Libertà in Rete: la stretta in atto negli Stati Uniti

di MoVimento 5 Stelle

In una risoluzione adottata a Strasburgo il 23 novembre (304 voti a favore, 179 contro e 208 astensioni), il Parlamento Europeo ha “invitato” gli Stati membri a contrastare la “disinformazione e la propaganda” proveniente dalla Russia e dall’ISIS.

Il giorno dopo, il 24 novembre 2016, il Washington Post ha pubblicato un articolo sul lavoro svolto da quattro “gruppi di ricercatori” che hanno esaminato i risultati degli “sforzi propagandistici russi per minare la democrazia e gli interessi degli Stati Uniti”. Uno di questi gruppi di ricerca si è raccolto intorno al sito “PropOrNot” che ha pubblicato un elenco di 200 siti web che sarebbero colpevoli della pubblicazione di «fake news» e di notizie “di propaganda russa”.

Il Washington Post ha dovuto poi prendere le distanze dagli “esperti” citati nell’articolo ammettendo anche di non poter garantire “la validità delle scoperte di “PropOrNot”.

Ma il giornale di Amazon non si è arreso. E dalla “cyber propaganda russa attraverso fake news”, il WP è tornato alla carica il 9 dicembre riproponendo un vecchio tormentone hacker russi che hanno determinato la vittoria di Trump. Per sintetizzare la seconda “inchiesta” del WP: una “riunione a porte chiuse”, un “rapporto segreto” di agenti segreti della CIA con pochi e “selezionati senatori”. Tutte le fonti del WP rigorosamente anonime, come si addice ad ogni inchiesta che si rispetti.

Risultato: unica “fake news” certa al momento delle elezioni statunitensi è quella di tutti quei media che davano a pochissimi giorni del voto Hillary in vantaggio anche di 12 punti. Lo ha certificato anche uno studio della Standford University che – con uno con uno studio intitolato “Social Media and Fake News in the 2016 Election” – ha sancito come l’accusa a Trump di aver vinto le elezioni attraverso le “fake news” fosse essa la bufala di questi mesi.

Le “inchieste” del Washington Post hanno prodotto zero prove, ma tante dichiarazioni di Obama, una stretta legislativa crescente ed una pressione sul mondo di internet che gettano ombre inquietanti per il futuro della libertà d’espressione in rete.

Il 30 novembre, con 390 voti favorevoli, la Camera degli Stati Uniti ha adottato la “H.R. 6393, Intelligence Authorization Act for Fiscal Year 2017“, che chiede al governo di “contrastare misure attive da parte della Russia di esercitare influenza occulta”. Se approvata dal Senato questa legge sarà usata per colpire, minacciare o eliminare quei siti che gli “esperti” del WP giudicano di “fake news” – un’etichetta oggi utilizzata per definire arbitrariamente qualsiasi sito web o blog non allineato.

Intanto il “Bill HR 6393“, approvato al Senato degli Stati Uniti l’8 dicembre, chiede al governo di “sviluppare una strategia per contrastare la propaganda estera e di disinformazione” di attori statali come la Russia e la Cina, oltre a estremisti violenti. È stato creato un Centro per combattere la disinformazione estera e sarà guidato dal Dipartimento di Stato, ma con la partecipazione attiva del Dipartimento della Difesa, dell’ USAID, del Consiglio dei governatori Broadcasting, della Comunità di intelligence e altre agenzie competenti.

I colossi di internet della Silicon Valley,
intanto, hanno unito le forze per creare un database centralizzato che gli permetterà di bloccare contemporaneamente e in maniera “efficiente” contenuti su più piattaforme. Secondo Yahoo News, il database dovrebbe essere installato e funzionante nei primi mesi del 2017 e più aziende potrebbero unirsi. “I giganti del web,YouTube, Facebook, Twitter e Microsoft intensificheranno gli sforzi per rimuovere i contenuti ‘estremisti’ dai loro siti web con la creazione di una banca dati comune”. Naturalmente, mentre il database è venduto come un modo per censurare “contenuti terroristici” (chi non vorrebbe fermare i terroristi?!), cresce il sospetto che una volta stabilite le definizioni soggettive di “terrorista” ed “estremista”, queste, gradualmente, potrebbero presto trasformarsi in censura per tutto ciò che non è allineato e quindi “fake” secondo gli esperti del Washington Post.

Del resto, come spiega Daniel McAdams, Facebook ha annunciato che assumerà una varietà di organizzazioni di “fact-checking” per contrastare la disinformazione e bloccare le “bufale”. Il social utilizzerà, in particolare, Snopes, PolitiFact, Factcheck.org, ABC News e l’Associated Press.

Un problema sorge
: queste organizzazioni sono tra i più grandi rifornitori di notizie false che esistono al mondo.

PolitiFact ha un’intera parte del sito dedicata ad esporre i difetti dell’organizzazione.

Snopes è gestito da marito e moglie dalla loro casa in California senza alcuna esperienza in tecniche di ricerca e di indagine.

Su Associated Press e ABC News cosa aggiungere, sono quei media tradizionali che hanno rilanciato tutte le fake news che abbiamo denunciato qui.

Intanto, un gruppo di filantropi “disinteressati e imparziali” ha offerto milioni di dollari al nuovo sistema “anti-bufale” annunciato da Facebook. Chi sono? George Soros, che non ha bisogno di presentazioni. Il fondatore di Ebay, Pierre Omidyar, che ha versato oltre 30 milioni ai Clinton e alle loro associazioni di beneficenza. Poi ci sono Google, La Bill e Melinda Gates Foundation e il National Endowment for Democracy (che, come entità finanziata dal governo con i soldi dei contribuenti americani, censurerà le notizie che riterrà dannose per la popolazione).

Le “fake news” e la “cyber propaganda”, sono il canto del cigno delle corporazioni mediatiche, letteralmente disperate perché non riescono più a manipolare l’opinione pubblica come in passato. Milioni di persone grazie a Internet non credono più alle menzogne di chi ha in parte sulla coscienza la distruzione dell’ex Jugoslavia, dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia e della Siria. Questo li spaventa al punto che hanno deciso di demonizzare e censurare la rete attraverso la bufala delle “fake news e della cyber propaganda”.

Negli Stati Uniti il meccanismo si era messo in moto prima dell’elezione di Trump. E in Italia cosa dobbiamo aspettarci?

P.s Una giornalista ha spiegato in questo modo tutta la vicenda fake news e cyber propaganda. Non ci sono parole migliori.

“Credere a qualcosa che dice la CIA è come fidarsi di lasciare la vostra macchina a un tossicodipendente di anfetamine.
Credere alla CIA quando lavora insieme al Washington Post è come fidarsi di lasciare a quello stesso tossicodipendente la vostra auto con il vostro bambino sul sedile posteriore insieme alle chiavi di casa e il denaro per Taco Bell.”