La corruzione elettorale in Trentino

di Riccardo Fraccaro e Filippo Degasperi

Offrire soldi in cambio di sostegno elettorale non è solo politicamente disonesto, ma è anche un reato. Lunedì 20 febbraio una sentenza del Tribunale di Trento ha finalmente fatto luce sulla torbida vicenda politica in cui è coinvolto Lorenzo Baratter, consigliere provinciale del PATT che in Trentino e in Parlamento governa con il PD.

Baratter, alla vigilia delle elezioni provinciali 2013 aveva messo nero su bianco un accordo elettorale con cui si impegnava a versare 500 euro al mese alla Federazione degli Schützen in cambio del loro “pieno sostegno”. Baratter fu eletto in Consiglio Provinciale con 3.693 preferenze e, puntualmente, cominciò a versare agli Schützen quanto promesso.

Quest’accordo segreto è venuto a galla solo lo scorso anno. Il M5S ha subito presentato un esposto in Procura ed è stata aperta un’indagine. Ci siamo opposti all’iniziale proposta di archiviazione del procuratore; la nostra richiesta di opposizione è stata accolta e ci siamo costituiti parte civile nel processo penale che ne è seguito.

Lunedì scorso, finalmente, il giudice ci ha dato ragione: quello siglato tra Baratter e gli Schützen è un accordo corruttivo. Il consigliere, però, ha schivato con destrezza la condanna per corruzione elettorale chiedendo la messa in prova: un espediente per sottrarsi all’accertamento giudiziario, ma sul piano politico un’ammissione di colpa.

Il consigliere Baratter ha firmato un patto che il Tribunale ha giudicato come “corruzione elettorale”. La maggioranza però fa finta di nulla: per PATT e PD non si tratta di un reato grave ma di “un’ingenuità”, “una leggerezza“. La sentenza dimostra che i consensi raccolti dalla maggioranza alle elezioni sono stati inquinati da un accordo corruttivo, ma per i partiti di centrosinistra siamo di fronte ad un peccato veniale.

Se il Presidente del Consiglio Provinciale Rossi e i partiti che lo sostengono non prenderanno provvedimenti nei confronti di Baratter significa che sono conniventi e approvano un simile modo di raccattare voti. Ed è gravissimo che la maggioranza lo difenda solo perché, in caso di sue dimissioni, subentrerebbe un consigliere di minoranza. È uno scandalo intollerabile, un insulto ai cittadini e agli elettori. L’integrità delle istituzioni viene prima di qualsiasi poltrona: il PD i suoi alleati abbiano un sussulto di onestà, altrimenti a farne le spese sarà il buon nome della nostra autonomia.