Il candidato incandidabile arriva al ballottaggio: lo Stato dov’è?

di Vito Crimi

Solo in Italia possono succedere ancora certe cose. Quello che vedete nella foto si chiama Francesco Giunta ed è uno dei due candidati (sostenuto da Forza Italia e Fratelli d’Italia) ammessi al ballottaggio a Termini Imerese, in provincia di Palermo. Giunta ha patteggiato una condanna in via definitiva a 16 mesi per i reati di truffa e falso ideologico per fatti commessi in qualità di mandatario della SIAE. Per la legge Severino sarebbe stato INCANDIDABILE. Avete capito bene: non doveva essere ammesso neanche come candidato e il suo nome cancellato dalla scheda elettorale.

Per ammettere la candidatura di Giunta è stata sufficiente una sua autocertificazione (in cui ha dichiarato il falso, quindi commettendo un reato al quadrato). La commissione elettorale non ha verificato, almeno per i candidati sindaci, la veridicità delle autodichiarazioni (e poi ci lamentiamo dei falsi invalidi, che vanno avanti senza controlli e con le sole autocertificazioni).

E così, oggi, i cittadini di Termini si ritrovano una beffa al quadrato: hanno partecipato al primo turno di elezioni con un candidato condannato che non doveva essere ammesso, e andranno alle urne per i ballottaggi con lo stesso candidato, che potrebbe perfino essere eletto sindaco.

Il MoVimento 5 Stelle ha comunicato ufficialmente alla commissione elettorale che non si sarebbe potuta proclamare l’ammissione dei candidati al ballottaggio, poiché uno dei due non avrebbe dovuto essere nemmeno candidato. Malgrado questa comunicazione, il giorno dopo la commissione ha proceduto regolarmente alla proclamazione. Il tutto in barba alla legge Severino, la quale prevede che nel caso vengano scoperte successivamente cause di incandidabilità, l’ufficio preposto non debba procedere alla proclamazione degli eletti (e in modo analogo degli ammessi al ballottaggio).

Inascoltati, abbiamo coinvolto il Ministro dell’Interno che si è interessato al caso tramite la Prefettura. Ma quando la Prefettura si è attivata, ha scoperto di avere le mani legate. Già, perché in Sicilia vige lo statuto speciale anche sui sistemi elettorali. Insomma i nostri ricorsi, telefonate e incontri non sono serviti a nulla e ha prevalso la rigida applicazione leguleia del comma x dell’articolo y della legge z del Paese all’Incontrario.

In Sicilia non c’è solo la mafia che fa guerra allo Stato, impoverendo sempre più i cittadini e la loro terra. C’è anche una presidenza della regione che contribuisce ad allontanare sempre di più la Sicilia dallo Stato Italiano.

È palese la vergognosa sfacciataggine di chi si candida sapendo già di essere incandidabile, arrivando a dichiarare il falso. Solo per questo motivo andrebbe interdetto a vita da ogni pubblica amministrazione e da ogni pubblico ufficio. Ma mettiamo da parte l’indignazione per un istante. DOV’È LO STATO ITALIANO IN TUTTO QUESTO? Com’è possibile che non si possa fare nulla? Com’è possibile mandare al voto i cittadini con il rischio quasi certo che venga eletto un individuo incandidabile?

Forse Termini Imerese non ha già subìto abbastanza traumi? Da quasi un anno il comune è commissariato, in seguito alle dimissioni dell’ex sindaco Salvatore Burrafato, inquisito per peculato, falso in atto pubblico ed altro. Adesso potrebbe ritrovarsi con un’elezione annullata per un candidato condannato. In un Paese civile questo non può accadere. In un paese civile il governo interverrebbe per ripristinare il senso di legalità, il rispetto delle regole, il minimo della decenza. Invece c’è solo silenzio.

Oggi sono deluso prima di tutto come italiano, e ancor di più come siciliano.