I telefonini e la nostra salute. Ecco quello che non ci dicono

di Claudio Poggi [1]

A tutti noi è capitato, sfogliando il libretto di istruzioni di un telefonino, di imbatterci in una frase che dice più o meno questo: “… il SAR (Specific Absorption Rate) relativo all’uso di questo apparecchio è inferiore alle linee guida adottate per assicurare la sicurezza degli utilizzatori…” . Tutto a posto dunque, possiamo stare tranquilli? Assolutamente no.

IL SAR, che in italiano significa Tasso di Assorbimento Specifico
, è una quantità molto in voga nei paesi anglosassoni e tra i costruttori di telefonini e DOVREBBE rappresentare quanta radiazione elettromagnetica viene assorbita da un corpo durante l’uso di un telefonino, costituendo quindi un indice della sua pericolosità.

A parte il fatto che è paradossale basare la nostra sicurezza su una misura difficilmente riconducibile al Sistema Internazionale delle unità di misura (cfr. [2]), e che è assolutamente assodato (vd. ad es. [3]) che il SAR è una misura altamente aleatoria, dato che varia in funzione dell’età del soggetto (ad es. perché un adolescente è più idratato di una persona anziana), della costituzione (ad es. altezza, dimensioni), e di altre condizioni (ad es. se vengono indossati o no gli occhiali), rimane l’ INSORMONTABILE PROBLEMA che il SAR nasce per misurare quanta sia l’energia assorbita dal corpo umano, e quindi in ultima analisi è legato al concetto di “effetto termico”, mentre è da tempo nota [4] l’esistenza di EFFETTI BIOLOGICI a BASSO LIVELLO e cioè a livelli di Campo Elettromagnetico inferiori a quelli “termici”.

Questo cosa c’entra questo con la sentenza, dello scorso 11 aprile con la quale il Giudice Luca Fadda del tribunale di Ivrea riconoscendo il nesso causale tra Campo Elettromagnetico e tumore, condanna l’ INAIL al risarcimento del danno subito da un dipendente Telecom a seguito dell’uso intensivo del telefonino?

C’entra eccome: non dubito affatto che tutti i telefonini usati dallo sfortunato protagonista della vicenda abbiano avuto un SAR rientrante nelle linee guida proposte da ICNIRP (che, ricordiamoci, non è un ente pubblico, ma di fatto un organismo privato, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo può comportare – cfr.: lo statuto ICNIRP [5]), e riprese in sede europea da CENELEC e dal Consiglio dell U.E. con la Raccomandazione 1999/519/CE [6].
La verità è che ICNIRP, per sua stessa ammissione, regolamenta solo quello che si conosce, ma purtroppo non si conoscono i meccanismi di azione del Campo Elettromagnetico a BASSO LIVELLO, e quindi la domanda è : “come si può regolare qualcosa che non si conosce?”. Non lo si regola, appunto (vd. [6] e [7]). Alla faccia del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, sia pure nella versione “europea”, che è parecchio edulcorata ed attenta a contemperare le esigenze della salute e quelle industriali [8]…
Se riesco a capire che l’applicazione del Principio di Precauzione esula dalle competenze e dalle finalità di ICNIRP, mi risulta assolutamente incomprensibile perché tale principio non sia applicato dagli organismi europei.
Dunque, il SAR non serve a nulla, tranne, probabilmemente, a permettere di scrivere la frasetta tranquillizzante che ho citato all’inizio.

Come se ne esce?

Occorre considerare le cose in altro modo, un po’ meno prono alle esigenze dell’industria. In casa nostra, in Italia, ne abbiamo un esempio, anzi, probabilmente abbiamo l’ ESEMPIO migliore al mondo di come la questione dei Campi Elettromagnetici si possa affrontare…

L’ APPROCCIO PROTEZIONISTICO ITALIANO
Spesso si sente argomentare che “i limiti italiani -i noti 6V/m per intenderci- sono molto più restrittivi di quelli della maggioranza degli altri stati”. Quello che sembra sfuggire ai più è che non solo i limiti sono diversi, ma soprattutto lo è il quadro scientifico in cui detti limiti si inseriscono [9].

