Il #ProgrammaAmbiente del MoVimento 5 Stelle

di MoVimento 5 Stelle

Ciascuno di noi ha quella che si chiama impronta ecologica, ed è la conseguenza di qualunque nostra azione. Questo si riflette sull’acqua che beviamo, sull’aria che respiriamo. Si riflette nel momento in cui noi ci spostiamo perché quando facciamo una trivellazione, o un pozzo petrolifero, o un pozzo per estrarre il gas, questo ha una conseguenza, si riflette sull’agricoltura perché l’acqua che utilizziamo irriga i campi, e se l’acqua è contaminata il prodotto agricolo può non essere di perfetta qualità. Allora lo scopo del nostro programma qual è?

È fondamentalmente di mettere una pezza, un rimedio, in ciascuna delle situazioni nelle quali l’ambiente è stato compromesso da anni e anni di cattiva gestione. Una parte è dedicata al cambiamento climatico, che è forse la più grande sfida che la nostra specie si trova a dover affrontare. Poi abbiamo una parte che è dedicata esplicitamente alle trivellazioni petrolifere, per le quali vogliamo proporre una moratoria e una gestione molto più restrittiva. È dedicata anche al recupero dei piccoli borghi, cioè delle piccole realtà che possono fare da volano per produzioni locali, produzioni a chilometro zero. Una parte dedicata alla gestione dei rifiuti, perché i rifiuti devono smettere di essere quello che dice la parola cioè un oggetto rifiutato, e devono tornare ad essere quello che è corretto che siano, cioè un normale sottoprodotto che ha un suo riutilizzo e una sua cessione nell’ambito complessivo della gestione del nostro territorio. Per questo ed altri motivi abbiamo ritenuto fondamentale scrivere tutto in un programma, che sia dettagliato, e che proponga esattamente al cittadino italiano quella che è la visione ambientale del MoVimento 5 Stelle.

Siamo sicuri che tutti i rifiuti che produciamo siano inevitabili? Quanti rifiuti o imballaggi inutili ci fanno comprare? Quanti imballaggi diventano subito rifiuto, invece che venir riutilizzati più volte con il vuoto a rendere? La maggior parte degli imballaggi non ha una filiera del riciclo ma alimenta discariche, inceneritori o viene dispersa nell’ambiente. Le priorità europee di gestione del rifiuto parlano chiaro: In primis la riduzione a monte dei rifiuti, e il recupero della materia. Eppure il Governo italiano incentiva il recupero energetico, ovvero gli inceneritori e il biogas. Il rifiuto di scarto che alimenta gli inceneritori, potrebbe essere invece recuperato in materia con le nuove tecnologie. Vedete? sono manufatti creati addirittura con il rifiuto indifferenziato. Basterebbe si spostassero gli incentivi per l’incenerimento, che noi paghiamo in bolletta, verso il recupero materia per far nascere questo, nuovo, virtuoso mercato.​

Quando parliamo di clima parliamo di cose che riguardano molto direttamente nella nostra vita, pensate a questo piatto di pasta con le vongole, noi rischiamo di non poterlo più mangiare perché il mare si sta acidificando, era 8,2 adesso è 8,1 le emissioni in atmosfera di anidride carbonica acidificano il mare. Dobbiamo assolutamente ridurre le emissioni in atmosfera e dobbiamo valutare con grande attenzione tutti gli impatti cumulativi dei progetti che devono essere autorizzati.

Il suolo è uno dei temi che poniamo al centro dell’attenzione, perché il suolo è un bene comune, un bene finito. Calcolate che per fare qualche centimetro di suolo ci vogliono migliaia di anni. Non è qualcosa che si produce tutti i giorni. E poi abbiamo un consumo di suolo in continua crescita. In questo momento di crisi siamo a 4 mq al secondo, si sono avuti momenti in cui il picco era di 8 mq al secondo. Quindi dobbiamo tutelare il nostro suolo e dobbiamo fermare la cementificazione. Come? con una migliore pianificazione degli enti territoriali, che devono badare all’interesse della collettività e non del singolo costruttore, ma soprattutto con il recupero e la riqualificazione degli edifici dismessi e abbandonati sui nostri territori. Questi devono essere i nuovi volani per l’attività edilizia, e non sicuramente andare a consumare nuovo suolo che ci serve per l’agricoltura. In conclusione cosa vogliamo: che si tuteli il nostro suolo e si tutela il nostro paesaggio dalle grandi città ai piccoli borghi.

