Passaparola: Il futuro della #Libia, di Nancy Porsia

Il Passaparola di Nancy Porsia giornalista freelance da oltre 3 anni di base in Libia, lavoro in Libia soprattutto su temi quali migrazione, sicurezza, politica.

Che succede in Libia
Come sappiamo il governo unitario del Primo Ministro Sarraj è sbarcato da qualche giorno nella capitale Tripoli. Si aspettavano tutti una guerra che avrebbe messo la capitale libica a ferro e a fuoco, invece così non è stato. Quello che c’è dietro questa calma che si respira in città va ricercato nei negoziati che si sono tenuti negli ultimi mesi tra i gruppi armati, le istituzioni di Tripoli e del Parlamento di Tobruk con le Nazioni Unite. Sappiamo che circa un anno e mezzo fa le Nazioni Unite hanno avviato il cosiddetto dialogo nazionale, proprio per creare un governo unitario che mettesse insieme le autorità di Tripoli, coalizione a guida islamista e le autorità di Tobruk che rispondono invece al generale vicino al Presidente egiziano Al Sisi.

Il ruolo dell’ONU
Certamente non è dato sapere quanto sia costato alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale questo accordo con le autorità locali, al di là dei facili entusiasmi espressi dalla popolazione libica e anche nella comunità internazionale per la riuscita dell’operazione Governo Sarraj a Tripoli in realtà il processo di transizione è ancora ben lontano dal potersi dire compiuto, infatti il Consiglio di Presidenza di Sarraj per poter procedere alla formazione del governo unitario libico dovrebbe prima di tutto incassare la fiducia del Parlamento di Tobruk, ma sappiamo che da mesi il Parlamento di Tobruk boicotta le sessioni di voto, tant’è che lo stesso Presidente del Parlamento di Tobruk è stato inserito nella lista delle persone contrarie al dialogo e che dovrebbero quindi essere vittime di sanzioni internazionali. In realtà l’intero processo di dialogo nazionale e anche di formazione del governo unitario, si alimenta di violazioni in primis dello stesso accordo politico libico proposto dalle Nazioni Unite e firmato dalle due controparti libiche e anche della Carta costituzionale provvisoria del 2011, per esempio il Congresso di base a Tripoli si è riunito qualche giorno dopo l’arrivo di Sarraj in città e ha emendato la Carta costituzionale provvisoria del 2011 per poter approvare l’accordo politico che in realtà sarebbe dovuto essere approvato dal Parlamento di Tobruk.

Guerra contro l’ISIS
Come abbiamo sentito a più riprese dai paesi stranieri della cosiddetta comunità internazionale, l’emergenza in Libia è la guerra contro lo stato islamico, che però non rappresenta la minaccia principale nel paese in quanto gli stessi libici e gli stessi gruppi salafiti presenti sul territorio fungono da antidoto alla strategia o all’ideologia portata avanti dallo stato islamico, basta ricordare che nella città adesso Derna la ma caduta sotto lo stato islamica a giugno 2014, gli stessi gruppi affiliati a Al Qaeda hanno buttato fuori dalla città i combattenti dello stato islamico, in Libia non si può parlare di laici e di islamisti come in realtà è stato fatto dalla comunità internazionale dall’inizio della guerra civile a luglio 2014.

La realtà libica
La comunità internazionale, le cancellerie straniere per mesi hanno adottato delle categorie tutte nostrane che in realtà sulla Libia non funzionano. Il Parlamento di Tobruk che a livello internazionale viene considerata la parte laica del conflitto, in realtà pone come prima condizione proprio l’adozione del Corano come fonte del diritto, così come non si possono considerare islamisti tutti gli attori e tutte le componenti che fanno parte della coalizione che controlla l’ovest del paese, questa retorica del tutto fuorviante in realtà ha fatto perdere il tempo prezioso alla comunità internazionale e non ha fatto altro che esasperare la gente sul territorio.

Perchè intervenire in Libia
Sebbene i media internazionali per mesi non abbiano dato spazio ai distinguo necessari per capire la realtà libica, pare invece che le Nazioni Unite abbiano recepito il messaggio e abbiano parlato con tutti gli attori sul territorio. La domanda madre che tocca farsi in questo momento è: quali sono i reali obiettivi di un potenziale intervento internazionale in Libia? Quali sono le priorità delle cancellerie straniere? Lo stato islamico che in qualche modo come abbiamo detto non rappresenta la minaccia principale o la spartizione dei pozzi petroliferi di cui la Libia è ricca? Nella compagine della comunità internazionale sicuramente l’Italia vanta un posto di primo piano, un posto di favore, i libici amano gli italiani, i libici danno sempre priorità alla cooperazione con gli italiani rispetto a altri paesi proprio perché sentono in qualche modo di avere ereditato parte della cultura del paese ex colonizzatore, quello che si sente più volte ripetere in Libia rispetto al rapporto tra l’Italia e il paese nord – africano è come voi avete ucciso Mussolini in Piazza, noi abbiamo ucciso Gheddafi, quindi tra la gente non ci sono problemi di sorta ma certe grande intesa.
Noi parliamo, interagiamo come voi italiani, questo dà all’Italia una posizione di vantaggio che però pare i governi che si sono succeduti dalla fine del regime di Gheddafi non abbiano voluto cogliere. Passate parola!