da questa malattia e fortunatamente negli ultimi tre anni è stata scoperta una molecola, un farmaco, in grado di guarire da questa malattia. È un farmaco che si chiama “Sofosbuvir”. Nel 90% dei casi, in 12 settimane il trattamento produce una guarigione. Il problema qual è? Il problema è che questo farmaco, scoperto negli Stati Uniti, negli Stati Uniti è stato messo in commercio al prezzo di 84 mila dollari: 84 compresse, 84 mila dollari. In Europa a 40 mila euro a trattamento, anche in Italia. In Italia tutto ciò è avvenuto attraverso una trattativa segreta tra la Gilead, la ditta produttrice, e l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco. Soltanto dopo noi abbiamo saputo qual era il prezzo, cioè intorno ai 40 mila, con degli sconti all’aumentare del consumo e all’aumentare dei volumi venduti.

A causa del prezzo così alto, il farmaco è stato razionato, cioè è stato dato soltanto a pazienti molto gravi e tutti gli altri sono stati messi in coda. Quindi 900 mila pazienti, di cui una parte non conosce di essere malato perché la malattia ha un decorso lungo e nelle prime parti asintomatico, su 900 mila pazienti, mediamente all’anno ne vengono trattati 30 mila. Quindi oggi noi abbiamo 78 mila pazienti trattati, quindi meno del 10%. Tutti gli altri sono in fila ad aspettare, ma non tutti sono in fila ad aspettare. Ci sono alcuni che hanno i soldi per andarselo a comprare nelle farmacie di San Marino o del Vaticano a 60/70 mila euro, alcuni più intraprendenti vanno in India, dove il farmaco costa solo 800 dollari, ma gli altri sono in attesa che la malattia si aggravi, e questa è una situazione intollerabile.

È intollerabile anche perché, il prezzo così alto, non è giustificato dai costi della ricerca. Questo è emerso da un’indagine che ha fatto la stessa commissione del senato americano, che ha dimostrato che non c’era alcun rapporto tra prezzo e costi di ricerca. E quindi tutto questo, diciamo, episodio dei farmaci per l’epatite C, sono tutti d’accordo nel definirlo come un’operazione finanziaria speculativa fatta sulla pelle dei malati e consentita ovviamente dal trattato dei brevetti che, come sappiamo, dura 20 anni e quindi consente alle ditte di poter avere un monopolio sul prezzo, però è consentita soprattutto dalla compiacenza e dalla complicità dei governi che consentono di mantenere prezzi così alti.

Allora quali sono le risposte a questo problema? Il primo è una questione di principio: il diritto alla salute deve prevalere sul diritto alla proprietà intellettuale e al brevetto. Questo significa che è responsabilità dei governi garantire l’accesso a farmaci anche molto costosi, che pretendono di essere costosi, ma che i governi hanno la possibilità di tenere i prezzi più bassi, non soltanto attraverso degli adeguati meccanismi di controllo e di trasparenza nella formazione dei processi di ricerca e sviluppo, ma soprattutto, i governi hanno la responsabilità e la possibilità, in caso di emergenza nazionale di sanità pubblica, di produrre i farmaci generici attraverso una deroga prevista dallo stesso trattato della proprietà intellettuale. E quindi questo procedimento si chiama licenza obbligatoria.

Noi come sito Web “saluteinternazionale.info” abbiamo fatto una petizione per invitare, chiedere al Governo di attuare, nel caso specifico dei farmaci dell’epatite C, di attuare la licenza obbligatoria. La Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici ha aderito a questa nostra petizione e quindi da più parti, da moltissime parti, c’è stata la richiesta di andare verso questa direzione e ciò ha prodotto anche una reazione da parte del Governo e i prezzi sembrerebbero calati per i nuovi farmaci, però sono ancora molto alti, e noi riteniamo che siano ancora prezzi eccessivi da giustificare ancora una volta la licenza obbligatoria.

C’è una questione fondamentale che riguarda la trasparenza nelle relazioni tra le industrie farmaceutiche e tutti gli attori che si occupano di sanità. E questi sono molteplici, sono i medici, sono le società scientifiche, ma sono anche le associazioni dei malati. Ecco, in molti casi le relazioni tra questi attori non sono trasparenti, esistono, o possono esistere conflitti d’interesse. Questi conflitti devono essere superati e comunque dichiarati perché sulla questione della trasparenza, diciamo, nelle attività prescrittive ma anche nelle attività di lobby, deve scomparire ogni sospetto che un’attività di carattere assistenziale sia condizionata dagli interessi delle persone che entrano in gioco.

Riguardo all’ultimo elemento che vorrei citare è la questione dei ticket. I ticket sui farmaci sono stati i primi ticket introdotti e avevano, diciamo, uno scopo di deterrenza negli sprechi, ecco. Poi, siccome sono aumentati, sono diventati purtroppo, in molti casi, uno scopo di deterrenza nell’acquisto e nel consumo. Ecco, io manterrei un piccolissimo ticket di deterrenza contro gli sprechi ed eliminerei ogni ticket che svolga invece un ruolo di deterrenza nella loro acquisizione e nel loro consumo. Ecco, allora, spero di avere dato un quadro dei problemi partendo da un caso come quello dell’epatite. Ritengo che sia utile che i cittadini si esprimano su questi temi, che prendano consapevolezza dell’importanza di questi temi perché questi sono temi che hanno a che fare strettamente, non soltanto con le politiche della salute, ma anche con la vita delle stesse persone.