La questione principale è che mentre gli EFFETTI TERMICI sono ben conosciuti, e quindi è agevole trovarne i limiti protezionistici di esposizione, ad oggi rimane sconosciuto il meccanismo di azione biologica del Campo Elettromagnetico a BASSO LIVELLO.

Come abbiamo visto sopra, un approccio protezionistico basato su SAR non solo risente del vizio originale di essere in ultima analisi legato all’energia e quindi agli effetti termici, ma è anche di applicazione piuttosto aleatoria.
Ciò nonostante, la Raccomandazione 1999/519/CE del 12 luglio 1999 (“Raccomandazione del Consiglio relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 a 300 GHz”) riprende integralmente le linee guida dell’ICNIRP, che si basano esattamente su valutazioni del SAR: ma questo è come dire che si prendono in considerazione solo gli effetti termici.

L’approccio protezionistico italiano rovescia il paradigma: non si limita più l’esposizione a partire dalla considerazione dell’energia assorbita dai tessuti, ma SI LIMITA LA SORGENTE.
La linea seguita dal nostro paese non è particolarmente bizzarra, dato che nel mondo non siamo i soli ad adottare questo approccio: altre nazioni lo condividono con noi, ad es. la Svizzera e la Cina (la prima con limiti minori, la seconda con limiti maggiori di quelli italiani ma inferiori ai “livelli di riferimento” della Raccomandazione Europea).

Inoltre il “modello italiano” non è soltanto ragionevole, ma è anche quello PIU’ APPLICATO tutte le volte che un inquinante minaccia la salute umana: ad es. nell’alimentazione viene limitata la quantità di sorgenti potenzialmente tossiche NEI PRODOTTI, e non QUANTO di un certo inquinante il nostro corpo possa assorbire.

A partire dal 2012 questo pregevole ed innovativo (per il settore) impianto normativo ha subito ripetuti attacchi, per es.:
– con l’ art.14 della L.179 del 18/10/2012 , che ha imposto una sorta di media sulle 24 ore delle misure relative al valore di attenzione (e prevedendo anche la misurazione a 1,5 m. sul piano di calpestio ha in qualche modo reintrodotto il concetto di SAR);
– con il Decreto del Ministero Ambiente (MATTM) del 5/10/2016 riguardante il fattore di attenuazione (fino a 6 dB) del Campo Elettromagnetico da parte di pareti e dei solai, che in caso di pareti senza finestre porta ad un RADDOPPIO del limite, e lascia una imbarazzante possibilità ai gestori di autocertificare comunque una attenuazione anche in presenza di aperture; NONOSTANTE questo, tale decreto è stato definito dal Ministro Galletti “… un altro passo avanti verso la definizione di parametri definiti sull’esposizione ai Campi Elettromagnetici, a tutela della salute dei cittadini “.

INFINE, UNA PROPOSTA
Deve essere ben chiaro che l’impianto normativo dell’ Approccio Protezionistico Italiano di cui ho parlato si riferisce alle stazioni radio base (SRB) , alle “antenne”, per intenderci, ma penso che questo modo di considerare la questione potrebbe essere esteso con relativamente poca spesa anche al mondo dei terminali portatili .

In sostanza l’Opinione Pubblica (se sta succedendo, a torto o ragione per l’ Olio di Palma, perché non dovrebbe succedere per i Campi Elettromagnetici ?) potrebbe spingere l’industria a progettare reti di telefonia mobile che richiedano un livello minimo di campo inferiore ai circa -110 dBm attuali, e contemporaneamente a progettare terminali (cioè telefonini) parimenti capaci di operare a livelli più bassi. Da progettista sono convinto che con una spesa accettabile, diciamo di pochi punti percentuali sul prezzo del telefonino, i limiti di funzionamento siano facilmente migliorabili di 5-6 dB : questo potrebbe portare ad una sensibile diminuzione della potenza emessa.
E se non vi convince questo, pensate a quanto durerebbero di più le batterie…

Certo, occorre lungimiranza, intelligenza (nel senso latino di “legere intus”, leggere dentro le cose), e soprattutto occorre un alto grado di consapevolezza da parte dell’Opinione Pubblica…

Ma penso si possa fare.

