Il latte finto è l’ultima battaglia sull’etichettatura del cibo

traduzione di un articolo pubblicato sull’Associated Press News

I produttori di latticini chiedono un giro di vite per il ‘latte‘ prodotto dalle mandorle, soia e riso. Sostengono infatti che mascherare questi prodotti come ‘latte’ danneggia l’immagine ed il significato del termine ‘latte‘. Ciò nonostante, un gruppo che sostiene l’uso dei prodotti a base vegetale, The Good Food Institute, ha contrattaccato chiedendo al ‘Food and Drug Administration‘ (FDA) di certificare che l’uso di termini come ‘latte‘ e ‘salsiccia‘ possano essere usati fino a che sull’etichetta sia specificato cosa questi prodotti contengano.
Questa è l’ultima disputa sul significato di autenticità del cibo, discussioni che spesso nascono dall’uso di nuove tecniche di produzione o introduzioni di diete specializzate. Qualche esempio? Il pollo congelato ‘Wyngz‘ prodotto da DiGiorno era continuamente preso di mira dal comico Stephen Colbert. Un altro, una sostanza spalmabile priva di uova che si chiamava ‘Mayo‘ ha provocato le ire dei produttori di uova. Ed anche nel passato, già nel 1880, la margarina veniva dimessa da un legislatore del Wisconsin come ‘burro contraffatto’.Già oggi gli Stati Uniti indicano chiaramente, per una gamma di prodotti come salse per condimenti, piselli in scatola e pane all’uvetta, quali siano le caratteristiche richieste per la loro immissione nel mercato interno. Sono questi standard di qualità che spesso innescano le battaglie alimentari.

MUCCHE, NOCI E FAGIOLI
Anche se il latte di soia e latte di mandorla sono diventati termini banali quest’oggi, lo standard di definizione base di ‘latte‘ sostiene che il latte sia un prodotto derivante dalla “mungitura completa di una o più vacche sane“. Questo è il punto che l’industria dei latticini sta ora enfatizzando, avendo anche dalla loro parte i legislatori che solo il mese scorso hanno introdotto una legge che forzi la FDA a far rispettare le linee guida di etichettatura dei prodotti alimentari. “I mammiferi producono il latte, le piante no“, ha detto Jim Mulhern, presidente della Federazione nazionale produttori di latte Americana. La stessa Federazione sostiene di aver chiesto alla FDA di far rispettare lo standard di etichettatura almeno dall’inizio degli anni 2000 e che la mancanza di una applicazione certa delle linee guida per l’etichettatura dei prodotti alimentari ha portato ad una proliferazione di imitatori che hanno approfittato di questa rilassatezza sulla definizione di cosa sono o non sono i latticini.

I prodotti spesso al centro delle battaglie alimentari riguardanti il latte, fanno spesso riferimento a se stessi come “latte di soia” o “latte di mandorla“. Singole parole che l’industria lattiero-casearia indica come ad un modo ingegnoso per aggirare le linee guida relative alla definizione di cosa sia il “latte“.
The Plant Based Foods Association, che rappresenta aziende come Tofurky e Milk Alterantives, sostiene che gli standard di identità siano stati creati per impedire alle imprese di usare ingredienti meno costosi a scapito dei clienti. Ma lo stesso gruppo sostiene che i produttori di latte di soia, mandorle e riso non stanno cercando di approfittarsi dei clienti. Queste aziende fanno pagare più soldi a chi è attratto da questo tipo di prodotti, dice Michele Simon, direttore esecutivo dell’associazione. Mentre la FDA ribadisce che si mobilita “in accordo con le priorità delle priorità della salute e pubblica e a seconda delle proprie risorse“.

COMMESTIBILE MA SENZA LE UOVA
La poca conosciuta Associazione dei condimenti e salse ha dimostrato tutta la sua forza nella battaglia della maionese del 2014. Il gruppo ha più volte denunciato alla FDA che una salsa priva di uova venisse chiamata ‘Just Mayo’, facendo notare alla FDA che in base alle norme federali la maionese è un prodotto definito dal fatto di contenere nelle sua ricetta dell’uovo. La casa di produzione Unilever, che produce la maionese Hellmann ed è uno dei membri dell’associazione, aveva citato in giudizio il produttore della salsa ‘Just Mayo’ con la stessa motivazione. Anche se la querela è stata abbandonata dopo che Unilever ha subito la protesta da parte dei sostenitori della suddetta salsa vegana.

L’associazione dei condimenti e salse non è stato l’unico gruppo infastidito dal brand ‘Just Mayo‘. L’amministratore delegato della American Egg Board, che rappresenta l’industria delle uova, tramite un consulente esterno ha tentato senza successo di fermare la vendita di ‘Just Mayo‘ nei supermercati Whole Foods. Questo fatto ha portato all’apertura di un’indagine da parte del Dipartimento statunitense dell’Agricoltura. Poco dopo l’apertura delle indagini, l’amministratore delegato della American Egg Board è andato in pensione prima del previsto. Per quanto riguarda ‘Just Mayo‘, l’azienda produttrice ha trovato un accordo con la FDA per mantenere il nome del brand – accettando alcune modifiche sulla etichetta del prodotto ‘Just Mayo’ che rendessero chiaro il fatto che il prodotto non contiene uova.

