Quel pasticcio normativo sulle guide turistiche

Abbiamo il patrimonio culturale più bello del mondo ma non lo sappiamo raccontare. L’estate 2016 verrà ricordata come quella delle grandi occasioni perse. Dopo anni di arretramenti, il settore turistico riprende fiato ma senza una strategia di fondo, la collaborazione fra le Regioni e le grandi città, senza una rete fra alberghi, tour operator e istituzioni culturali, il settore non decolla. Emblematico è il caso delle guide turistiche: dovrebbero essere la punta di diamante dello story telling italiano nel mondo e invece sono vittime di burocrazia e sottovalutazione. La portavoce Rosa D’Amato, che fa parte della Commissione Sviluppo Regionale del Parlamento europeo, spiega cosa fare adesso.

di Rosa D’Amato, MoVimento 5 Stelle Europa

La professione delle guide turistiche in Italia dovrebbe essere ai primi posti per importanza e valore strategico e invece la giungla normativa generale e l’insipienza amministrativa rendono ancora difficile capire quale sia l’approdo nel breve termine.

Per decenni in Italia non c’è stata una normativa precisa che regolamentasse la professione di guida turistica. Solo 15 anni fa le Regioni iniziano a emanare proprie leggi. Si creano le prime discrepanze. Agli inizi l’abilitazione alla professione di guida turistica era valida solo nel territorio regionale di conseguimento in seguito, per effetto della legislazione europea sulla libera circolazione delle professioni (Dir. CE n° 36 del 2005), si estende a tutto il territorio nazionale e persino a tutti gli Stati europei.

In Italia alcune Regioni, con proprie leggi, istituiscono le prove abilitanti, consegnano il relativo tesserino e creano l’albo apposito. I requisiti per accedere alla professione sono diversi da Regione a Regione e si passa dal requisito minimo del diploma di scuola superiore in alcune fino alla richiesta di lauree specifiche e conoscenza di lingue straniere in altre. Alcune prendono sottogamba questo impegno: la Puglia, per esempio, è stata tra le ultime a istituire questa professione e la sua prima legge del 19 dicembre 2008, n. 37, viene annullata dalla Corte Costituzionale a seguito di ricorso della Presidenza del Consiglio. Solo nel 2012 vede la luce la nuova legge n°13 del 25 Maggio 2012.

Intanto il Parlamento Italiano con la legge 97/2013 rimuove i limiti territoriali per l’esercizio della professione di guida turistica applicando i principi di una precedente direttiva europea. Da quel momento un cittadino europeo abilitato in un qualsiasi Stato può esercitare la professione in tutti gli altri Stati membri senza dover sostenere nessuna prova o passaggio amministrativo ulteriore.

La stessa legge, inoltre, istituisce i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico (siti speciali) dando mandato al MIBAC di individuarli (alla fine saranno oltre tremila). L’elenco dei siti è reso noto nel 2015; nel decreto ministeriale emanato si specifica inoltre che, per prestare l’opera di guida turistica, è necessaria una ulteriore abilitazione, rilasciata dalla Regione nel cui territorio ricade il sito speciale. Questo provvedimento ha creato ulteriori difficoltà: secondo autorevoli pareri legali infatti la specializzazione sui “siti speciali” produrrebbe uno svantaggio alle guide turistiche italiane, mentre quelle di tutte le altre nazioni non avrebbero nessuna limitazione a spostarsi tra i siti “speciali”.

Per il Movimento 5 Stelle il turismo è una opportunità da non sprecare. In modo strutturale e coordinato tra tutte le Regioni italiane bisogna raggiungere questi obiettivi:

1) uniformare la legislazione delle Regioni
2) rendere accessibile l’accesso alla professione evitando di porre requisiti troppo alti ma valorizzando le esperienze e la professionalità maturata
3) rendere la professione gratificante e allo stesso tempo garantire il turista nel ricevere un servizio professionale”.

Il turismo è una cosa seria. I politici, purtroppo, questo non lo sanno.

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