I piccoli borghi e le aree interne stanno subendo delle forti dinamiche di spopolamento, che stanno mettendo in crisi le funzioni fondamentali di questi territori, per l’equilibrio naturale e idrogeologico. La tutela e la valorizzazione di questi luoghi però è affidata a chi vi abita e se finisce il presidio umano viene meno relativo controllo. I piccoli borghi e le zone dove questi sono insediati custodiscono i maggiori rifornimenti idrici del nostro paese, quindi dell’acqua potabile. Sono ricchi di storia, cultura, sapere locale e prodotti agroalimentari specializzati. Dai piccoli borghi e dalle aree interne può ripartire una nuova fase di sviluppo del nostro paese, per dare ai giovani nuove opportunità imprenditoriali.

Quando parliamo di trivellazioni parliamo di esplorazione e coltivazione di oltre mille pozzi dislocati su terra e su mare, che producono gas o sono mineralizzati ad olio. Parliamo del pericolo al quale esponiamo aree di pregio paesaggistico e naturalistico e le attività legate a turismo e pesca, come del possibile aumento del rischio sismico e vulcanico. Oggi la valutazione di impatto ambientale esiste ma non considera i veri costi sociali ed ambientali, e lo Stato complice, tollera il continuo utilizzo del fossile e l’aumento delle emissioni climalteranti. Facciamo attenzione, perché dove c’è stoccaggio di gas, spesso in zone ad alta densità abitativa, c’è anche un forte impatto per l’inquinamento delle falde acquifere. Il nostro compito è quello di tutelare il suolo e la quantità e qualità delle acque per garantirle alle generazioni future.

Tutte le cose che produciamo e che mettiamo nel mercato hanno un costo ambientale, che da qui in avanti chiameremo impronta ecologica. Questa somma è data dalle tutta la produzione industriale del prodotto, dalla produzione fino allo smaltimento, dal riciclo, fino a tutte le fasi che portano alla fine del prodotto. Noi vogliamo che questo costo ambientale venga posto su ogni prodotto che viene messo sul mercato, venga calcolato sull’intero ciclo di vita. Quindi non più un contributo ambientale, e non più solo sugli imballaggi, ma su tutti i beni che vengono immessi sul mercato. Vogliamo che questo costo ambientale sia ben chiaro in etichetta, in modo che il consumatore possa individuarlo e scartare i prodotti con una impronta ecologica più alta, e favorire i prodotti con un minore impatto ambientale. Naturalmente il mercato favorirà i prodotti a maggior livello di riciclabilità, e scarterà automaticamente i prodotti a più basso livello di riciclabilità. Quindi il consumatore diventerà anche egli un soggetto responsabile, e la ricerca di prodotti e materiali che siano più ecologici verrà incentivata dalla produzione stessa che proverà ad avere i prodotti sempre più competitivi, a prezzi ossia costi ambientali, sempre più bassi.

Occorre avviare seriamente una politica di riciclo e recupero di tutte quelle materie che ad oggi invece vengono incenerite, attraverso una defiscalizzazione dei prodotti ricavati da rifiuti ed inoltre puntare sulla ricerca per il recupero a freddo delle materie plastiche miste. Per ottenere però dei risultati concreti ci dobbiamo dotare anche di un piano nazionale, che estenda a tutto il territorio italiano una reale ed efficace raccolta differenziata domiciliare prevedendo anche l’applicazione di una tariffa puntuale sui rifiuti, cioè paghi in base a quanto produci. Occorre in ogni caso puntare anche sul compostaggio, sia domestico che di prossimità, affinché si possa a gestire il rifiuto organico in maniera sostenibile e contemporaneamente produrre compost di qualità di cui i nostri terreni hanno estremamente bisogno, questo non solo tramite incentivi ma anche attraverso una educazione ambientale rivolt a tutti i cittadini.

Adesso tocca a voi: seguite i video degli esperti e votate i quesiti che vi proponiamo