#ProgrammaScuola: Come innovare la didattica

La Scuola va rinnovata e ripensata in modo da attuare strategie didattiche e pedagogiche innovative, in grado di coinvolgere attivamente gli studenti nella creazione delle conoscenze. Per raggiungere questo importante obiettivo vi chiederemo di scegliere tre priorità.

di Paolo Mottana, ordinario di filosofia dell’educazione Università Milano Bicocca

La scuola oggi presenta tanti elementi che hanno bisogno di essere trasformati. in generale l’educazione pubblica credo che debba essere un’educazione all’altezza delle esigenze dei bambini e dei ragazzi che vivono nel nostro tempo, e questo non è quello che accade. La scuola di oggi continua a tenerli imprigionati in spazi e in tempi, dovendo assecondare argomenti che non sono appropriati alle loro esigenze, ai loro desideri e alle loro possibilità.

Occorre intervenire anzitutto perché la scuola diventi un luogo dove non solo la dimensione cognitiva, ma la dimensione fisica, le dimensioni emotive, le dimensioni immaginative, le dimensioni creative, trovino il loro spazio. È necessario chiudere una fase in cui abbiamo, per così dire, messo da parte bambini e ragazzi rispetto alla vita sociale, e ricondurli invece a entrare in contatto con la vita reale, perché è soltanto quando si entra in contatto con la vita reale, con altre generazioni, quando si entra in contatto con esperienze autentiche che bambini e ragazzi si sentono effettivamente motivati, si sentono coinvolti, possono per così dire vivere delle autentiche passioni per quello che fanno.

Bisogna andare nella direzione di una educazione diffusa, cioè un’educazione in cui tutta la società si sente responsabile, dove la presenza di bambini e ragazzi nel mondo torna ad essere protagonista. Perché noi purtroppo abbiamo perso il loro contributo, abbiamo perso la loro vitalità, la loro freschezza, la loro spontaneità, le loro capacità chiudendoli in luoghi dove tutto questo viene soffocato.

Abbiamo bisogno di aiutare gli educatori e gli insegnanti a ritrovare il gusto di una professione che purtroppo chiusa nelle mura anguste della scuola finisce per essa stessa a spegnersi. Aiutandoli a muoversi nel mondo e a trovare le opportunità, le occasioni, dove il loro stesso sapere venga per così dire chiamato il gioco. Quindi si tratta di un movimento complesso, che rovesci un po’ le gerarchie che sono state per così dire impiegate fino ad oggi, le gerarchie che vedono un sapere organizzato frantumato in discipline, rinchiuso in luoghi dove ci sono le gabbie di discipline, di normative, di valutazioni, che costringono questo sapere a perdere il suo potenziale di interesse, di curiosità, e invece riportarli nella vita reale.

Per tutto questo abbiamo bisogno di una nuova formazione per insegnanti e docenti, che faccia leva davvero sulla loro capacità di stare insieme ai ragazzi. Non come controllori, non come giudici, non come agenti di sicurezza, come spesso accade, ma come compagni di un attraversamento dell’esperienza della vita. E la vita è estremamente varia, è un’arnia infinita di occasioni, di opportunità, di esperienze straordinarie. Ma non possiamo più confinarle all’interno di uno spazio così ristretto come quello della scuola.

Abbiamo bisogno di aprirci al territorio, di aprirci a tutti quegli agenti sia pubblici che privati che possono contribuire a offrire delle opportunità, e anche a ricostruire il profilo stesso di quartieri, delle zone, delle città. Perché bambini e ragazzi possano di nuovo ricominciare a solcarli ad essere presenti in essi attraverso un sistema di trasporti adeguato. Abbiamo bisogno di una formazione di educatori ed insegnanti che cambino il loro profilo esclusivo da esperti disciplinari, e diventino, per così dire, degli organizzatori di esperienze.

L’apprendimento avviene attraverso l’esperienza, non avviene attraverso alcuna memorizzazione di qualcosa obbligata da qualcun altro, l’apprendimento che io chiamo “apprendimento per sottomissione”. Non c’è bisogno di sottomettersi a nulla, c’è solo bisogno di gustare le infinite opportunità che la realtà ci offre. Da questo punto di vista certamente anche le tecnologie possono avere un ruolo, che non deve essere semplicemente di lubrificazione per imparare, ma un modo per scoprire, per essere creativi.

Ci sono tecnologie che ci aiutano a riprendere il mondo, rivederlo ad analizzarlo, ci sono tecnologie che ci aiutano ad acquisire conoscenze, ci sono tecnologie che però possono anche diventare un alibi per non occuparsi direttamente della realtà. E quindi le tecnologie devono essere un oggetto su cui esercitare un’attenzione critica, da somministrare secondo la dovuta calibratura, rispetto all’importanza che invece l’esperienza autentica, reale, diretta, carnale nel mondo può avere.

Credo che l’educazione diffusa, che per il momento ancora è soltanto abbozzata in qualche esperienza sperimentale, possa diventare per il futuro la strada da prendere. Occorre qualcuno che dalle posizioni in cui si decide come funziona l’educazione nel nostro mondo, prenda delle decisioni in questo senso. Ci aiuti a liberarci da quei sarcofagi che sono le strutture scolastiche, dentro i quali purtroppo noi abbiamo deciso di confinare una parte così importante della vita umana. E tanti soggetti che possono invece contribuire, con il loro lavoro, con la loro meraviglia, con la loro capacità ancora non contaminata a rendere migliore.