Le partecipate e il finto taglio agli sprechi del governo

di Giorgio Sorial, portavoce M5S Camera

Il governo sbandiera un taglio delle società partecipate dello Stato e degli enti locali che però si farà solo a chiacchiere. Anzi, il Bomba si prende un ampio margine di discrezionalità per salvare le aziende pubbliche che più gli stanno a cuore (tipo la PubliAcqua che ha causato il crollo del Lungarno) dai finti tagli scritti nelle norme del ministro Madia.
Il decreto che abbiamo discusso alla Camera e che dovrebbe ridurre sprechi e poltrone delle imprese partecipate, in realtà non consente, ad esempio, di perseguire in modo forte gli amministratori che arrecano danno. Si spuntano le unghie alla Corte dei conti che potrà agire solo a fronte di un danno patrimoniale diretto arrecato all’ente partecipante, mentre l’azione di responsabilità contro gli amministratori viene lasciata di norma in capo all’ente azionista (immaginate il nominato che viene perseguito da chi lo ha messo su quella poltrona). E gli enti locali, quindi i cittadini, rimangono il bancomat sui cui si scaricano i buchi di bilancio delle società.
Le partecipate perdono 1,2 miliardi ogni anno. I debiti netti sono arrivati a 42 miliardi. E’ una bomba a orologeria che potrebbe esplodere in qualsiasi momento.
Il governo ha inserito nel decreto un comma che prevede che, se una partecipata fallisce, nei successivi cinque anni la pubblica amministrazione controllante non può costituirne una nuova né acquisire o mantenere partecipazioni in società che operano nello stesso settore. Ma allora come verrà gestito quel servizio? Si aprono le porte a esternalizzazioni e privatizzazioni generalizzate.

Immaginate, ad esempio, a Roma un fallimento di Ama. Magari con il buon Cerroni, l’uomo di Malagrotta, che torna alla carica.
Il M5S punta a modificare questa norma, consentendo all’amministrazione di riferimento di erogare, nei successivi tre anni, il servizio attraverso una partecipata, ma sotto la vigilanza dell’Autorità anticorruzione, della Corte dei conti e del Ministero dell’interno.

Nella nostra visione delle partecipate pubbliche, che devono essere limitate ai servizi essenziali, operando secondo una logica di benessere dei cittadini e non di profitto, ci sono vari altri aspetti innovativi e correttivi rispetto all’impostazione dell’esecutivo che in molti casi non sconfigge gli abusi e le clientele di stampo politico.

Ecco alcuni dei temi chiave cui il M5S ha lavorato in Senato con la commissione Affari costituzionali e alla Camera con i portavoce in commissione Bilancio:

1) Siamo convinti che gli enti non debbano avere la facoltà di costituire nuove partecipate se prima non si razionalizzano le aziende e le partecipazioni esistenti.
2) Le società che hanno un servizio in affidamento diretto, cioè senza gara ,dovrebbero lavorare solo ed esclusivamente per l’ente che le controlla.
3) La Corte dei conti dovrebbe avere una reale funzione di controllo preventivo sulle motivazioni per cui si delibera la creazione di una partecipata. Funzione svuotata dal decreto.
4) Il decreto prevede che bonus e parti variabili dei ricchi stipendi dei manager (spesso paracadutati dalla politica) siano vincolati ai risultati di bilancio dell’azienda. Ma secondo il M5S sarebbe necessario legarli anche alla qualità del servizio e alle tariffe praticate dalla partecipata. Sarebbe facile, infatti, far quadrare i conti per prendere stipendi più alti a scapito delle tasche e delle erogazioni ai cittadini. Non si può valutare l’azienda in modo ragionieristico, soltanto basandosi sui tagli dei costi e sui saldi di bilancio.
5) La responsabilità dei danni arrecati dagli amministratori delle società non può riguardare soltanto gli atti omissivi (azioni non compiute), ma deve investire anche i comportamenti attivi. E non può essere limitata in senso stretto al valore della partecipazione dell’ente che controlla la società.
6) Nel decreto manca poi il contrasto al cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli”, cioè il meccanismo per cui i manager pubblici poi diventano amministratori degli enti controllanti e viceversa.
7) Il M5S è generalmente contrario alle partecipazioni di secondo livello (partecipate da partecipate, dunque non controllate direttamente dall’ente pubblico) e stigmatizza le deroghe contenute nel decreto rispetto al divieto di detenere partecipazioni private per quelle aziende pubbliche che si giovino di affidamenti diretti.
8) E’ inaccettabile l’eccezione prevista dal decreto che consente l’alienazione di una partecipata tramite una negoziazione diretta con il singolo acquirente, senza bandi e procedure concorsuali. E’ un meccanismo che favorisce clientele e corruzione.
9) In generale, vogliamo togliere dalla logica del profitto i servizi essenziali. Ecco perché siamo contrari alla quotazione in Borsa delle aziende controllate da Stato e soprattutto degli enti locali.
Insomma, il M5S vuole prerogative forti per la Corte dei conti e sanzioni esemplari per gli amministratori che causano danni alla società. Vogliamo mantenere i servizi essenziali in capo al settore pubblico, tagliando la miriade di aziende che invece sono soltanto poltronifici.

Continuiamo a lavorare per ridurre gli sprechi e liberare risorse in favore dei cittadini e delle piccole imprese.