La mangiatoia della Banca Popolare di Vicenza #RisparmiatoreInformati!

di Jacopo Berti, portavoce M5S Regione Veneto

Credevamo che i vertici di Banca popolare di Vicenza avessero toccato il fondo portando una banca a perdere in un anno 1,4 miliardi di euro, il 90% del valore delle azioni e mandando in rovina 119 mila azionisti, molti dei quali raccontano di essere stati truffati. Ma quello che è successo in questi giorni le supera tutte!

Peggio dei politici: bonus e maxi stipendi
Ecco la vera Casta, sono peggio dei politici che rubano, si salvano in Parlamento e si attribuiscono il vitalizio. Con i soldi persi dagli azionisti, i vertici della banca si danno lauti bonus e stipendi. Gente che ha portato la banca in rosso di 1,4 miliardi e che in qualsiasi azienda sarebbe stata presa a calci nel sedere, invece a Vicenza si auto assegna bonus complessivi per circa 8 milioni. Ecco alcune cifre che questi squali si intascano:

– Gianni Zonin ex presidente, indagato per aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza ha incassato 1,01 milioni di stipendio per l’ultimo anno (quello del disastro).
– Francesco Iorio amministratore delegato in carica dallo scorso 1 giugno, ha ricevuto 2,678 milioni di euro, di cui 1,8 milioni come bonus d’ingresso una tantum.
– Jacopo De Francisco vice direttore generale, in carica dal 22 giugno 2015, ha percepito 1,02 milioni di euro, di cui 700 mila come bonus d’ingresso una tantum.
– Samuele Sorato ex amministratore delegato, bonus di 4 milioni in due tranche. Mentre il compenso complessivo del 2015 (si è dimesso il 12 maggio) è stato di 4,6 milioni.

Complessivamente la banca ha pagato 2,675 milioni di euro di bonus d’ingresso una tantum a sei dirigenti, inclusi Iorio e De Francisco, e 5,2 milioni di euro di buonuscita a cinque ex dirigenti.

Altri stipendi
– Marino Breganze vicepresidente, 404 mila euro.
– Andrea Monorchio ex ragioniere generale dello Stato e vicepresidente, 294 mila euro. Ora prende una pensione da 10 mila euro al mese e vogliamo ricordarlo così: propose di “ipotecare le case degli italiani per risanare i conti pubblici”.
– Giovanni Zamberlan presidente del collegio sindacale, ha percepito 180 mila euro.
– Adriano Cauduro vice direttore generale, 500 mila euro.
– Stefano Dolcetta il nuovo presidente, per il periodo che va dal 23 novembre a fine 2015, ha ricevuto quasi 120 mila euro.

La Casta salva la Casta
Un manipolo di azionisti, che rappresentano solo il 18,64% del capitale, il 26 marzo ha votato No all’azione di responsabilità verso gli ex amministratori (che in gran parte siedono ancora in cda), sindaci e direttori generali che dovessero essere individuati come responsabili del dissesto dell’istituto. Cosa significa? Che come i politici dei partiti, la Casta bancaria si è auto-assolta, con un voto che rappresenta solo gli azionisti più potenti BpVi ha dimostrato che la trasformazione in Spa serve solo per continuare a rovinare i risparmiatori restando impuniti.
Negando l’azione di responsabilità contro l’ex presidente Zonin -indagato per aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza- e gli altri indagati hanno avuto il tempo, e ne avranno ancora, di cedere o occultare i propri beni sottraendoli alla giustizia ed impedendo ai truffati di rivalersi per riavere i loro soldi. Insomma, come al solito non pagheranno un centesimo, in perfetto stile Galan.

