Passaparola: Il mondo verso la sesta estinzione di massa, di Luca Mercalli

Il passaparola di Luca Mercalli, meteorologo e climatologo

Il clima è uno dei fattori fondamentali che governano la nostra vista su questo pianeta, dal clima dipende da produzione di cibo, il nostro benessere. Dal clima dipende gran parte dell’economia, dipendono i trasporti. Se il clima non funziona, non funziona anche la nostra vita.
Sempre nella nostra storia siamo stati influenzati dal clima, la novità è che negli ultimi decenni siamo noi a influenzare il clima e lo stiamo facendo in modo negativo. Ci aspettiamo nei prossimi anni delle cattive sorprese, ecco perché dobbiamo parlarne oggi per evitare di fare degli errori.

L’ambiente è una priorità!
I problemi ambientali fino a oggi hanno sempre avuto una posizione marginale e di retroguardia nella nostra cultura, nella nostra politica, devono diventare al più presto l’argomento prioritario di tutte le azioni politiche, è l’umanità che è a rischio più che la natura in sé, laddove una zona venga colpita da megasiccità, cioè siccità che durano parecchi anni o addirittura dei decenni, significa azzerare la produzione alimentare e quindi questo in un mondo già sovrapopolato diventa una questione poi di conflitto, di ricerca di risorse, di migrazioni di popoli, stiamo attivando un’estinzione di massa.

L’estinzione dell’umanità
Noi essere umani abbiamo ormai attivato la sesta estinzione, però non siamo preoccupati per dove andrà a finire la vita sul pianeta terra, magari i ragni o le zanzare troveranno delle condizioni eccezionali per la loro evoluzione futura.
A noi interessa che queste condizioni però non siano fatali all’umanità.
Prima di tutto dobbiamo considerare che il clima è sempre cambiato, il clima non è qualcosa di fermo, di statico è qualcosa di dinamica, l’importante è che cambi all’interno di confini più o meno prevedibili. La nostra società almeno negli ultimi 10 mila anni si è sviluppata perché le variazioni climatiche erano in sostanza comprese entro alcuni limiti prevedibili, l’idea che ci sia una stagione fredda e una calda, che le piogge arrivino in un certo momento dell’anno, all’interno di questa prevedibilità ci sono sempre state delle fluttuazioni. L’anno siccitoso, l’anno troppo piovoso, l’ondata di caldo, l’ondata di freddo, se non eccedono certe soglie, si ha qualche problema, qualche danno locale, temporaneo e poi ci si riprende.
Così è sempre andata avanti la nostra storia.

Il cambiamento climatico indotto dall’uomo
Adesso qualcosa di nuovo sta capitando, da quando la rivoluzione industriale ha cominciato a utilizzare i combustibili fossili massicciamente, carbone, petrolio e gas, noi come specie umana, abbiamo cambiato la composizione chimica dell’atmosfera, abbiamo aggiunto una maggiore quantità di gas a effetto serra, prevalentemente l’anidride carbonica e il metano che erano già presenti, naturalmente, ma di cui noi bruciando questi materiali fossili e facendo altri processi industriali che liberano un’altra quantità di altri gas ancillari sempre che aumentano l’effetto serra, stiamo cambiando le regole del gioco climatico.
Il timore è che si esca da queste soglie di prevedibilità che hanno forgiato la nostra specie, la nostra società, la nostra civiltà e che questi nuovi fenomeni climatici che ci attendiamo in futuro eccedono la nostra capacità di adattamento.

La fragilità della specie umana
Siamo una società fragile, legata alla stabilità delle condizioni su un pianeta, se le variazioni climatiche sono troppo rapide e troppo intense non riusciamo ad adattarci anche perché paradossalmente era più facile l’adattamento 10 mila anni fa a un popolo di cacciatori e raccoglitori prevalentemente nomadi che ha una società oggi di 7,3 miliardi di persone che vive praticamente in forma stanziale, in città che sono di cemento, di acciaio, fisse sul territorio. Pensate per esempio all’aumento dei livelli dei mari che è una delle conseguenze più vistose del riscaldamento globale, fondano i ghiacciai, soprattutto quelli della Groenlandia, le calotte polari, aumenta il livello degli oceani e questo minaccia le popolazioni costiere che dovranno migrare e ecco quindi camere leghiamo immediatamente un fatto puramente fisico a un fatto che poi diventa sociale o addirittura militare perché quando la gente si sposta, abbiamo il fenomeno delle migrazioni di popoli che tanto ci inquieta.

Venezia sott’acqua
Se riusciamo a rimanere nella soglia dei 2 gradi da qui al 2100 l’aumento potrebbe essere contenuto in circa 40 centimetri che è comunque tanto, pensiamo a tutte le zone costiere. In Italia basta citare la laguna veneta e il delta del Po, ma è un obiettivo più maneggevole a cui ci si può adattare meglio che lo scenario dei 5 gradi che porterebbe un aumento anche superiore a un metro al 2100 e un metro di mare in più è già sufficiente a destabilizzare grandi zone del mondo.
Per quanto riguarda le temperature che sono il driver fondamentale del cambiamento climatico, derivante dall’aumento dei gas a effetto serra gli scenari fondamentali sono due. Uno è lo scenario business usual, non cambia niente di com’è la nostra economia oggi, continuiamo su questa strada. Il risultato potrebbe essere avere un aumento di temperatura globale dell’ordine dei 5 gradi da qui alla fine di questo secolo, un cambiamento imponente delle condizioni di vita su questo pianeta.

Come possiamo salvarci (forse)
I primi a farne le spese sono gli esseri umani, quindi stiamo parlando di cambiamenti che influiscono negativamente sulla società umana, poi influiscono negativamente anche su una gran parte della natura, ma la natura si sa, si adatta.
Se invece iniziamo ad applicare oggi un tipo di economia più rispettoso dei sistemi ambientali, che riduca quindi il suo impatto sul pianeta, la speranza è quella di ridurre a 2 gradi l’aumento di temperatura da qui alla fine del secolo, in realtà si dice dal periodo pre – industriale alla fine del secolo, sostanzialmente questo obiettivo 2 gradi è quello che è stato sancito dall’ultima conferenza sul clima delle nazioni unite che si è tenuta a Parigi nel dicembre 2015. Per fare questo però dobbiamo decarbonizzare l’economia, vuole dire diventare più efficienti, sprecare meno, evitando di depauperare le riserve naturali e di accumulare scorie che poi creano problemi ambientali, ma anche alla nostra salute e passare prima possibile alle energie rinnovabili abbandonando quelle fossili, dobbiamo quindi agire per ridurre le emissioni da qualsiasi fonte esse provengono e quindi c’è un grande lavoro da fare da un punto di vista concettuale, di ricerca scientifica e di ingegneria per poi applicare nuovamente tecnologie, nuove visioni del mondo altra nostra quotidianità. Passate parola!