#ProgrammaEsteri: Smantellamento della Troika

Oggi parliamo del primo dei dieci punti del Programma Esteri del MoVimento 5 Stelle. Una volta terminata l’esposizione dei punti, si procederà a una votazione online su Rousseau con la quale gli iscritti decideranno le priorità del programma. Informatevi e partecipate!

di Lidia Undiemi, Dott. Ricerca Diritto dell’Economia

L’anno zero della deriva europea risale a 10 anni fa. La crisi finanziaria mondiale, di cui l’Europa ha subito la ricaduta, è stata affrontata dalle istituzioni europee nel peggiore dei modi possibili: con la creazione e realizzazione della Troika, cioè un’istituzione finanziaria internazionale che è stata propagandata al grande pubblico col nome di “Fondo Salva-Stati”. Un nome rassicurante per ribattezzare qualcosa che di rassicurante non ha assolutamente nulla, perché si tratta di un’entità politica.

La Troika, detta anche MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), ha due obiettivi fondamentali: il primo, continuare a salvaguardare questo sistema finanziario europeo anche se evidentemente fallimentare, il secondo, quello di far gravare sulle popolazioni dei Paesi in difficoltà il peso della crisi. Come? L’organizzazione funziona in questa maniera: se un Paese si trova in difficoltà di natura finanziaria e chiede un prestito, quel Paese deve poi sottostare a condizioni rigorose, cioè attuare le famose riforme che abbiamo visto in Grecia ma anche Spagna e in Portogallo. Riforme realizzate anche in Italia, o a Cipro di cui ricordiamo il prelievo forzoso del 2012. Queste riforme hanno portato alla distruzione del diritto del lavoro in molti Paesi europei, alla drastica riduzione della spesa pubblica per servizi sociali come per le riforme sulle pensioni, insomma tutta una serie di provvedimenti che hanno salvato gli interessi finanziari dell’Europa ma hanno tradito quell’obiettivo europeo per cui è nata la comunità europea, cioè quello di garantire il benessere generale e la piena occupazione.

Tutti gli obiettivi delle riforme sono stati smentiti dai fatti. Se vogliamo pensare di uscire dalla crisi nell’ottica di una tutela degli interessi collettivi e di una salvaguardia dei valori fondamentali costituzionali, e senza anteporre gli interessi finanziari a tutto questo, dobbiamo mettere in discussione questa architettura politica che fa sì che il capitale debba essere salvato a tutti i costi e che a pagare debba essere il popolo. Per mettere in discussione questo sistema (ricordiamoci che siamo in un ambito strettamente politico, e anche se molto spesso le questioni vengono ricondotte soltanto a problematiche economiche in realtà è una questione politica, la troika è un organo politico) è necessario anche chiedersi quale è oggi il ruolo che le multinazionali rivestono nell’ambito dell’economia globale. In questi mercati che sono fortemente integrati nel sistema di globalizzazione finanziaria ed economica, l’espansione delle multinazionali ha un impatto politico: attraverso le organizzazioni internazionali infatti abbiamo da un lato dato potere politico al capitale, dall’altro con l’enorme espansione delle multinazionali occorre comprendere fino in fondo l’impatto di queste entità anche sotto il profilo fiscale, e questa è una delle questioni principali. Perché oggi le multinazionali hanno la possibilità di insediarsi in diversi Paesi ed ottenere grandissimi vantaggi fiscali.

Le crisi in un modo o nell’altro portano grandi opportunità di cambiamento. Noi dobbiamo sì cambiare, ma cambiare questo sistema di governo dell’economia e della finanza in senso favorevole alla popolazione, nel rispetto della Costituzione e delle democrazie dei vari Paesi coinvolti. Lasciando tutto così com’è, la situazione non migliorerà.