IL FALSO YOGURT
Centro della battaglia legale riguardante il prodotto Yoplait Greek c’era un concentrato di proteine ​​del latte. Questo ingrediente non era elencato nella lista della FDA per la classificazione dello yogurt. In più, la causa legale sosteneva che la General Mills usava questo concentrato di proteine per addensare il suo yogurt, invece di produrlo nel modo classico in cui gli yogurt greci sono prodotti.

Il caso fu infine respinto dal giudice, sostenendo che la FDA avrebbe potuto gestire la diatriba in maniera migliore. Gudmundson dichiarò che tentò invano di contattare l’agenzia dopo l’emissione della sentenza, ma nulla fu fatto. Il produttore di Yoplait Greek, General Mills, ad oggi sostiene che ha modificato la ricetta dei propri yogurt e non utilizza più nel suo prodotto il discusso concentrato di proteine del latte. La General Mills, comunque, aveva sottolineato nei documenti presentati durante la causa legale che la aveva detto durante un seminario che il concentrato di proteine ​​del latte poteva essere utilizzato nello yogurt.

Nel 2002, la presenza del concentrato di proteine ​​del latte nelle sottilette Kraft ha portato all’invio di una lettera di avvertimento da parte della FDA alla Kraft stessa. La lettera sottolineava come il concentrato di proteine del latte non fosse elencato come ingrediente nella definizione di ” formaggio pastorizzato“. Kraft ora nelle etichette delle sottilette inserisce la definizione di “formaggio fuso“.

I TRUCCHI COMMERCIALI
Il prodotto “Wyngz” ha ottenuto un gran successo pubblicitario in Tv non molto tempo dopo che DiGiorno ha lanciato i suoi pasti surgelati nel 2011, prodotti come la pizza ed i pezzi di pollo disossati. “The Colbert Show” ha denunciato come il brand ‘Wyngz’ abbia usato delle autorizzazioni governative per aggirare il fatto che le ‘Wyngz‘ non fossero fatte di carne di ala di pollo. Colbert ha citato nel suo show una pagina del sito web del USDA che permette l’uso di nomi strani per prodotti che hanno “la forma di un’ala o di stuzzichini” ma che non sono fatti interamente da carne dell’ala di pollo. “Per altri prodotti, non sono ammessi errori di ortografia”, dice il sito.

La storia dietro questa definizione dell’USDA rimane un po’ un mistero. La Nestlé, proprietaria della DiGiorno, ha detto che voleva chiamare i pezzi di pollo disossati “Wings” (ali), dal momento che riteneva i clienti in grado di capire che le ali senza osso non sono le ali intere vere e proprie. L’azienda sostiene che è stata invece l’USDA a proporre “wyngz.” Nestle con orgoglio ha osservato che a suo avviso è stata la prima, e forse unica, società ad avvicinarsi all’USDA per esporre il problema che ha portato a chiamare il prodotto “wyngz“. L’USDA dice che già un’altra società aveva fatto la richiesta di usare questa parola per descrivere un suo prodotto, e non ha ritenuto opportuno il dover elaborare un risposta più precisa.

IL BURRO CONTRAFFATTO
Non sono solo il latte di soia ed il latte di mandorle ad aver attirato le ire del settore lattiero-caseario. Nel 1886, i produttori di latticini introdussero una tassa federale sulla margarina che all’epoca era soprannominata dal rappresentante William Price del Wisconsin, un importante Stato per quanto riguarda la produzione di latticini, “il burro contraffatto“. Nel 1902, questa legge fu modificata per aumentare la tassazione sulla margarina tinta che era considerata un prodotto che cercava di assomigliare al burro, dice Ai Hisano, storico del commercio presso la Harvard Business School.

Alcuni Stati arrivarono al punto di vietare la vendita di margarina tinta, che naturalmente presentava un colore bianco. Fatto che si può anche riscontrare in un vecchio annuncio della Parkay Margarine che recita “Giallo dorato e pronto ad essere spalmato!” – con un asterisco a precisazione “in 26 Stati.” Hisano ci dice che per aggirare i divieti statali, alcuni produttori margarina davano delle capsule con una soluzione gialla ai propri clienti, in modo che potessero tingere la margarina da soli.

Arrivando ad oggi, l’etichettatura e la composizione degli alimenti rimane un argomento polarizzante. Gruppi come la federazione dei latticini sostengono che gli standard federali di etichettatura alimentare garantiscono alla gente di comprare ciò che si aspettano da prodotti che presentano nell’etichetta termini come “latte“. I difensori dei diritti degli animali che sostengono alternative di origine vegetale si chiedono se gli standard di etichettatura hanno ancora senso. Matt Penzer, un avvocato per la Humane Society degli Stati Uniti, sostiene che alcuni standard sono obsoleti, ma che vengono utilizzati da chi comanda il mercato per respingere la concorrenza ed innovazione.