Pene più severe per chi maltratta gli animali

di Paolo Bernini

Nonostante i Giudici abbiano condannato con il massimo della pena i 4 responsabili del maltrattamento e della feroce uccisione del cane Angelo, i sedici mesi previsti attualmente dal nostro codice penale sono stati convertiti con la condizionale in sei mesi di servizi socialmente utili presso un canile.

I condannati sono anche stati obbligati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento di 2000 euro per tutte le associazioni riconosciute come parti civili. Sebbene secondo la legge questi pericolosi soggetti hanno avuto il massimo della pena, appare evidente che per la gravità del reato commesso, in considerazione anche dell’efferatezza e dell’incrudelimento contro un cane indifeso, tutto questo non possa essere punito in modo così blando.

Tutto ciò richiede solo un impegno concreto: pene più severe.

Come abbiamo previsto nella nostra proposta di legge che se il Governo e i suoi presunti parlamentari animalisti, anche dell’opposizione, volessero veramente, dovrebbe essere calendarizzata ed approvata in una settimana.

L’unica risposta concreta valida da parte del Parlamento per un gesto così efferato.

Il resto sono solo chiacchiere che non aiutano gli animali. Ma la realtà è che in questo Paese da troppi anni si parla di rispetto degli animali, e, in modo completamente distorto di “animalismo”.

Ma i primi a non rispettare gli animali e a permettere una serie infinita’ di abusi su di essi sarebbero proprio quei parlamentari che su questi temi ci si sono costruiti carriere e credibilità senza raggiungere mezzo obiettivo, cavalcando battaglie con comportamenti visibilmente e risibilmente incoerenti.

Una legge come quella sul randagismo (281/91) che a 26 anni dalla sua emanazione non è applicata in tutta Italia, dimostra che i vecchi partiti e i vecchi soggetti, sebbene riciclandosi e cambiando casacca, non avrebbrero mai fatto la differenza per gli animali, per esempio denunciando i colleghi delle Istituzioni locali per le loro omissioni di atti d’ufficio.

E in questo brodo di autoreferenziali zoofili la violenza e le chiacchiere sulla pelle degli animali dilagano in modo preoccupante, come in questo caso