Zonin e gli altri
Gianni Zonin ha infatti ceduto la carica di Presidente delle proprie aziende al figlio maggiore Domenico, ex ad dal 2014. Mentre il dg Massimo Tuzzi è passato al ruolo di ad. Gianni Zonin cede inoltre le quote di controllo delle due accomandita di famiglia, in parti uguali di un terzo, ai tre figli Domenico, Francesco e Michele. E così a cascata nelle altre società del gruppo. Nel ruolo di nuovo presidente, Domenico è anche socio accomandatario.
L’ulteriore presa in giro arriva dal nuovo presidente Stefano Dolcetta: “Tra due mesi potremmo proporre di nuovo azione di responsabilità” dice. Certo, quando i buoi non solo saranno scappati, ma saranno dei puntini all’orizzonte.

Questione di “fiducia”
Una banca si basa per definizione sul concetto di fiducia: io ti do i miei soldi in custodia, tu me li tieni al sicuro, mi fido di te. Pur trattandosi di capitale di rischio, quando un soggetto investe in titoli azionari di una società (quote) e diventa a tutti gli effetti un socio, lo fa perché ripone fiducia nell’operato della dirigenza e nella bontà dell’investimento. Il mercato delle azioni investe su di una banca perché è affidabile, quindi versa denaro per acquistare quote poiché ripone fiducia nell’operato della dirigenza e nella bontà dell’investimento. Nella votazione del 2 marzo, l’amministratore delegato della banca Francesco Iorio invocò la fiducia nella volontà di risanare la banca: “Siamo una banca importante, siamo la decima banca italiana – disse Iorio nel suo intervento – e non possiamo cedere alla tentazione di votare No (alla trasformazione in Spa). La fiducia è alla base del rapporto con i nostri clienti e noi quella fiducia vogliamo ricostruire.” Nelle stesse ore il Presidente Dolcetta inviò una lettera agli azionisti esprimendo la volontà di «Voltare pagina definitivamente.» Ecco la fiducia, ecco il valore della parola data, ecco il valore di queste persone fatti alla mano: zero!

Chi li ha salvati
Questo è il risultato della trasformazione in Spa contro la quale abbiamo fatto una campagna da questo blog. Ora faranno quello che vorranno in maniera indisturbata, questo è solo l’inizio. Non ci piace dire “noi l’avevamo detto”, ma per misurare il valore di una classe dirigente, come noi del M5S ci proponiamo di essere, è giusto valutare anche la capacità di prevenire, non solo di intervenire (se poi lo si fa) quando orami è troppo tardi.

L’aumento di capitale e il passo indietro di Unicredit
BpVi ha bisogno di 1,75 miliardi euro, Unicredit diceva che ne avrebbe messi 1,5… ed il resto? Nessuno. Chi investirebbe in una società che non ha nessuna voglia di cambiare, ma che anzi premia con milioni di euro degli indagati per truffa? Di più: il Financial Times aveva dato notizia di un passo indietro di Unicredit all’ultimo minuto e le notizie uscite oggi ce lo confermano. A conferma della gravità della situazione, il Governo, preoccupato, ha due scelte: ricorrere subito subito al bail in – il che dimostrebbe che questo meccanismo premia speculatori e truffatori a scapito dei correntisti -, oppure ricorrere a Cassa depositi e prestiti.
Unicredit aveva già chiesto a Cassa Depositi e Prestiti la garanzia per l’aumento di capitale che servirebbe ad acquistare l’inoptato, peccato che la risposta sia stata: no grazie! Ora è il Governo a ritentare con Cdp. La situazione è dunque disperata. Ancora una volta, chiedo: investireste i vostri soldi in una banca messa in questo modo? Se le cose non dovessero risolversi (e non sono in molti ad avere quasi due miliardi da rischiare), la banca fallirebbe in un attimo compiendo il disegno che avevamo previsto mesi fa: azionisti e correntisti distrutti, dirigenti che restano impuniti e milionari. Questo è uno degli aspetti più gravi, dei quali volutamente non si parla. Per questo noi lo facciamo e vi invitiamo a diffondere queste informazioni.

Un azionista onesto informato è un azionista salvo, un azionista in meno che alimenta questi squali e che strappiamo al suicidio. E visto che col bail in potrebbero mettere mano ai risparmi dei correntisti per salvare le banche, lo stesso vale per tutti i risparmiatori.