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[1] Claudio Poggi è laureato in Ingegneria Elettronica al Dipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica dell’ Università di Genova, e si occupa da oltre 30 anni della progettazione di apparecchiature elettroniche, spesso elettromedicali, e delle problematiche inerenti l’uso dei Campi Elettromagnetici. www.claudiopoggi.it

[2] Il SI (Sistema Internazionale delle unità di misura) in Italia è il sistema legale di misura da adoperarsi obbligatoriamente in forza del D.P.R del 12 agosto 1982, n. 802 , attuazione della direttiva (CEE) n. 80/181 relativa alle unità di misura (in GU n.302 del 3-11-1982) . Il SAR è espresso con la relazione SAR=dW/dm ma la massa (espressa come m=densità*volume) non è derivabile perchè nei modelli del corpo umano è una grandezza discontinua! Una considerazione simile è valida se la definizione di SAR anzichè con differenziale è espressa con integrale di volume.

[3] Y-Y. Han, O.P.Gandhi,A.deSalles,R.B.Herberman and D.L.Davis, ” Comparative assessment of models of electromagnetic absorption of the head for children and adults indicates the need for policy changes”, L. Giuliani and M. Soffritti eds., “NON-THERMAL EFFECTS AND MECHANISMS OF INTERACTION BETWEEN ELECTROMAGNETIC FIELDS AND LIVING MATTER”: an ICEMS Monograph, Eur. J. Of Oncology-Library, vol.5,pp.301-318,2010. Published, 10/2010. www.icems.eu.

[4] ad es.: il Report “Bioinitiative 2012” in http://www.bioinitiative.org., oppure vd. ancora: “NON-THERMAL EFFECTS AND MECHANISMS OF INTERACTION BETWEEN ELECTROMAGNETIC FIELDS AND LIVING MATTER ” in http://www.icems.eu/papers.htm,

[5] http://www.icnirp.org/en/about-icnirp/aim-status-history/index.html

[6] U.E., Raccomandazione del Consiglio 1999/519/CE, Gazzetta ufficiale n. L 199 del 30/07/1999 pag. 0059 – 0070.

[7] da “ICNIRP GUIDELINES FOR LIMITING EXPOSURE TO TIME; VARYING ELECTRIC , MAGNETIC AND ELECTROMAGNETIC FIELDS ( UP TO 300 GHZ )” ,www.icnirp.org/cms/upload/publications/ICNIRPemfgdl.pdf
” …in the case of potential long-term effects of exposure, such as an increased risk of cancer, ICNIRP concluded that available data are insufficient to provide a basis for setting exposure restrictions, although epidemiological research has provided suggestive, but unconvincing, evidence of an association between possible carcinogenic effects and exposure at levels of 50/60 Hz magnetic flux densities substantially lower than those recommended in these guidelines… ”

questo è grossomodo l’approccio al problema per 50/60Hz, ma anche per le radiofrequenze non cambia molto:

“…Basic restrictions and reference levels Restrictions on the effects of exposure are based on established health effects and are termed basic restrictions.”

Cioè si regolamenta quello che è già noto; quanto al il resto, come gli effetti a lungo termine, è prima necessario che questi vengano riconosciuti, e quindi che siano accaduti… con buona pace del Principio di Precauzione [8].

[8] estratto da il Principio di Precauzione in versione “europea”: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=URISERV:l32042&from=IT
“principi generali … l’esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall’azione o dall’assenza di azione …”
“L’onere della prova: nella maggior parte dei casi, i consumatori europei e le associazioni che li rappresentano devono dimostrare il pericolo associato a un processo o a un prodotto messo sul mercato, eccezione fatta per i medicinali, i pesticidi o gli adittivi alimentari….”
[9] L’innovativa cornice scientifica relativa alla “limitazione della sorgente” fu per la prima volta presentata dal Dott. Livio Giuliani al XXX Congresso Nazionale dell’AIRM (Assoc. It. di Radioprotezione Medica), Cavalese, nel Febbraio 1998 e poi inserita nella “Proposta Aggiuntiva dell’Ispesl” al “Documento Congiunto Ispesl-ISS sulle Problematiche della Esposizione delle Lavoratrici e dei Lavoratori e della Popolazione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici di frequenza compresa tra 0Hz e 300 GHz”, pubblicata su Fogli d’Informazione ISPESL 1997, S(4).